Stellantis, più Francia che Italia? Patto tra Elkann e Peugeot? “Ecco quello che nessuno ha visto” – Cronaca Torino – .

Stellantis a propulsione francese. Lo Stato italiano deve entrare in Stellantis per bilanciare quello francese. E così via. Questi sono alcuni dei temi di dibattito attorno al Gruppo nato dalla fusione (acquisizione) di PSA con FCAnel 2021, e delle sue politiche industriali, soprattutto in questo momento che vede l’Italia in profonda sofferenza (dati evidenziati dai risultati trimestrali e dal successivo andamento dei mercati azionari: si stima che con la svalutazione di Piazza Affari (il titolo è sceso sotto i 20 euro) il gruppo ha bruciato in un mese qualcosa come 16 miliardi di euro. In questo dibattito si inserisce un’analisi interessante, che ribalta la prospettiva e suggerisce la volontà del Gruppo di disimpegnarsi dal suo partner statale. Vediamo di cosa si tratta.

L’analisi viene effettuata, nel suo spazio web Familyandtrends, di Bernardo Bertoldi, docente di Strategia delle imprese familiari all’Università di Torino, editorialista de Il Sole-24Ore, fondatore e vicepresidente del Club degli Investitori. Il titolo che dà è “Stellantis, Exor e la famiglia Agnelli: di cosa dobbiamo davvero parlare”. A cominciare dalla massiccia esposizione mediatica vissuta dal Gruppo, in particolare per le questioni Mirafiori e non solo per i risultati finanziari, e per la famiglia Elkann/Agnelli, per le controversie giudiziarie. Per Bertoldi questo è solo un aspetto, anche “pruriginoso”, che soddisfa”il nostro desiderio atavico di lamentarci prendendosela con noi i francesi che tolgono aziende e posti di lavoro“. Quindi, cosa conta davvero?

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Innanzitutto il professor Bertoldi accenna alla dimostrazione di “governance sofisticata e solida” – certificato per lui dalla sentenza del Business Court che ha recentemente confermato la legittimità della composizione di Dicembre, la cassaforte Elkann -, che ora si trova però ad affrontare una sfida molto delicata: il settore in questo momento storico offre margini inferiori rispetto al passato, di fronte alla necessità di grandi investimenti; la concorrenza, soprattutto quella cinese, è forte; È in corso una transizione verso l’elettrico che richiede una profonda trasformazione. A questo, aggiungiamo, si aggiunge l’imperativo per Carlos Tavares di superare quello che è stato il primo grande ostacolo della sua esperienza come amministratore delegatogià per il secondo trimestre, se vogliamo raggiungere gli obiettivi di profitto dichiarati.

Dicembre a parte, Stellantis è così composta: Exor (guidata da John Elkann) detiene il 14,3% delle azioni, con il 23% dei diritti di voto, Peugeot Invest rispettivamente il 7,1% e l’11% (7,1%) e BPI, cioè l’equivalente della nostra Cassa Depositi e Prestiti cioè lo Stato francese, il 6,1% e il 9,6% dei diritti di voto. “All’inizio dell’anno – scrive Bertoldi -, quando lo Stato francese aumentò la propria quota utilizzando il diritto di voto plurimo molti (italiani) hanno gridato allo scandalo e (di conseguenza) si è tornati a parlare del peso italiano di Stellantis. Lo Stato francese ha esercitato un diritto concesso a tutti gli azionisti che detengono azioni per tre anni: lo ha fatto dopo Exor e Peugeot, e chi conosce la diplomazia francese potrebbe vedervi una certa logica”. Quella di non essere estromessi dal controllo?

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Perché al momento Exor ha il diritto di nominare due amministratori, Peugeot e BPI uno ciascuno ma «fino a quando non avranno più del 5%, se BPI scendesse sotto il 5% e perdesse il diritto all’amministratore e Peugeot salisse sopra l’8%, quest’ultima avrebbe il diritto di nominare due amministratori“. E a quel punto, al di là del peso azionario, nel consiglio di amministrazione le due famiglie, Peugeot ed Elkann/Agnelli, sarebbero alla pari. E anche le valutazioni sull’operato di Carlos Tavares, che al momento più che al consiglio di amministrazione sembra rispondere – con ottimi risultati – solo a se stesso e, tutt’al più, all’azionista di riferimento (Elkann), che con la sua mentalità finanziaria è molto attento ai profitti. Ma fa attenzione: c’è una strategia nascosta.

“Sarebbe bastato leggere queste poche righe, che da tre anni si ritrovano sui bilanci di Stellantis, per evitare i fiumi di inchiostro spesi per fomentare la rivalità Italia-Francia e capire che la visione è la progressiva uscita dello Stato e il rafforzamento dell’accordo tra le due famiglie imprenditoriali” è l’analisi di Bertoldi. E sulla dinamica ricorda che «nell’aprile 2021, alla nascita di Stellantis, le famiglie Agnelli e Peugeot hanno firmato un patto di consultazione per rafforzare il loro rapporto al fine di sostenere l’azienda nel suo successo a lungo termine. L’accordo non prevede alcun obbligo di voto congiunto ma un libero scambio di opinioni che avviene attraverso una serie di incontri periodici in cui i rappresentanti delle due famiglie discutono temi di comune interesse, con particolare attenzione a come essere buoni azionisti di un’impresa familiare”.

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Possiamo quindi apprezzare una visione diversa che spiega, ad esempio, il recente riacquisto di azioni dell’azionista cinese Dongfeng (che prima della fusione “salvava” Peugeot, mentre ora ha interesse a diventare concorrente entrando come costruttore in Europa e passerà presto dall’attuale 3,3% a poco più dell’1%), senza però modificare la equilibrio dei tre grandi partner. E si capisce perché Stellantis non sia interessata ad un eventuale – ormai tardivo – ingresso dello Stato italiano. Lo stesso atto di Carlos Tavares, qualche tempo fa, di anticipare il rimborso del maxifinanziamento da 6,3 miliardi di euro a FCA (con Intesa Sanpaolo quale banca capofila), garantito dallo Stato tramite Sace ai sensi della normativa post pandemia, può essere letto come volontà di non avere vincoli nei confronti dello Stato. E ora che si guarda sempre più ad un aumento della produzione nei Paesi a basso costo – dal Brasile, dove verrà prodotta per la prima volta anche una Peugeot, la nuova 3008 – al Marocco dove il polo industriale si sta espandendo fino all’Algeria, Peugeot potrebbe anche scegliere di affrancarsi dalla Francia (e dal suo governo con il quale, secondo le sue parole, Tavares “spesso non è d’accordo”).

Tutti scenari interessanti, che seppur non evocati dal professor Bertoldi portano a considerare oggettivamente che oggi, nel settore automobilistico, “le uniche dimensioni possibili sono globali e le uniche geografie che contano sono i continenti”. E fu lui il primo, si ricorda, a capirlo Sergio Marchionne quando acquistò il decotto Chrysler e modificò l’idea di produzione secondo il concetto che automobili diverse potessero (dovrebbero) nascere su piattaforme comuni. E così oggi Stellantis “fattura circa dieci volte quello della Fiat nel 2004”. Ma quale sarà il prezzo per i paesi “d’origine”?

 
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