dove ammirare la “Calata da tila” – .

dove ammirare la “Calata da tila” – .
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Un tempo diffuso nella maggior parte delle chiese siciliane, oggi lo si può ammirare in pochi luoghi di culto dove si conserva la tradizione, esattamente come un tempo

Le vacanze sono momenti più scenografico da vivere in Sicilia per lasciarsi catturare da eventi suggestivi ed emozionanti, ricchi di simbolismi e significati che sono occasione per scoprire le gemme sparse sul territorio.

Sono le nostre tradizioni che seguono riti e cerimonie legati alle stagioni e al succedersi dell’oro, mescolati a usanze e patrimoni culturali.

Se alcuni sono andati perduti e in disuso altri, per fortuna, sono sopravvissuti e sono molto sentiti sia dai fedeli sia da coloro che, pur non seguendo alla lettera i precetti, si sentono sentimentalmente coinvolti in essi.

Tra questi eventi parliamo di un evento diverso dalle varie Processioni, Via Crucis e Misteri che si possono ammirare in varie località conosciute per il loro folklore mistico e sacri carichi di pathos – che celebrano esclusivamente la passione e il dolore – ma di ciò che si manifesta nella notte di Pasqua quando viene proclamata la “Resurrezione”.

Avv

È la “Calata da tila”, momento di gloria che consiste nel far cadere il pesante telo che oscura la vista dell’altare durante tutta la Quaresima e rientra nel rito della “velare” o “velatio”, cioè della velatura delle immagini sacre nelle chiese. .

Un tempo diffuso nella maggior parte delle chiese siciliane, oggi può essere ammirato in pochi luoghi di culto dove si è conservata la tradizione.

Qual è il significato di questo evento e come avviene? Una “tila” non è altro che un grande telone intrecciato, generalmente di colore scuro, pesante con fili di canapa che raffigura una rappresentazione dipinta del momento della deposizione di Cristo, allungata verticalmente fino ad oscurare la zona dell’abside e dell’altare maggiore.

Sul nascosto indietro Nel frattempo si stava allestendo un’installazione che si poteva vedere solo quando la tela veniva abbassata, la quale si sganciava letteralmente dai supporti, cadendo velocemente a terra nella mezzanotte tra sabato e domenica.

In origine non era questo l’orario della discesa, cioè mezzanotte, bensì il rito si svolgeva il Sabato Santo a mezzogiorno a differenza di oggi con uno spostamento in avanti verso la sera.

La scena epica di cui è protagonista il Cristo risorto si manifesta con il canto del Gloria, si illumina la penombra durante la quale si celebra la prima parte della funzione, illuminando l’intera chiesa con il sottofondo delle campane che annunciano l’evento della resurrezione.

Con il passare del tempo l’usanza, viva fino all’inizio del secolo scorso, si è persa e quasi del tutto abbandonata, tranne che in alcune chiese che mantengono vivo l’evento.

Le tele non erano tutte uguali, non esisteva uno standard iconografico, ogni chiesa aveva la sua effigie dipinta da autori più o meno noti, che immortalarono la scena della deposizione.

Purtroppo, molti di questi piccoli tesori – per così dire, piccolini – furono abbandonati una volta passato l’eco del rito “scenografico barocco” e furono chiusi in scatole di sacrestia ad ammuffire, o in armadi umidi, rovinandosi per sempre e quindi gettati via. .

A proposito di dimensioni, alcune erano davvero grandi e lunghe: quella della Chiesa di San Domenico a Palermo tra le più grandi realizzate, misura 30 metri di altezza e copre l’intera abside.

La rappresentazione raffigura la deposizione tra le braccia della Madonna e circondata dai confratelli e dalle monache dell’Ordine domenicano. Uno recuperato si trova nel Chiesa di Sant’Ignazio in Piazza Olivella, dove al centro è raffigurato Gesù circondato dalle tre Marie e da Giuseppe d’Arimatea, Nicodemo e San Giovanni Evangelista.

La tela della Chiesa Madre di Nicolosi misura circa 20 metri di altezza e 8 metri di larghezza e fu realizzata dalle donne nicolosesi dell’Ottocento e dipinta da Giuseppe De Stefani, che raffigurò il momento della Deposizione della Croce.

A Ragusa cambia leggermente nome e diventa “taledda” e collocata nel Duomo dedicato a San Giovanni Battista, nel periodo della Quaresima, raffigura sull’altare maggiore una Crocifissione di straordinaria bellezza, di autore ignoto, in lino grezzo, 9 metri di larghezza e 13 di lunghezza, con un comune dipinto a tempera che occupa 117 mq di superficie, datato intorno al 1773.

A Petralia Soprana la grande tela che ricopre il presbiterio è opera del pittore palermitano Corrado Tanasi e risale al 1890 che sembra essersi ispirato alla “Discesa della Croce” di Rembrandt, ma un’altra opinione sostiene invece che l’ispirazione dell’autore derivi dal trittico della deposizione dalla croce di Pieter Paul Rubens.

Elenchiamo solo alcuni dei luoghi di culto che effettuano questa attività tradizione sacra diffusa in tutto il territorio, pur essendo diventata una rarità, rappresenta un’occasione per vivere l’atmosfera della festa di primavera.

 
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