“L’importanza dell’Allegato VIII. Non vedi l’ora di andare a Taranto?” – .

“L’importanza dell’Allegato VIII. Non vedi l’ora di andare a Taranto?” – .
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Non c’è davvero pace per il settore produttivo giuliano. Intanto il futuro produttivo del sito di Wartsila sembra avviarsi, dopo mesi di continui passaggi a vuoto, con passi rapidi e decisi nelle capaci mani ginevrine del gruppo guidato da Gianluigi Aponte, nuvole grigie si addensano sul freddo laminatoio che a Servola ha segnato la chiusura della zona calda dell’ex Ferriera.

Ma procediamo con ordine.

Sulla crisi Wartsila scoppiata nel luglio 2022 con la famosa lettera in cui la multinazionale finlandese annunciava la chiusura dello stabilimento produttivo di Bagnoli della Rosandra, la “mossa a sorpresa” di Gianluigi Aponte è stata fatta qualche mese fa e, nel corso di un’intervista giornalistica, lo scorso febbraio ha dichiarato, papale: “Abbiamo raggiunto un accordo. Wartsila ha chiuso uno stabilimento che produceva motori e ha licenziato 300 persone. Riprendiamo le 300 persone e creiamo una fabbrica di vagoni ferroviari, vagoni per ferrovie merci. Si tratta di veicoli speciali che consentono di trasportare più carichi. È una bella struttura di cui abbiamo bisogno anche noi”.

Fin qui le dichiarazioni di Aponte, alle quali hanno fatto seguito una serie di approfondimenti tecnici condotti, per conto di MSC, da Nicola Lelli, manager della filiale austriaca di Medlog (ovvero l’azienda logistica che fa capo a MSC). Nel corso di questi colloqui, l’ultimo dei quali si è tenuto qualche settimana fa, sono emerse con chiarezza tutte le clausole che MSC intende inserire nell’accordo necessarie alla definizione positiva dell’investimento da completarsi entro maggio.

Vediamo, dunque, quali sono queste clausole. Dal punto di vista infrastrutturale dovranno essere realizzati cinque binari che serviranno a spostare i carri nell’area e collegarla con la rete esterna, con fondi regionali da destinare al Consorzio di Sviluppo Economico della Venezia Giulia. Dal punto di vista fiscale è necessario che l’operazione possa avvalersi della cancellazione delle tasse sulla vendita di immobili da parte di una multinazionale come Wartsila che delocalizza e in favore della società, ovvero MSC, che subentra. Altri strumenti di cui si chiede l’attivazione sono quelli previsti dal Contratto di Sviluppo e la riattivazione dell’Accordo di Programma 2014 per la complessa area di crisi industriale di Trieste.

Ci sono anche richieste specifiche riguardanti il ​​personale. La prima riguarda la concessione da parte del Ministero del Lavoro di 24 mesi di cassa integrazione (estendibili a 36) per il tempo necessario alla riconversione dello stabilimento. La seconda è rivolta alla Regione alla quale viene chiesto di organizzare corsi di riqualificazione per i 300 esuberi e formazione per i nuovi assunti. Ultima, a titolo illustrativo, ma prima per importanza, la specifica richiesta di MSC da un lato di estendere allo stabilimento di Bagnoli lo stesso regime di porto franco già applicato nella vicina zona Estense (n.d.r.: per il quale sarebbe opportuno un semplice provvedimento basta del Presidente dell’Autorità di Sistema Portuale) e dall’altro che tale regime venga applicato in maniera “integrale” a tutte le attività connesse alla produzione di carri ferroviari.

Su quest’ultimo punto (sempre oggetto di particolare attenzione da parte dell’Agenzia delle Dogane) ci sarebbe addirittura l’impegno del governo (peraltro sollecitato politicamente a vari livelli) a sollevare la questione con una richiesta alla Commissione Europea, affinché trova piena applicazione dell’Allegato VIII al Trattato di Pace, con conseguente applicazione del regime dei dazi doganali a tutte le merci introdotte da paesi extra-UE ed esportate fuori dai confini dell’UE.

Su questo delicato tema, che sarebbe molto sentito dal patron Aponte, ci limitiamo a segnalare (sulla scia di alcuni autorevoli pareri già espressi) che, probabilmente, solo un intervento interpretativo da parte della Commissione Europea occorre che, come riportato testualmente nell’articolo primo del Codice doganale europeo, ribadisca che il regime speciale del Porto Franco di Trieste, così come istituito prima della nascita dell’Unione Europea, è già oggi pienamente vigente e applicabile.

Detto questo, non ci resta che attendere qualche settimana per capire se, come auspicato, quell’operazione intelligente concepita qualche mese fa a Ginevra, andrà “in porto”, con tutti i conseguenti e benefici effetti sull’asfittico mondo produttivo giuliano.

Parlando di mondo asfittico il pensiero va subito al laminatoio “freddo” dell’Arvedi, che è l’unico stabilimento produttivo rimasto a Servola dopo la chiusura dell’ex Ferriera. Ecco che, dopo un periodo di relativa calma in cui l’imprenditore cremonese aveva puntualmente adempiuto a tutti gli impegni assunti nell’ambito dell’Accordo di Programma che aveva scandito tutte le varie fasi dell’operazione, circa un mese fa è arrivata una lettera dai termini forti. Le critiche di Arvedi rivolte alle organizzazioni sindacali e a Confindustria.

Qual è l’oggetto della controversia? In sostanza uno solo: l’azienda ritiene che il progetto per la riconversione dell’area calda delle ex ferriere a usi portuali non tenga conto delle esigenze operative del laminatoio e “metta a rischio la stessa attività imprenditoriale di Trieste” .

Un’affermazione forte, come è facile intuire, che nasce dalla constatazione che le nuove proposte progettuali “mai condivise” sembrano “non tenere conto delle esigenze logistiche e operative”, creando “gravi difficoltà nello svolgimento dell’attività industriale” e accesso difficile e non sicuro per i dipendenti.

Le immediate reazioni dei sindacati (che hanno chiesto un incontro con tutte le parti interessate per fare chiarezza) non sembrano aver prodotto finora particolari reazioni, salvo una dichiarazione di disponibilità ad un incontro chiarificatore con il Cavaliere Arvedi da parte di Zeno D’ Agostino.

Considerato che questa notizia, a nostro giudizio di sicuro interesse per le sorti future del settore produttivo triestino, non è più stata riportata da nessun organo di informazione, ci auguriamo che, nel frattempo, il problema sia stato risolto. Altrimenti ci sarebbe di che preoccuparsi e non vorremmo che avesse ragione quel sindacalista che vede nell’uscita improvvisa di Arvedi altro che la conferma del suo progressivo distacco da Trieste con un contestuale avvicinamento alla sede ex Ilva di Taranto .

Vedremo come andrà a finire e, da parte nostra, seguiremo con grande attenzione l’evolversi di entrambi gli eventi.

Emme Zeta

 
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