“60.000 tonnellate di no al Borgo Biodigester” – La Guida – .

“60.000 tonnellate di no al Borgo Biodigester” – La Guida – .
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Dubbi, domande e tante criticità riguardanti il ​​progetto Biodigestore di Borgo sono state espresse ieri sera (giovedì 18 aprile) dai consiglieri di minoranza Paolo Armellini e Giancarlo Boselli (lista “Indipendenti”) e da Luciana Cagna (anestesista dell’ospedale Santa Croce) nel corso del convegno “Cuneo e il caso biodigestore – Cosa succede in Acsr e Cec organizzato presso la sede della lista in via Meucci.

“La vicenda Biodigestore riguarda una delle tante questioni aperte che gravano sulla nostra città – ha sottolineato Luciana Cagna apertura della serata -. È sicuramente tra quelli che incidono maggiormente sul futuro del cuneese e di Borgo San Dalmazzo e della Grande Cuneo, l’insieme di vasti territori che si aprono sulle valli e sulle montagne. Nei prossimi mesi affronteremo altri temi e dopo l’estate inizieremo una serie di incontri in tutti i quartieri e in tutte le frazioni”.

“L’attuale progetto di Borgo Biodigester (attualmente in fase di studio di fattibilità) avrebbe un forte impatto ambientale, con una quantità di rifiuti che si intende raccogliere per farlo funzionare in modo economicamente conveniente, sovradimensionato rispetto al territorio. Non c’è solo una criticità economica nel trasferimento, ma anche una criticità nella tecnologia di questo impianto di biodigestione – ha affermato Paolo Armellini -. Fino a ieri sentivamo, e dicevamo anche, che non eravamo contro la tecnologia della biodigestione, ma contro questo Borgo Biodigester. Non oggi! Perché la produzione di biometano non è finalizzata ad una vera economia circolare dei rifiuti, ma è un sistema che consuma energia e richiede una grande spesa per impianti e trasporti, non è pulito perché inquina, ed è un luogo di combustione. Quando sosteniamo che il ciclo dei rifiuti deve essere chiuso, diciamo una cosa sacrosanta: il ciclo dei rifiuti deve essere chiuso, ma la chiusura rappresentata dal Borgo Biodigester è una chiusura che ha dei difetti. L’impianto Biodigester va visto con cautela, è un impianto particolare che di per sé non chiude il ciclo dei rifiuti, perché genera rifiuti gassosi, liquidi e solidi. L’impianto, che è una riqualificazione tecnologica di un impianto di compostaggio già esistente, ha in ingresso la frazione organica dei rifiuti solidi urbani: l’umido e il verde per 45.000 tonnellate (che secondo fonti attendibili, ci hanno confermato in Commissione Consiliare i dirigenti dell’ACSR, per essere economicamente convenienti, devono essere 60.000). La tecnica dell’impianto consiste nella digestione anaerobica (in assenza di ossigeno) della sostanza organica, che produce biogas che viene poi trasformato in biometano. Non è facile passare dal biogas, che si ottiene dal digestore anaerobico, al biometano. Avrò quindi fatto molti processi che inquinano e consumano energia per ottenere metano per gli usi finali. Quindi: biogas più biometano e compost con tutta una serie di problemi potenziali o reali: pericolo di inquinamento delle falde acquifere; dimensioni e artefatti del progetto. Ci sono camini? È necessaria una variazione di piano? È necessario vedere la conformità urbanistica; viabilità: il traffico non è trascurabile. Ogni camion trasporta in media 10 tonnellate di rifiuti; per arrivare a 45.000 o 60.000 tonnellate occorrono almeno 4.500-6.000 camion all’anno, andata e ritorno, che emettono CO2 e PM10 durante il viaggio; che si traduce in 20-25 camion e furgoni in più al giorno che fanno la spola nel traffico cuneese; il metano è un gas, quindi: rischi di esplosioni e incidenti legati all’acido solfidrico. f) Consumo di acqua: 5 volte superiore rispetto al trattamento in discarica, un problema non trascurabile in un periodo di crisi idrica ormai stabilizzata e non ultimo il rumore. A questo punto la domanda sorge spontanea: perché produrre biometano se presenta tutti questi “svantaggi”? Perché ci sono le agevolazioni fiscali, attraverso i certificati verdi per produrre biometano; C’è un guadagno economico dalla vendita del biometano. Questo non è vietato, né scandaloso in una logica di mercato, ma è un errore di sistema, rende antieconomiche le virtuose politiche di riduzione a monte”.
Dubbi sono stati sollevati dagli assessori anche riguardo al Piano Zona Rifiuti che non è stato ancora redatto. “Manca una programmazione seria – ha proseguito Armellini -. Stiamo subendo, non pianificando. Si ha l’impressione che a decidere non sia la politica, visto che la maggioranza dei cittadini non vuole l’impianto. La cosa più grave è che la decisione ci sfugge. Tra l’altro solo quello di Cuneo è entrato nell’ATO regionale, gli altri 3 consorzi della provincia vanno un po’ per conto loro e mancano di un coordinatore e decisore. Accade così che, nel vuoto della politica dei rifiuti, si proponga un gigantesco impianto di digestione anaerobica. Siamo in una città, Borgo, di 12.000 abitanti (con un’influenza sulla città di Cuneo di 56.000) che dovrà smaltire 50 volte la spazzatura di cui ha bisogno. È un territorio che ha già dato (la discarica è presente dal 1982) e che dice no al fatto che Borgo diventi la pattumiera della provincia e che Cuneo, territorio contiguo, debba pagarne le conseguenze”.

