Quando la ‘Ndrangheta era a sinistra nel nuovo libro di Santo Gioffrè – .

Quando la ‘Ndrangheta era a sinistra nel nuovo libro di Santo Gioffrè – .
Quando la ‘Ndrangheta era a sinistra nel nuovo libro di Santo Gioffrè – .

Cesare Paveseche pur essendo originario delle Langhe di Calabria sapeva di essere stato confinato a Brancaleone, ci ha insegnato che abbiamo bisogno di un Paese. Per quel piacere di partire, perché la città, che non è il villaggio artificiale, non ti fa mai sentire solo: perché nelle piante, nelle persone, e anche quando non ci sei, ti aspetta sempre quel tuo luogo ideale Voi.
Lo scrittore calabrese è legato al suo Paese fin dai tempi di Corrado Alvaro. E anche la letteratura contemporanea divenuta nazionale continua su questa curva: Criaco con Africo, Dara con Girifalco, Gangemi con S. Cristina d’Aspromonte, Abate con Carfizzi. Non sfugge al paradigma Santo Gioffrè torna in libreria con cinque perle di storie raccolte nella raccolta “Evasioni d’amore” pubblicato dalla casa editrice antagonista “Castelvecchi”. Non è un caso che un autore che è stato nel catalogo Mondadori per suo “Artemisia Sanchez” (tradotto in una fortunata serie tv per la Rai) è finito da quella parte del torto. Gioffrè non è solo uno scrittore, ma un medico militante di grande capacità, ha affrontato nelle aule dei tribunali e nei libri d’inchiesta le malefatte della sanità pubblica calabrese, un ex amministratore pubblico, motivatore della sua comunità, ha rievocato aspetti dimenticati della sua storia con la ricostruzione in costume da tempo evento storicizzato, di un militante degli anni Settanta pensato a guidare l’assalto al cielo rivoluzionario.
La sua città è Seminara. Terra di ceramica, di proprietari terrieri, di faide barbariche, di società onorate e di umiliati e offesi. E le fughe amorose di Gioffrè ritornano alla terra, alle campagne, ai contadini, una sorta di comune denominatore della letteratura calabrese del nostro tempo che, oltre ad avere sempre un paese, ha anche un mondo di riferimento. Come molti della sua generazione, Gioffrè leggeva molto Hemingway (il “sentirsi nuovo” chiosa Guccini) e la sua influenza è visibile nella sua scrittura essenziale, nelle frasi brevi; tradendo però il celebre Ernest nella posizione di narratore, che in questi 5 racconti è quasi sempre in scena evidenziando l’ego ipertrofico di Santo Gioffrè con il risultato di aumentare il pathos e il piacere della lettura.
Onora il padre e la madre Gioffrè nei suoi racconti, come ha fatto con la sua biografia quando si laureò a Messina si preparava a fare il giro del mondo e invece rimase a Seminara nella sua terra selvaggia. Nato al tempo delle cicale, quando “la danza intermittente delle lucciole illuminava ogni cuore in cerca di pace”, mentre oggi, come aveva prontamente osservato Pasolini, “non ci sono più lucciole tra le strade buie”. Ma non è Arcadia perché l’autore declina il suo attaccamento all’eretico Barlaam, a Leonzio Pilato, a Tommaso Campanella, a Bernardino Telesio che si opposero “alle stragi portate da popoli venuti da lontano”. I conquistatori e gli oppressi nelle storie umane dei poveri.
In uno dei racconti c’è anche Lucio Dalla, che fu amico e collaboratore di Santo, grazie alla sua letteratura, che è ambientato nella scena tra uno zio che insegna al nipote studente come non perdersi nel bosco riconoscendo “le quattro stelle dell’Orsa Maggiore” in una società molto povera che aveva i mezzi per evitare di sperimentare la tristezza della solitudine.
Sono storie delle nostre famiglie, di bambini spuri non riconosciuti e nella magnifica trama il medico narrante a Buenos Aires per un convegno incontra una figura familiare del suo paese che ricorda tra le poche cose il soprannome del suo ceppo “a ‘ngiuria”, e Lo scrittore commenta con voce introspettiva “perché sono i luoghi in cui viviamo e non le verità a dare legittimità alla storia degli uomini”.
Oltre all’emigrazione, alle vicende amorose circostanti, non mancano terremoti, malaria, ferite e mali descritti con il tecnicismo del medico. E non manca nemmeno la ‘ndrangheta. Gioffrè va alle radici mostrandoci la sua capacità di ordire intrighi e costruire federalismi territoriali. Lo scrittore racconta con autenticità e sporcandosi le mani con altri aspetti rimossi. La storia “Il furto delle Sacre Vacche” ha uno stile da film western epico simile a John Ford che meriterebbe un adattamento contemporaneo da girare in Calabria. Non c’è solo intensità narrativa tra le pagine ma anche richiamo storico e contenutistico. Con Fausto Gullo e il capo dell’azienda che si ritrovano confinati dal fascismo a Ponza e si conoscono per poi ritrovarsi nel dopoguerra. Era il tempo in cui l’autodifesa dei poveri mescolava ideologie e bisogni, un tempo lontani dai luoghi comuni e che costituiva una discriminazione in alcune zone che andavano diversamente rispetto a coloro che erano la guardia eletta dei latifondisti e dei latifondisti. Trame fitte dove l’autore sa inserire anche l’ufficiale medico tedesco che conosce i miti e la storia di quel luogo come quella di Leonzio Pilato che aveva tradotto l’Iliade e l’Odissea e che invece di portare la guerra nazista salva un ragazzo dalla malaria ricevendo gratitudine da massaru Carmine per lui e i suoi soldati deliziosi fichi e ricotta fresca.
Santo Gioffrè per tutta la sua vita studiò e trovò documenti sui feudatari di Seminara. Ha creato una trama per ristabilire qui l’amore tra Anna Maria Spinelli e il musicista Giovan Battista Pergolesi, una storia intensa di passione carceraria a Napoli che tra Stabat Mater e rievocazione delle stragi dei poveri valdesi affascina con gioia. Quanto è divertente il racconto giudiziario di un delitto che scruta in profondità le pieghe della società “che era padrona anche della miseria morale” di uomini e donne. E che tutto questo non sia solo retaggio di ciò che eravamo, lo rivediamo purtroppo nella cronaca di questi giorni con una nonna che strangola il nipote non ancora nato della figlia tredicenne a Villa San Giovanni, nei rapinatori che adescare sul web un omosessuale a Reggio Calabria per depredarlo, nei sei ragazzi che hanno picchiato brutalmente un senzatetto nel vibonese, filmandolo con il cellulare. Al tempo delle lucciole scomparse. Le fughe d’amore di Santo Gioffrè ci fanno riflettere su cosa eravamo e cosa siamo diventati.

