“Il porto di Trieste ha bisogno di continuità con il mandato di D’Agostino” – .

“Il porto di Trieste ha bisogno di continuità con il mandato di D’Agostino” – .
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La transizione verde? “Sono già stati affidati i lavori per l’elettrificazione sia del molo Bersaglieri, quindi la banchina crociere, sia del Molo VII, la banchina container”

Trieste – A preoccuparlo non è tanto la Bora, ma i cambiamenti repentini dei venti meridionali e le onde che portano mareggiate, strappano gli ormeggi alle navi e richiedono attenzione e impegno sempre maggiori da parte di tutti i servizi tecnici nautici. Luciano Del Prete, 58 anni appena compiuti, capitano di vascello, direttore marittimo del Friuli Venezia Giulia dal 2022 e comandante dell’Autorità Portuale di Trieste, nato a Torre del Greco, “la città che fornisce il maggior numero di comandanti di nave all’Italia” , parla con entusiasmo di Trieste. Si parla dei tanti progetti per lo sviluppo del porto, delle preoccupazioni per gli effetti delle tensioni nel Mar Rosso sui traffici, del lavoro per la sicurezza ma anche del cambiamento climatico che da analisi teorica è diventato un problema concreto con emergenze da gestire in tempi sempre più brevi. presto.

La tua esperienza a Trieste?

“Sono qui da un anno e mezzo, è un’esperienza emozionante e piena di nuove esperienze. Conosco il porto di Napoli, ma Trieste è un porto diverso, che dà la possibilità di conoscere diversi tipi di traffici che si sviluppano, e sono due modi diversi di vivere la vita portuale. Ho ottimi rapporti con il presidente dell’Autorità di sistema portuale del Mare Adriatico Orientale, con il quale riusciamo a lavorare in simbiosi e in modo efficace ed efficiente, e con tutte le altre amministrazioni che operano nel settore portuale”.

A questo proposito Zeno D’Agostino lascerà il 1° giugno. Cosa accadrà?

Sicuramente verrà nominato un commissario con il quale speriamo di proseguire, perché i progetti che stanno per essere concretizzati sono tanti, sono finanziati e quindi c’è bisogno di continuità. Noi come gestione marittima facciamo e continueremo a fare la nostra parte. Ci aspettiamo che il commissario che verrà nominato prosegua sulla linea tracciata dal presidente D’Agostino e riesca a mettere in campo i progetti”.

Torniamo alle caratteristiche di Trieste, dove porto e città sono la stessa cosa.

“I triestini vivono il mare e il porto come il proprio lungomare anche per attività sportive ricreative come il SUP o il canottaggio. A volte devo ricordare che questa è una zona portuale e l’anno scorso ho dovuto emanare un’ordinanza che vieta lo svolgimento di attività con il SUP nella zona portuale e l’obbligo dell’assistenza di una barca a motore per chi si allena in canoa. Molte volte ci siamo trovati a manovrare grandi navi e a ritrovarci accanto a persone su SUP o canoe con poca esperienza nautica. E poi c’è lo storico stabilimento balneare che si trova nel porto, una realtà particolare e carina che ho trovato a Trieste. Dobbiamo bilanciare le esigenze di sicurezza del traffico portuale con quelle dei nuotatori e degli atleti”.

Parliamo del traffico merci nel porto di Trieste. Come va?

Trieste è il primo porto in Italia per quantità di merci trasportate, nell’ordine di 60 milioni di tonnellate all’anno. È vero che la maggior parte del tonnellaggio proviene dall’oleodotto transalpino, che rifornisce le raffinerie di Germania, Baviera, Austria, Repubblica Ceca, con circa 38-40 milioni di tonnellate di prodotto grezzo all’anno, ma anche la movimentazione di container è di tutto rispetto, poco meno di un milione di teu. E il traffico crocieristico si è consolidato: siamo nell’ordine delle 150 navi all’anno”.

La crisi di Suez incide sul commercio? Il trasbordo sta diminuendo?

“C’è stato un calo nel traffico dei container. Nei primi quattro mesi dell’anno rispetto allo stesso periodo dello scorso anno siamo scesi del 20%. Circa 10-15 navi in ​​meno e il numero di container è inferiore. Ciò significa che stanno arrivando navi non transoceaniche, e questo un po’ ci preoccupa. In calo le navi sopra i 300 metri. L’anno scorso abbiamo portato in porto una nave lunga 400 metri, la MSC Nicola Mastro: è stato un test per verificare la capacità di funzionamento delle gru, dei fondali e degli ormeggi, ma il futuro è proiettato a ricevere navi di questa tipologia. Il fatto che ne arrivino meno è preoccupante”.

Traffico petrolifero?

“Abbiamo un aumento delle navi cisterna. Dal mio ufficio oggi ne vedo 4 all’ancora e 2 operativi. Il traffico petrolifero è cresciuto del 20% e abbiamo un aumento significativo dei posti barca. Quindi, a conti fatti, il tonnellaggio complessivo delle merci trasportate rimane invariato nel primo trimestre perché c’è molto petrolio, ma resta preoccupante il calo dei container, anche perché sono molti i progetti di sviluppo portuale, soprattutto per i cantieri e le banchine del porto terminal container”.

I traghetti? Oltre alla Turchia ci sono anche linee con l’Egitto e il Marocco?

