Gli aiuti di Stato europei fanno male all’Italia. Parla l’Antitrust, sembra Palazzo Chigi – .

Gli aiuti di Stato europei fanno male all’Italia. Parla l’Antitrust, sembra Palazzo Chigi – .
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Parla Roberto Rustichelli, presidente dell’Antitrust, ma sembra che stiamo ascoltando il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, o il presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Le nuove regole europee sugli aiuti di Stato rischiano di frammentare il mercato unico e potrebbero rappresentare un freno allo sviluppo tecnologico del continente. Sotto accusa è il sistema che consente ai singoli Paesi di corrispondere ai sussidi promessi da uno Stato extraeuropeo per attirare investitori. La risposta comunitaria ai miliardi messi a disposizione dagli Usa ha effetti collaterali di non poco conto. Inutile dire che un sistema del genere può innescare una corsa agli incentivi in ​​cui i paesi con maggiore capacità di spesa (come Francia e Germania) possono sovraperformare altri che, come l’Italia, a causa di regioni con stabilità di bilancio, deficit eccessivo o debito troppo alto , non riescono a tenere il passo. “Una misura del genere è destinata a innescare una pericolosa corsa dei singoli Stati ai sussidi, a vantaggio dei paesi finanziariamente più forti e creando un rischio elevato e oggettivo di distorsioni competitive all’interno dell’Unione europea”, ha affermato Rustichelli nel suo rapporto annuale. “Solo con strumenti comuni e risorse può essere garantita una crescita uniforme e coesa dell’economia europea, poiché nessun Paese membro – nemmeno la Germania – può minimamente competere con i quasi 500 miliardi di dollari di sussidi forniti dagli Stati Uniti”. Concetti fatti suoi dalla Meloni all’epoca. “È preoccupante che l’UE pensi di poter risolvere il problema della scarsa competitività delle nostre aziende, anche di fronte agli ingenti investimenti americani nelle loro aziende, solo con un allentamento delle norme sugli aiuti di Stato, ha affermato il primo ministro all’inizio del 2023: “Porterebbe a una distorsione del mercato interno”.

Il quadro si complica ulteriormente dato il ricorso sempre più frequente ai poteri speciali da parte dei governi per proteggere settori strategici dalle acquisizioni straniere. Il cosiddetto golden power, denuncia l’Antitrust, è ormai diventato una forma di monitoraggio degli asset strategici e di intervento diretto nelle questioni aziendali anche quando non si teme ingerenze straniere, con implicazioni distorsive sul mercato che possono scoraggiare “l’innovazione e la disponibilità ad assumersi rischi imprenditoriali”. Una zappata per la competitività europea, dunque.

Le aziende possono fallire

Nel caso italiano, per rendere il sistema imprenditoriale più dinamico, bisognerebbe anche riconoscere che le imprese hanno un proprio ciclo di vita: nascono, vivono e muoiono. Possono anche fallire, anzi devono farlo, per permettere a un’economia di crescere e senza costituire un ostacolo per le imprese sane. “Un’economia che favorisca la crescita e la giustizia sociale non può invece basarsi sulla tutela dello status di qoi, su politiche volte a proteggere le imprese esistenti da nuovi entranti più efficienti e innovativi, o sull’utilizzo di fondi pubblici al solo scopo di mantenere in vita aziende strutturalmente improduttive”, ha spiegato Rustichelli. E la mente corre alle mille vite di Alitalia o al destino dell’ex Ilva, la più grande acciaieria d’Europa, alla seconda amministrazione straordinaria in 13 anni.

I numeri per il 2023

Complessivamente, nel corso dell’ultimo anno, il Garante ha ricevuto 1.271 segnalazioni in materia di concorrenza, ha esaminato 99 operazioni di concentrazione e ha concluso 8 procedimenti in materia di accordi. Complessivamente si stima in 8,4 miliardi il beneficio dato all’Italia dal 2015, di cui 710 milioni nel solo 2023. Si sono ampliati anche i poteri dell’Antitrust, mentre l’autorità, dalle banche alla benzina ai biglietti aerei, ha spesso avuto una funzione sostitutiva quando i politici non hanno voluto prendere decisioni.

Il costo dei voli per la Sardegna e la Sicilia è un esempio da manuale del modo in cui il presidente Roberto Rustichelli si è trovato a dover risolvere i problemi. In questo caso è stato chiamato in causa direttamente il garante. A metà novembre l’Autorità ha avviato l’indagine conoscitiva sugli algoritmi utilizzati dalle aziende per fissare il prezzo dei biglietti, come previsto dalla modifica al decreto Asset, approvata a inizio ottobre, che ha corretto, in parte, la stretta inizialmente imposta dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy, contestata dai vettori. “I nuovi poteri di intervento colmano un vuoto normativo, consentendo l’Autorità ad intervenire anche nei casi in cui c’è concorrenza ostacolato o distorto non a causa del comportamento delle aziende o restrizioni normative, ma dovute alla struttura stessa dei mercati Interessato”, ha chiarito il presidente dell’Antitrust. I poteri non si limitano ai prezzi dei voli, ma si estendono ad altri settori economici.

Dalla Ferragni a Tik Tok, le minacce digitali

In una quarantina di minuti di intervento, ospite della Queen’s Hall del Parlamento, Rustichelli ha poi ricordato altri casi da prima pagina su cui l’Autorità ha puntato i riflettori. Il cancello-pandoro che ha colpito Chiara Ferragni è uno di questi. L’influencer è stato sanzionato presunta pubblicità ingannevole legata alla vendita del pandoro ‘Pink Christmas’. La comunicazione lascia intendere che il ricavato della vendita del prodotto andrebbe in beneficenza, mentre la donazione era già stata effettuata da Balocco, l’azienda produttrice di pandoro. L’episodio rappresenta un esempio di come, con i nuovi modelli di marketing digitale, “il comportamento dei consumatori potrebbe essere indebitamente pregiudicato da una comunicazione basata su un ambiguo mix tra sponsorizzazioni e iniziative di beneficenza, portandoli a credere – contrariamente alla verità – di contribuire all’iniziativa di beneficenza attraverso l’acquisto del prodotto”.

Allo stesso modo, la multa contro la piattaforma Tik Tok, sanzionata per mancato controllo sui minori, rappresenta la volontà di “impedire che l’adozione di pratiche aggressive volte ad allungare i tempi di fruizione del servizio da parte dei consumatori, anche attraverso la profilazione algoritmica, determina un pregiudizio più intenso”. proprio per le categorie di utenti più vulnerabili”

Banche ed energia

Nel mondo digitale rientra anche l’intervento cautelare nei confronti di Isybank, la banca digitale di Intesa SanPaolo. Migliaia di correntisti erano stati trasferiti, senza previo consenso, al nuovo istituto. L’autorità, dopo aver ricevuto 5.000 segnalazioni, è poi intervenuta, sollecitando che fosse fornita adeguata documentazione e che ai clienti fosse concesso il tempo sufficiente per decidere e concordare se trasferire o meno il proprio conto. Vale invece complessivamente 1 miliardo l’indennizzo che consumatori e microimprese potranno ipoteticamente recuperare se il Tar e il Consiglio di Stato confermassero le sanzioni per complessivi 15,6 milioni nei confronti di sei operatori energetici (Enel Energia Eni Plenitude Acea Energia, Dolomiti Energia SpA Edison Energia e Iberdrola Clienti Italia) accusate di pratiche commerciali scorrette che avrebbero indotto gli utenti ad accettare condizioni contrattuali peggiori.

Tag: Europee Stato aiuti cattivi Italia Antitrust parlando Palazzo Chigi

 
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