“L’Isola che non c’è” si trova in Sicilia e stava per iniziare una guerra tra 3 nazioni – .

“L’Isola che non c’è” si trova in Sicilia e stava per iniziare una guerra tra 3 nazioni – .
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Non se ne rendono conto in molti, tra i turisti che visitano la Sicilia meridionale e quelli che sorvolano il Mediterraneo, ma c’era una volta una piccola isola tra la costa di Sciacca e Pantelleriache stava per provocare un violento conflitto tra 3 dei paesi più ricchi del continente europeo.

Quest’isola, di natura vulcanica e larga poche centinaia di metri, è ormai scomparsa, sotto diversi metri di mare e sotto le onde che circolano in quell’angolo di Mediterraneo. Anche indicarlo con un nome diventa un’operazione ardua, visto il breve arco della sua vita, durata meno di un anno, ha ricevuto più nomi che visitatori.

In Italia è conosciuta come “isola Corrao” o Ferdinandea, in onore del re Ferdinando II di Borbone, che a quel tempo governava il neonato Regno delle Due Sicilie, mentre in Inghilterra è conosciuto come Isola Graham o Hotham. I francesi invece lo definirono Isola Giuliana.

Fatto sta che quest’isola, nata in seguito ad una violenta eruzione sottomarina, avvenuta nel giugno del 1831, divenne bersaglio di molteplici interessi militari da parte di varie nazioni europee, che all’epoca si stavano ancora riprendendo dalle guerre napoleoniche e nuovi interessi coloniali cominciavano a svilupparsi in Africa come nel resto del mondo.

Il primo a segnalare l’emersione dell’isola fu il capitano della nave Gustavo, tale F. Trifiletti, che il 7 luglio 1831 riferì di averla avvistata a 30 km da Sciacca un vulcano in mezzo al mareche emetteva una colonna di lapilli di circa 8 metri.

Non appena si diffuse la notizia, le marinerie delle principali nazioni del mondo – perfino una nave della piccola flotta russa – andarono a curiosare intorno all’isola, raggiunta per la prima volta da Friedrich Hoffmannprofessore di geologia all’Università di Berlino, che si trovava casualmente in Sicilia per il Grand Tour.

Hoffman inviò subito le sue osservazioni all’amico, un nobile palermitano, Domenico lo Faso Pietrasanta Duca di Serradifalcoma prima che le sue lettere raggiungessero l’attuale capitale della Sicilia, altri studiosi catanesi e maltesi – tra tutti Carlo Gemellaro, considerato da molti uno dei padri dimenticati della moderna geologia europea – procedettero a redigere nuovi resoconti sull’eruzione e raggiunsero l’isola.

In breve tempo, però, le varie flotte iniziarono a circondare l’isola con l’intento di esporre la bandiera della propria nazione, obiettivo che cominciò a suscitare attriti vari tra gli stati europei.

Mentre gli scienziati erano ancora intenti ad approfittare dell’eruzione per comprendere meglio le dinamiche interne della Terra, ben presto la flotta inglese si schierò attorno all’isola per bombardare qualunque imbarcazione nemica volesse avvicinarsi senza permesso, in una vera e propria guerra psicologica che molti storici siciliani ha ricordato la dinamica dell’ Guerra fredda.

Il primo a piantare la bandiera sull’isola fu Capitano Jenhouse dell’Impero britannico, che raggiunse l’isola il 24 agosto 1831 con una piccola imbarcazione a fondo piatto. Questo evento scatenò però le ire dei siciliani, che chiesero a gran voce al re Ferdinando II di dichiarare guerra all’Inghilterra e prendere il controllo dell’isola. Dal canto suo, il re aveva appena emanato una legge con la quale dichiarava brevemente che quel nuovo territorio apparteneva alla Sicilia e che solo i siciliani avrebbero potuto colonizzare le sue coste al termine dell’eruzione.

Il maggior istigatore delle rimostranze siciliane fu il Capitano Corrao, che per tutta l’estate aveva fatto pressioni affinché i velieri militari di stanza in Sicilia attraversassero in massa la Manica, per tenere sotto controllo le pretese inglesi.

In risposta al gesto del capitano Jenhouse, la marina francese inviò invece il brigantino La Fleche, comandato dal tenente comandante Jean La Pierre. All’interno della nave era però presente anche il geologo Prev. costante e il pittore Edmond Joinvilleche ebbe il compito di descrivere l’eruzione e capire se fosse conveniente per la Francia organizzarsi per una guerra di conquista contro gli inglesi.

Il rapporto del brigantino Le Fleche era inequivocabile. Mentre Ferdinando II inviò Corrao alla Ferdinandea per piantare la bandiera del Regno delle Due Sicilie, la marina francese lo anticipò e affisse la bandiera francese sul punto più alto dell’isola, appena sotto il bordo del cratere da cui continuavano a fuoriuscire lapilli.

In seguito a questi avvenimenti arrivò sul posto anche il capitano Jenhouse, pronto a bombardare l’isola per difendere quello che credeva essere il territorio nazionale del suo Paese. Quello che stava per diventare un vero e proprio massacro, fu però interrotto dalla miracolosa intercessione di un altro soldato inglese, Capitano Douglas, che convinsero Corrao, La Pierre e Jenhouse a rimettere la questione ai rispettivi governi e a non usare i cannoni contro i poveri scienziati, che avevano raggiunto l’isola per scopi scientifici.

Verso la fine dell’ottobre 1831 il governo borbonico inviò una lettera agli ambasciatori inglese e francese in cui il re Ferdinando comunicava avendo preso legalmente possesso dell’isolacon l’atto sovrano del precedente 17 agosto, ma prima che le altre due nazioni – entrambe interessate a migliorare le proprie posizioni strategiche nel Mediterraneo – potessero rispondere militarmente, nuovi terremoti scossero Ferdinandea, portandola alla affondare nel giro di pochi mesi.

L’8 dicembre di quell’anno il capitano Allotta del brigantino Achille ne denunciò la scomparsa, provocando enorme imbarazzo tra le coorti europee e le flotte rimaste a pattugliare il Canale di Sicilia per l’inverno.

Come tante altre isole nate dal nulla, il destino di quest’isola è diventato fonte di ispirazione per numerose opere letterarie. Andrea Camilleri, Jules Verne, Luigi Pirandello, Gustave Flaubert e Fabio Genovesi questi sono solo alcuni degli autori che hanno tratto ispirazione dai suoi racconti per realizzare i loro romanzi e alcuni racconti.

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