a Sassari e Cagliari esplodono, negli altri reparti sono chiusi La Nuova Sardegna – .

Sassari L’ospedale di Nuoro sta affondando, ma l’intero sistema sanitario sardo naviga in acque molto agitate e il nuovo consiglio regionale ha una dura prova.

L’emergenza La crisi dell’ospedale San Francesco, che segnala clamorose falle nel piano dell’organico praticamente in tutti i reparti, si è ulteriormente aggravata quando l’unica valvola di sfogo si è improvvisamente chiusa con l’esaurimento dei posti letto nei presidi ospedalieri Cagliari, Brotzu e Azienda universitaria. Le diverse strutture chiedono collaborazione e lanciano un grido di allarme, mentre sindacati e associazioni di categoria parlano di una situazione di emergenza totale in tutta l’Isola. In questa fase delicatissima nemmeno il nuovo assessore regionale alla Sanità Armando Bartolazziné il presidente della Regione, Alessandra Toddeintervistati da Nuova, hanno voluto rispondere per cercare di indicare la strategia che intendono seguire per riportare ordine in una situazione evidentemente ereditata.

Gli errori del passato «È chiaro che da anni c’è una pianificazione sbagliata, non solo nelle scelte strategiche ma anche per quanto riguarda il pensionamento dei medici. E questo è solo il primo punto”. Parlare è Salvatore Manca, presidente nazionale della Simeu, la Società Italiana di Medicina d’Urgenza, che rappresenta i medici e gli infermieri che operano nelle emergenze locali e nei pronto soccorso e nelle strutture ospedaliere di medicina d’urgenza. «Per quanto riguarda i pronto soccorso la situazione è di difficile risoluzione – dice Manca –, anche se si fa una toppa con la contrattualizzazione dei tirocinanti fin dai primi anni di corso. Questo nella speranza di non perderli una volta specializzati. Abbiamo strutture inadeguate e vecchie, il rapporto con i pazienti è venuto meno e questo ci raccontano le cronache. Il personale è demotivato, andare a lavorare nelle strutture pubbliche è diventato tutt’altro che attraente. Poi c’è il problema delle cooperative, che garantiscono una copertura immediata ma alla lunga ottengono l’effetto opposto, poiché molti medici si licenziano per andare a prendere più soldi e lavorano con codici di emergenza più bassi, quindi anche con meno responsabilità”.

Cosa si può fare immediatamente? «Molti concorsi stanno andando deserti – dice Salvatore Manca -. Bisogna fare un’indagine sui bisogni effettivi anche negli anni futuri, bisogna pianificare e calcolare il numero degli studenti e dei posti necessari. Bisogna fidelizzare il personale, rendendo le strutture più moderne, con retribuzioni adeguate, con tutele medico-legali. Bisogna trovare un equilibrio generale tra le strutture ospedaliere della regione, è ovvio che è più facile trovare personale nelle città dove si tengono i corsi universitari e sono localizzate le strutture più importanti. Allora rendiamo strutturali gli incentivi per chi accetta località disagiate o non principali. Non è solo una questione di soldi, qui parliamo soprattutto di qualità del lavoro”.

L’accordo è stato bloccato A proposito di incentivi, il consigliere uscente, Carlo Doria, aveva firmato un protocollo per ridurre le liste d’attesa. Dove sei stato? «È vero – dice Piergiorgio Fiori, segretario della Cisl Medici – noi sindacati abbiamo firmato quell’accordo, ma non è mai stato ratificato attraverso accordi aziendali. Siamo al paradosso: l’accordo c’è, gli incentivi per medici, infermieri e personale tecnico sono finanziati dalla Regione, ma le aziende sanitarie non ci hanno ancora chiamato per chiudere la partita. Allora non stupiamoci se il personale è demotivato. C’è poi un ulteriore paradosso: in generale mancano i medici, ma ci sono gli specialisti ambulatoriali in attesa di chiamata e ci sono ore di chirurgia vascolare, faccio l’esempio di Olbia, che non sono ancora state assegnate. Il dipartimento deve darsi una mossa”.

La punta dell’iceberg «Quello che sta accadendo a Nuoro in questi giorni è la punta di un iceberg che coinvolge tutta la Sardegna – sottolinea Susanna Montaldo, segretario dell’Anaao Sardegna –. Ogni struttura è sotto organico e piena di problemi, i reparti faticano enormemente ad andare avanti. Cagliari è il catalizzatore dei problemi dell’intera regione, ma anche lì i posti di lavoro sono finiti da tempo e le persone lavorano in condizioni terribili. A San Gavino il recente rinnovamento del reparto di Medicina interna porterà alla riduzione dei posti letto da 35 a 12 per 10 mesi, e lì non c’è più alcun intervento d’urgenza, che sta finendo a Carbonia. Tutti sono costretti a lavorare troppo e in condizioni difficili, e la stagione turistica sta per iniziare. C’è il rischio di implodere, soprattutto con l’ortopedia. La Sardegna deve poter garantire la sanità laddove non è garantita, serve un lavoro profondo e lungimirante. Altrimenti ci saranno guai seri. In effetti siamo già nei guai”.

 
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