«Dopo 13 anni mi hanno revocato la scorta con una telefonata formale» – .

REGGIO CALABRIA “Dopo 13 anni, con una telefonata formale di un agente di polizia, mi è stata revocata la scorta”. Lo racconta all’AGI l’imprenditore reggino Tiberio Bentivoglio, testimone di giustizia e vittima della ‘ndrangheta, che da oltre trent’anni ha deciso di resistere alle minacce, agli attentati e alle richieste di tangenti da parte delle cosche della ‘ndrangheta. ndrangheta reggina. Tiberio Bentivoglio e la moglie Vincenza Falsone finirono nel mirino della ‘Ndrangheta dopo aver resistito alle pressioni per indurli a pagare la “protezione”, subendo il furto di beni per centinaia di migliaia di euro, l’incendio di un veicolo, finché, la notte del 5 aprile 2003, un potente ordigno esplosivo non distrusse la loro bottega, la “Sanitaria S. Elia”. È l’inizio di una serie di minacce contro Bentivoglio e la moglie, di “buoni consigli” per convincerli a desistere, ritirare le denunce e “accontentare” gli emissari delle cosche, tentativi che la coppia respinge, finché la ‘Ndrangheta solleva il bar. Il 9 febbraio 2011 l’imprenditore è stato fronteggiato da colpi di arma da fuoco da parte di un uomo armato, che lo ha colpito a una gamba. Uno dei colpi, mirato al petto, è stato fortunatamente attutito dalla borsa che il commerciante portava in spalla. Bentivoglio, che in passato ha trovato il sostegno di numerosi cittadini e di “Libera”, ha scelto di non commentare la decisione dello Stato di ritirare la sua scorta: «Preferisco aspettare – ha detto – per comprendere meglio le ragioni, il senso della questa iniziativa».

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