Resta da risolvere – sottolineano gli assessori – anche il problema del conferimento da parte degli altri tre consorzi (Alba-Bra, Mondovì, Saluzzo-Savigliano-Fossano) che non hanno ancora confermato l’adesione perché al momento si stanno trasferendo altrove a tariffe più vantaggiose. . «In definitiva non c’è un no assoluto, ma parlare di alternative (dal punto di vista della tecnologia, del sito (Borgo non è centrale rispetto alla provincia) e degli investimenti) è cosa buona e giusta. Il Biodigester è una grande opportunità, ma il trattamento può essere fatto con due tecnologie, con finalità e conseguenze diverse” hanno ribadito.

“Il Comune di Cuneo, partner di riferimento di ACSR, è stato determinante nella decisione di realizzare il biodigestore – racconta Giancarlo Boselli, leader degli Indipendenti -. Si è deciso di costruire un biodigestore da 60.000 tonnellate che peserà molto sulla bolletta dei rifiuti dei cittadini e creerà notevoli problemi di inquinamento come sostiene uno studio di una delle più prestigiose università italiane. Con assoluta approssimazione si è sostenuto in tutte le sedi che se i rifiuti da conferire non fossero cartacei, in realtà arriverebbero da fuori territorio da fuori provincia. E quindi i parametri per rendere l’operazione finanziariamente compatibile, anche se di fatto non ci fossero, ci sarebbero comunque nel tempo. Ma il nuovo presidente dell’ente piemontese lo ha escluso. È stato garantito che la tecnologia non porta a problemi di inquinamento. Questa sicurezza è assoluta. Ma secondo noi la vicenda ha messo in luce un’altra questione. Perché si arriva a questa situazione paradossale? Perché c’è un grave problema di governance delle società operanti nel settore. La domanda che pongo è molto chiara: sono i Comuni, in primis quelli della capitale, che come partner delineano la strategia e la politica che le imprese devono seguire? Si ha l’impressione che invece vivano la propria vita e che la presenza dei membri sia vissuta come un fastidio. Sembra che siano le aziende a indicare la strada ai Comuni ed è ovvio, devono adeguarsi. Riteniamo che il Comune di Cuneo non eserciti effettivamente il suo ruolo di azionista in tutte le società partecipate. Non bastano riunioni affrettate e audizioni veloci in commissione consiliare, le grandi società operative hanno bisogno di amministratori con competenze specifiche e operative. Le aziende non possono mai essere affidate al management, devono rispondere alle indicazioni degli azionisti che però devono esserci ed essere forti e chiare”.

 
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