Sea-Watch 5 ha tratto in salvo 47 persone che viaggiavano su un gommone sovraffollato e instabile. “Ora sono tutti al sicuro a bordo della nostra nave, che è diretta verso Catania, il porto assegnatoci dalle autorità italiane”, afferma la ong.
Questo salvataggio segue la polemica sull’avvertimento lanciato da Sea-Watch alla guardia costiera italiana – che dipende dal ministero dei Trasporti di Salvini – di subordinare l’azione delle navi delle ONG alle indicazioni fornite dalla “guardia costiera” libica.
“Da anni – si legge nella segnalazione di Sea Watch – le autorità italiane cercano di costringere noi e altre navi di ONG a prendere ordini dalla cosiddetta guardia costiera libica. Con la minaccia di sanzioni, le autorità italiane chiedono ogni giorno ai nostri capitani di violare il diritto internazionale e commettere crimini più gravi, collaborando con la cosiddetta guardia costiera libica nei respingimenti illegali di chi tenta di attraversare il Mediterraneo. La consegna delle persone soccorse alle autorità di un Paese in cui sono violati i diritti fondamentali costituisce reato e costituisce violazione del principio di non respingimento, come ribadito dalle sentenze della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e dalla Corte di Cassazione. Le richieste delle autorità italiane di subordinare le nostre operazioni agli ordini della cosiddetta Guardia Costiera libica rappresentano un chiaro incitamento a violare i principi già riconosciuti dalla giurisprudenza italiana, mettendo a rischio la vita di chi ha bisogno di aiuto”.
L’azione trae origine da un salvataggio avvenuto il 7 marzo, quando un ragazzo ha perso la vita sul ponte della Sea-Watch 5. Era stato portato a bordo in condizioni molto gravi, ma le autorità non lo hanno evacuato urgentemente.