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Maysoon Majidi e Marjan Jamali sono due donne iraniane rifugiate politiche e rinchiusi in due carceri calabresi, arrestati perché ritenuti “scafisti”. Grazie al garante dei detenuti, Luca Muglia, e alla rete di attivisti calabresi, è riemersa questa vicenda molto dannosa e mostra tutte le contraddizioni di decreti che non guardano alla persona.
La donna, a cui sono stati concessi gli arresti domiciliari su richiesta del suo legale Giancarlo Liberati, ha finalmente riabbracciato il figlio di otto anni temporaneamente affidato alle cure di una famiglia afghana della comunità mentre la madre è detenuta nel carcere di Reggio Calabria da ottobre. La donna è stata violentata dai trafficanti che l’hanno poi accusata di essere il comandante della barca della speranza. Maysoon Majidi, regista e attivista iraniano di 27 anni, è da cinque mesi in carcere a Castrovillari con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e ha iniziato uno sciopero della fame. Ha perso 14 chili.
Coloro che l’hanno accusata di essere una trafficante hanno ritrattato in TV, come sta cercando di dimostrare il suo avvocato. È triste notare che in casa abbiamo il peggiore Iran.

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Pino Muto, fondatore della sede Avis del piccolo comune di Lago, è stato premiato per i suoi 50 anni di donazione e volontariato. Insegnante ed educatore nei collegi nazionali, molto impegnato nel terzo settore, Pino Muto cominciò a diffondere la cultura del dono in un’area periferica quando l’emofilia era presente e colpiva chi contraeva matrimoni tra consanguinei. Mezzo secolo fa per donare il sangue bisognava raggiungere Cosenza. Adesso la sezione Avis di Lago, comune di 2000 anime grazie al lavoro di Pino Muto, conta 150 soci donatori, e il consiglio direttivo dell’Avis comunale è composto per due terzi da giovani. Un bell’esempio di cittadinanza attiva che offre il ritratto di una Calabria solidale. ([email protected])

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