“Sarà un parco pubblico”. Ma la frase rimane un enigma – .

“Sarà un parco pubblico”. Ma la frase rimane un enigma – .
“Sarà un parco pubblico”. Ma la frase rimane un enigma – .

Lo ha detto il governatore a margine della sua visita a Grazzanise l’altro ieri. Molte questioni restano aperte sul destino, ormai fittizio, di quella che dovrebbe essere l’area capace di cambiare le caratteristiche della capitale.

Caserta (pm) – Finalmente il pasticcio è fatto. In verità era solo questione di tempo. Per come erano andate le cose, non ci voleva molto per capire che sarebbe andata così.

L’altro giorno, il governatore DeLuca (mai mandato fu più traditore e calzante del caso della Campania, trasformata in governatorato, mentre la legge richiede semplicemente presidenti di regione), con la perentorietà che gli è tipica, ha annunciato che Casertagentilmente, avrà il suo “Parco pubblico” nel’ex Macrico. Non si sa cosa significhi effettivamente l’espressione perché, come sanno i casertani più accorti, della questione non se ne parla più autenticamente da tempo.

Dopo la campagna mediatica condotta dalla curia, che ha messo insieme una costosa rappresentazione dei suoi piani con riunioni roboanti e autoreferenziali, che hanno propagandato un masterplan ecologista tutto in voga, è stato condotto un sondaggio (hanno risposto solo 310, molto pochi addirittura considerando le tante persone che ruotano intorno alla questione) ostentavano un falsificato comunitarismo, siamo arrivati ​​al dunque. E ciò che è più grave è astutamente marginalizzare l’esperienza più che ventennale di Comitato

Macrico Verde, che ha avuto l’inestimabile merito di preservare il compendio fondiario da ripetuti tentativi più o meno aperti di speculazione edilizia grazie alla sua alta rappresentatività cittadina, attestata dalla raccolta di oltre diecimila firme sulle sue petizioni promosse nel tempo a tutela del territorio.

La chiesa casertana, con il benestare regionale nella sospetta vigilia delle elezioni europee, vuole quindi costruire nell’ampio spazio ex militare (non avendo paura delle parole, ma delle persone e delle loro intenzioni, non ci stupisce il termine militare per questo) nella nostra realtà saldamente democratica, tanto che ideologicamente vogliamo che si chiami pace) sia in termini di ristrutturazione dell’esistente che di quello di nuova costruzione. Con la prospettiva di impegnare una quantità enorme di fondi pubblici.

Alle parole del presidente DeLuca hanno fatto eco a quelli di Don Antonello Giannottipresidente dell’istituto diocesano per il sostegno del clero, precisando che si riferiscono ad una porzione dell’intero e ben più ampio programma di interventi previsto e proprio ai cosiddetti Parco di Biodiversità, per il quale sono già stati stanziati 30 milioni di euro. In realtà l’intervento complessivo costerebbe la cifra spropositata di 180 milioni di euro.

Ora il salernitano DeLucaforse perché ha sede a Napoli e forse perché il suo socio di partito è sindaco Marino non glielo dirà, non sa fino a che punto Caserta è una città in rovina e disamministrata.

Anche con la massima pressione fiscale locale a cui sono sottoposti, i casertani in realtà non beneficiano di servizi pubblici di alcun tipo. Vivono in una città dove manca tutto e la cui vita civile è segnata da continue difficoltà.

Pertanto la spesa immaginata di una cifra simile, 180 milioni, in un quadro così generalizzato di penuria cittadina, si presenta come una spesa insensata, superflua, inessenziale, che un tempo sarebbe stata definita suntuaria.

E il clero, per statuto – continuiamo a crederlo – dovrebbe avere a cuore il tema della spesa etica. Che questo vincolo sia comunque sentito dalle gerarchie ecclesiastiche casertane ci è dimostrato dal fatto che, per evitarlo, l’intero progetto della cosiddetta rigenerazione delx Macrico è un simulacro di opere che mirerebbero all’interesse pubblico, allo sviluppo sociale e perfino fumistico del lavoro.

Con lingua di legno – sintomatiche di un disagio di fondo, almeno così ci sembra – si immaginano astruserie come questa museo sensoriale o a collaboratore per la biodiversità, qualunque cosa significhino. Tutte cose belle, per carità. Ma mille miglia lontano dai reali bisogni della capitale. A meno che non si voglia creare un parco turistico tematico, dotato di infrastrutture capillari, dove portare scolaresche e gruppi a pagamento. Ma in questo caso diciamolo e non facciamo credere ai casertani di rendersi protagonisti di una pretesa avanguardia ambientalista, anche se a scapito dell’ultima risorsa ambientale della città.

Tutte Caserta quello che serve davvero è un parco verde integrale, con un impatto minimo di strutture e servizi, affinché la natura faccia il suo corso e le persone possano vivere in essa una full immersion in condizioni di sicurezza.

E con costi anche irrisori rispetto alle cifre abnormi che si vorrebbe spendere oggi. E si potrebbe anche arrivare ad una gestione finanziaria autosufficiente di un simile parco, anche presupponendo una piccola quota d’ingresso e la rendita dal patrimonio forestale.

Concludiamo con un accenno ai tanti luoghi pensati dal masterplan del vescovo per associazioni, incontri, eventi e spettacoli, che vorrebbero soddisfare – si dice – un presunto bisogno insoddisfatto di socialità.

Ma in città non mancano gli spazi e i luoghi destinati a questi scopi. Identifichiamoli meglio, allora, e lavoriamo per assegnarveli, in modo del tutto più economico, secondo le necessità.

Il discorso è chiaro per chi vuole capirlo. Il centro urbano deve essere finalmente risarcito delle aree, dei giardini e del verde che gli sono stati sottratti per consentire una speculazione edilizia sfrenata, ancora selvaggia. Tutto il resto che è diverso sono interessi.

 
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