Mangialibri since 2005 never a diet

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Chi è Silvia? Silvia è una donna di mezza età, sposata da molti anni con Mauro, ingegnere perennemente insoddisfatto del suo lavoro – un brav’uomo, nessuno può negarlo -, mamma di Valeria – adolescente che frequenta il liceo classico -, insegnante di professione; conduce una vita abbastanza piatta e senza eccessi a P***, noto capoluogo alpino, a poco più di un’ora da Torino. Grazie all’insistenza dell’amica Ada, Silvia si è concessa di partecipare a un corso di scrittura, frequentato con grande impegno, da nerd diciamolo, e arrivando infine a un diploma sul retro del quale appunta il suo desiderio di diventare una scrittrice affermata. Silvia inizia così a manipolare le parole, né spontaneamente né con troppa meticolosità, cercando una trama narrativa accattivante e seguendo i consigli dei suoi insegnanti del corso. Si affida a un agente che le suggerisce il titolo Il blu mentre mi sorridi e attende fiduciosa che il suo manoscritto trovi qualcuno che se ne occupi. Ma passano le settimane e il silenzio dell’agente, se non la sua tendenza a evitare le telefonate di Silvia, la rendono sempre più nervosa, rassegnata, infastidita, impotente. Finché non riceve la notizia: la casa editrice B*** vorrebbe pubblicarla, a condizioni tutto sommato accettabili. Non può certo festeggiare, un po’ per pudore, un po’ per scaramanzia, ma da quella telefonata dell’agente tutto inizia a girare a gonfie vele: la fase di editing, le ultime bozze uscite, il libro in mano… e poi le presentazioni in libreria che le permettono di conoscere diverse persone…

La storia raccontata da Guido Conterio è una storia di ricerca e definizione della propria identità, di relazioni che assumono forme diverse non appena si abbandona la routine in favore di una vita più in linea con i propri desideri; è una storia di noia, di amori trascinati e amanti improbabili che lasciano emergere parti di sé sopite da troppo, troppo tempo. È la storia di una famiglia che all’improvviso si ritrova a uscire dal percorso prestabilito, a reinventarsi, a definirsi in modo nuovo e creativo, a promettere e a permettere, forse, a ogni componente di trovare una strada diversa, anche se la meta non è ancora troppo chiara. La scrittura è davvero unica dato che l’autore usa, come al solito, un linguaggio raffinato, ricercato, che appiccica indifferentemente ai vari personaggi che sembrano così avere tutti la stessa voce. Questo, a mio parere, rallenta la lettura, o meglio: questo vocabolario scelto con cura emerge molto più del racconto e finisce quasi per divorarlo. All’inizio si è quasi intimoriti da questa raffinatezza di stile, poi ci si abitua e si apprezza l’uso di termini desueti e non troppo comuni, si gode il ritmo delle frasi di cui si intuisce la costruzione studiata e a lungo analizzata; alla fine la scrittura è così stridente con la storia raccontata, che non si può fare a meno di riconoscere un intento ironico. Ciò che emerge è una storia di provincia, tratteggiata in un lungo arco di tempo, di persone tutto sommato comuni, prevedibili e che vediamo dall’alto, senza addentrarci troppo nei tormenti dei singoli, intuendo il lato grottesco e imprevedibile della vita.

 
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