la casistica che può cambiare le regole del gioco – .

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la casistica che può cambiare le regole del gioco – .

Tra tutti i rami del marketing moderno, il più complesso e controverso è senza dubbio il “marketing editoriale”. Parlo della situazione italiana che, come al solito, è anomala. Perché qui, di fronte alla crisi, una parte considerevole degli editori ha scelto di adottare una strategia più consona agli stampatori, mentre maggiore cercano goffamente di imitare il marketing di beni di consumo, nel folle sogno di trasformare il libro in qualcosa di simile. E c’è chi si ribella a questo sistema. C’è tra i due estremi un gruppo eroico di case editrici di piccole e medie dimensioni di grande qualità che devono farsi in quattro per sostenere un mercato dove manca la materia prima: i lettori.

Ma ci sono anche delle eccezioni, e a questo proposito ne citerò una casi clinici (sempre per usare un linguaggio di marketing) che, piaccia o no, sta cambiando le regole della disciplina, se mai è esistita. Dobbiamo subito avvertire che queste “nuove regole” sono inapplicabili per chiunque, perché nascono dall’ingegno e dall’intuizione di un solo uomo e difficilmente, molto difficilmente, potrebbero essere adottate da qualcuno dei maggioreincapaci come sono di rischiare e di mettersi in gioco investendo nel nuovo e nel “fuori serie”.

Di chi sto parlando? Da Giulio Mozzi, un redattore di grande talento (uno dei migliori in Italia dirò per non offendere nessuno, come è consuetudine nel settore, altrimenti gli altri si offendono e l’ambiente mormora) con una carriera faticosamente alle spalle e premiata da grandi risultati, gli ultimi dei quali clamorosi. E sto parlando della collana Fremendi Laurana Editore, che da quando è stata inaugurata da Mozzi è diventata una piattaforma di lancio di casi editoriali: Ferrovie messicane di Gian Marco Griffi, La casa degli orfani bianchi di Fiammetta Palpati, e il recentissimo Lo splendore di Paolo Di Mino.

Ogni colpo una tacca se Mozzi fosse un personaggio di un film western si direbbe: non commette mai errori. È vero che quei romanzi “fuori formato” non avrebbero mai trovato posto nella serie di case editrici che definisco “marketing disorientate”, e lo dimostra, ad esempio, il ben sette anni di rifiuti ricevuto dal romanzo di Palpati, le cui sorti furono ribaltate da quel gran pollice verde di Mozzi, che presumibilmente rovesciò anche il romanzo. Ma questa è la prova che i redattori di molte case editrici non vedono più oltre il loro naso, presi come sono tra l’angoscia dell’editore e la la conquista impossibile del “lettore debole”, quello che non leggerebbe un libro anche se glielo sparassero. È nel piccolo spazio d’azione tra questi due estremi che si gioca il marketing editoriale.

Qual è il segreto di Mozzi? Un lavoro enorme sfondo a cui contribuisce la Bottega di Narrazione, scuola che anno dopo anno propone alcuni tra i migliori corsi di scrittura in Italia. E lo dico da insegnante. Anzi, farò una confessione pubblica con la quale rischio l’amicizia con Mozzi, ma sono una persona sincera: confesso che io stesso mi sono iscritto al suo laboratorio per rubare chissà quali segreti didattici e, magari, usarli in uno dei miei corsi, anche se in altri ambiti. Ma alla fine l’ho scoperto non c’era nessun segreto se non un duro lavoro sotto una buona guida. Un lavoro certosino che ovviamente non esclude la selezione naturale a cui tutti gli aspiranti scrittori devono accettare di sottoporsi per sfuggire al dilettantismo. Non ci sono scorciatoie. Se la selezione è già avvenuta a livello di negozio, il peggio è già passato.

Sia chiaro, in generale la mia posizione nei confronti della scuola Scrittura creativa è molto vicino a quello di Alfio Squillaci, con l’unica differenza che ci vedo ancora una certa utilità: 1) per gli editori, quello di scoprire per primi prodotti potenzialmente innovativi e portarli agli standard minimi del settore, 2) per gli autori, quello di imparare a confrontarsi sempre, e 3) per le masse, quello di mantenere viva la pratica della scrittura così come i circoli di lettori mantengono viva la lettura, in un Paese che sprofonda nel ritorno dell’analfabetismo. Dov’è il marketing qui? E’ semplice: Mozzi ravviva la figura dell’ responsabile del prodotto da cui l’editoria come l’industria è già stata fagocitataUfficio vendite. Qualcuno si scandalizza perché Mozzi sta facendo “pari” l’ufficio stampa? E qual è il problema? Nessuno meglio di un product manager conosce il prodotto e può promuoverlo, alla faccia dei famigerati uffici stampa delle case editrici, che non hanno nemmeno letto i libri che promuovono.

La verità è che l’editoria italiana è arrivata ultima al marketing, fraintendendolo completamente disciplina. E tutto questo marketing fasullo ha alimentato una bolla che sta per scoppiare da un momento all’altro. Proprio adesso che avevo deciso di passare alla narrativa. Dice: ma con questi discorsi non avete paura di farvi nemici tra i responsabili finzione? Chi se ne frega, sono un saggista. Scherzo, ci rivedremo nella fiction. E poi adoro scherzare con il marketing delle case editrici. Perché non capiscono nienteniente di marketing.

Foto in evidenza tratta dal profilo fb di Giulio Mozzi

 
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