“Sulla linea cargo ro-ro che arriva dalla Turchia abbiamo diverse banchine settimanali, camion e merci che vengono caricate principalmente via treno e spedite nel cuore dell’Europa. Perché una delle caratteristiche del porto di Trieste – insieme al fatto che è il primo porto italiano per traffico ferroviario, oltre il 50% del traffico container viene spostato su rotaia – è che vengono spediti sia il petrolio che le merci che arrivano con container e traghetti nel cuore dell’Europa. Per ora nessuna nave è arrivata sulle linee con Egitto e Marocco, è un traffico in corso, ma sono stati chiusi accordi commerciali. Il presidente dell’Adsp si è subito adoperato per rimediare al calo del traffico container procurando traffico da Damietta anziché dal Marocco”.

La transizione ecologica?

“Sono già stati affidati i lavori per l’elettrificazione sia del molo Bersaglieri, quindi la banchina crociere, sia del Molo VII, la banchina container. Siamo molto attenti alle tematiche ambientali. Occorre ridurre le emissioni delle navi da crociera perché, come a Napoli, entrano direttamente in città, un vantaggio per il passeggero, ma lo svantaggio è che una nave emette fumi. Per questo, in attesa del cold ironing, abbiamo stilato un protocollo con le compagnie di navigazione, dalle crociere ai ro-ros, che fanno scalo nel porto di Trieste, per l’utilizzo di carburanti a basso contenuto di zolfo già in entrata nelle acque territoriali in modo da ridurre al minimo le emissioni”.

I progetti più importanti?

«C’è il raddoppio del Molo VII, che comporterà la sostituzione delle gru e di tutto il necessario per la movimentazione dei container. E poi c’è la realizzazione del Molo VIII, un nuovo terminal che nascerà come ampliamento della piattaforma logistica, dove un tempo sorgeva la ferriera di Servola, e sarà dedicato al traffico di container con la realizzazione di una stazione campale di massa per l’armonizzazione del traffico ferroviario. C’è poi il progetto Porto Vivo, che coinvolge l’area del porto vecchio, abbandonata da decenni, che ora sarà riconvertita in un hub crocieristico. Le navi da crociera verranno trasferite nelle banchine e nei centri congressi e a terra verranno realizzate aree e strutture turistico-ricreative”.

I cambiamenti climatici stanno influenzando il porto?

“Ci si abitua alla Bora, caratteristica di questa città. Ciò che sta accadendo negli ultimi tempi e che preoccupa maggiormente sono i cambiamenti improvvisi e violenti del tempo. Tra novembre e dicembre sono arrivati ​​due grossi temporali, non di Bora ma di venti provenienti dai quadranti meridionali che hanno praticamente distrutto il lungomare di Barcola. Anche l’anno scorso, nel mese di luglio, sono arrivate tempeste di vento con punte di 90-100-110 all’ora, è successo anche l’altro giorno, così violente che perfino le navi hanno rotto gli ormeggi”.

Come ci si attrezza per evitare danni?

«È un argomento che richiede attenzione. Abbiamo chiesto alla compagnia dei concessionari dei servizi di rimorchio, in virtù del cambiamento climatico ma anche del gigantismo navale, di inserire nel piano di ammodernamento della flotta rimorchiatori più potenti e con maggiore manovrabilità. Con questi cambiamenti repentini del meteo c’è bisogno di avere servizi tecnici nautici sempre più pronti ad affrontarli. Qualche mese fa un traghetto passeggeri ha rotto gli ormeggi e la porta è finita a 90 gradi sulla banchina. L’altro ieri abbiamo dovuto usare i rimorchiatori per spingere le navi perché rompevano i cavi di ormeggio”.

Si può fare qualcosa dal punto di vista infrastrutturale?

«Purtroppo no, perché qui le banchine sono state progettate dagli austriaci per essere orientate lungo il bordo della Bora. Quindi dalla Bora, con la quale abbiamo imparato a convivere, siamo protetti, ma quando arrivano i venti dai quadranti meridionali il lungomare e alcuni ormeggi risultano scoperti”.

Il ruolo della Capitaneria?

“Lavoriamo sulla sicurezza, intesa sia come safety che come security. Abbiamo 18 terminal nel porto e tutte le attività in questo ambito sono svolte dai nostri uomini ma collaboriamo con le altre amministrazioni, i settori tecnico nautici e i colleghi dell’ADSP. E lo stesso vale per le attività della guardia costiera, dei controlli di sicurezza e della nautica da diporto. Non dimentichiamo che il Friuli è la regione che offre il maggior numero di posti barca per chilometro lineare e questo significa che ci sono più barche in mare durante la stagione estiva”.

Essere in una regione di confine comporta impegni particolari?

“Il diportista medio triestino è propenso ad andare verso Slovenia e Croazia, per questo spesso svolgiamo attività di soccorso in coordinamento con i colleghi sloveni e croati. Abbiamo stilato diversi protocolli d’intesa e accordi, l’ultimo chiuso pochi mesi fa: si tratta di un progetto finanziato dalla Comunità Europea sulle attività antinquinamento del mare. Si chiama Namirs, North Adriatic Maritime Incident Response System e prevede procedure operative standard condivise per poter intervenire in caso di incidente in mare e relativo sversamento di petrolio. L’inquinamento in mare non conosce confini, dobbiamo collaborare”.

 
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