“I have committed neither fraud nor embezzlement” La Nuova Sardegna – .

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Sassari “Non ho commesso alcuna frode o appropriazione indebita e lo grido a gran voce”. Monsignore Angelo BecciuL’ex Sostituto della Segreteria di Stato vaticana, condannato a 5 anni e 6 mesi, rompe il silenzio per continuare a proclamare la sua innocenza.

Lo fa attraverso le colonne del Corriere della Sera, che ieri ha pubblicato una lunga intervista firmata da Massimo Franco.

«Bisogna individuare in un processo i responsabili di chi ha fatto un uso distratto del denaro – sostiene Becciu, a proposito dell’uso distratto dei fondi vaticani che gli è stato imputato -. E soprattutto coloro che hanno commesso un reato. Nego di essere stato tra questi, ho agito sulla base di quanto studiato e proposto dai nostri uffici. Inoltre l’investimento della somma venne autorizzato dal mio Superiore, l’allora Cardinale Segretario di Stato Tarcisio Bertone”.

«In ogni caso, io non mi occupavo di investimenti – si legge ancora nell’intervista -. Come Sostituto avevo ben altro a cui pensare. Per la Segreteria di Stato c’era un ufficio apposito che si occupava di questa questione e io mi limitavo a seguire le loro istruzioni. Inoltre, l’ufficio mi presentò l’investimento che comprendeva anche il Palazzo di Londra come il più vantaggioso per la Santa Sede. Dov’era il reato? Ho forse ottenuto un vantaggio personale? Nessuno! E poi, badate bene, quando la Segreteria di Stato decise di acquistare l’intera proprietà del Palazzo, io non ero più Sostituto».

Becciu ha poi spiegato la dinamica legata alla famosa telefonata con Papa Francescoche ha registrato. «Sono corso subito da Papa Francesco per spiegargli e scusarmi. E lui ha capito – spiega monsignor Becciu –. Ero disperato e la disperazione dell’imputato innocente è ancora più drammatica. Il Papa era appena uscito dall’ospedale e giravano voci allarmanti sulle sue condizioni di salute, con il processo che incombeva. Non volendo indicarlo come testimone, gli ho chiesto se poteva scrivere le cose che solo lui e io sapevamo: che mi aveva autorizzato a mediare per la liberazione di una suora colombiana in Mali. Mi ha chiesto di scrivere la lettera che poi gli ho inviato. Ma in risposta ne ho ricevuta una dura, severa, firmata da lui ma in una lingua che non era la sua, in cui non lo riconoscevo. Ho avuto dei dubbi. L’ho richiamato, perché era la mia unica salvezza. E ho registrato la nostra conversazione. Ma quella registrazione non l’ho mai usata, né sono stato io a renderla pubblica».

Poi anche un passaggio sul silenzio degli altri cardinali. «Sono passato dalla fase del lebbroso isolato, a quella in cui durante il processo, quando si è cominciato a capire che le accuse erano tutte inconsistenti, ho ricevuto un crescendo di attestati di solidarietà».

 
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