Elly e Giorgia di Neanderthal a testa in giù: la sinistra si indigna ma a giorni alterni

Elly e Giorgia di Neanderthal a testa in giù: la sinistra si indigna ma a giorni alterni
Elly e Giorgia di Neanderthal a testa in giù: la sinistra si indigna ma a giorni alterni

La correttezza politica è la morte della commedia e della satira. Qualche anno fa il regista, sceneggiatore, attore e comico americano Mel Brooks (autore di film esilaranti come “Please Don’t Touch Old Ladies” o “High Midday”), intervistato dalla BBC, spiegava in poche parole chiare come l’ossessione per il linguaggio politicamente corretto oggi non consentirebbe nemmeno la creazione e la produzione di un film come «High High Noon»: «Va bene non ferire i sentimenti di questo o quel gruppo o minoranza, ma non va bene per la commedia che deve camminare su questa linea sottile, deve correre dei rischi”. Da allora, era il 2017, sono passati alcuni anni e l’ossessione per la correttezza politica nelle società occidentali, USA ed Europa guidate, è andata crescendo.

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Pensiamo all’Italia: film come i due «Amici Miei» di Mario Monicelli (il terzo atto è di Nanni Loy) o «Il sorpasso» di Dino Risi, pieni di battute fantastiche e scorrette, potrebbero essere fatti o verrebbero rifiutati nella nome dell’ideologia della correttezza politica? Ecco il punto: ai nostri tempi la commedia e la satira rischiano di diventare irrilevanti per l’eccessiva autocensura e per la paura di prendere in giro o di ironizzare. Eppure la satira e la comicità sono ingredienti essenziali nelle società libere e democratiche, un sale salutare per la riflessione, la libertà di pensiero e di opinione e tutto il resto. Basta guardare la storia per rendersi conto che sono sempre le dittature, i regimi autoritari, le autocrazie a imporre loro codici linguistici, cosa si può dire e cosa no. E tutti i fan della correttezza politica dovrebbero guardare la storia per finirla qui.

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Negli USA, dove la marea del politicamente corretto è iniziata per poi diffondersi anche in Europa, qualcosa – ancora poco ma è un primo segnale – sta fortunatamente cambiando e nel 2024 Mel Brooks è stato premiato con l’Oscar alla carriera. È tempo che l’Italia e il Vecchio Continente inizino a liberarsi dall’ossessione del politicamente corretto. Se guardiamo indietro nel tempo vediamo che la satira in Italia, in passato, non guardava mai in faccia nessuno. Non lo faceva certo ai tempi della Prima Repubblica quando Giorgio Forattini disegnava nelle sue vignette su un quotidiano progressista (“La Repubblica”), Giovanni Spadolini con il pisello piccolo, Giulio Andreotti con la gobba e le orecchie a sventola, Bettino Craxi come un Mussolini con gli stivali grandi.

Oggi, molto probabilmente, quelle vignette legate anche all’uso dell’ironia sui corpi dei leader verrebbero accusate di body shaming. Eppure questi leader che hanno fatto la storia d’Italia non si sono mai vestiti da vittime della satira. Probabilmente non erano contenti di essere presi di mira ma tenevano conto che in una democrazia matura chi detiene il potere o chi fa politica, avendo un ruolo pubblico, deve fare i conti anche con la satira.
Giulio Andreotti, a cui non mancavano mai l’ironia e una certa sagacia romana, ripeteva – rispetto al mestiere di politico – una frase che le classi dirigenti di oggi dovrebbero memorizzare: «Chi fa politica deve temere una sola cosa: essere dimenticato».

Perché in fondo, anche essere oggetto di satira aiuta – soprattutto se l’autore satirico è un fumettista o un comico di talento – a non passare inosservati e a non finire dimenticato. Mentre la correttezza politica a tutti i costi non fa altro che rendere tutto conformista. Appiattisce e riduce anche gli spazi di libertà. Come ha ben spiegato Mel Brooks, va benissimo non ferire i sentimenti delle tante minoranze esistenti purché il non ferire non diventi, nella realtà in cui si materializza, un calco in gesso o una forma di censura. Viva la libertà, dunque. E viva la satira.

 
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