ytali. – Architettura? È Venezia – .

Trasformare un problema in un’opportunità. Carlo Ratti, direttore della Biennale di Architettura che si svolgerà dal 10 maggio al 23 novembre 2025, ci proverà e sicuramente ci riuscirà.
Il problema non è un intoppo inaspettato. Glielo aveva già illustrato al momento della sua investitura – fine 2023 – con una nomina fatta dal presidente uscente, Roberto Cicutto d’intesa con il presidente entrante, Pietrangelo Buttafuoco.

Alla prossima edizione di Architettura mancherà fisicamente un “pezzo”: il Padiglione centrale dei giardini – 3500 metri quadrati di superficie – che insieme alle Corderie dell’Arsenale costituisce l’essenziale “campo da gioco” su cui si muovono tutti i direttori del visual le arti e l’architettura competono nella realizzazione del tema di volta in volta scelto.

Quella porzione non trascurabile di spazio espositivo non sarà disponibile perché, a conclusione della 60. Biennale d’Arte – Stranieri ovunque – appena inaugurato, inizieranno importanti lavori finanziati dal Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza. Una serie di adeguamenti – non i primi visto che numerosi sono stati nel tempo gli interventi, le integrazioni e le modifiche – che rinnoveranno e forse trasformeranno il primo nucleo espositivo della Biennale, quell’edificio espositivo costruito nel 1894 dal Comune di Venezia nel quale, fino al 1905 , si è concentrata l’intera Biennale.

Ma quella del 2025 non sarà una Biennale troncata. Ratti ha scavalcato l’ostacolo e sta transustanziando l’indisponibilità in opportunità, in opportunità, forse in un miracolo.

Del resto non ci si può stupire nemmeno dando una rapida occhiata alla sua biografia. Architetto e ingegnere di formazione, Ratti insegna al Massachusetts Institute of Technology (MIT) e al Politecnico di Milano. È direttore del Senseable City Lab e socio fondatore dello studio di architettura e innovazione CRA-Carlo Ratti Associati (Torino, New York City, Londra). È – spiega il curriculum fornito dalla Biennale – uno dei dieci studiosi più citati a livello internazionale nel campo dell’urbanistica, è coautore di oltre 750 pubblicazioni scientifiche, tra cui la recente Atlante della città sensibile (scritto con Antoine Picon, pubblicato da Yale University Press). Di seguito – nella scheda biografica – un lungo elenco di incarichi, collaborazioni e citazioni su riviste prestigiose.

Un elenco che racconta di cosa è fatto quest’uomo (nato a Torino nel 1971): un misto di concretezza e visionarietà, di piedi ben saldi a terra mentre, con la punta delle dita, cerca di toccare le stelle.

Nello storico Padiglione Centrale ai Giardini non c’è spazio per la sua Biennale, ma Venezia c’è. E sarà proprio la città, quindi, ad aprirsi per ospitare la visione di Ratti sull’architettura e sul futuro.

Come? Con una serie di progetti speciali: trasformare porzioni di città in Living Labs. Come questo si tradurrà, lo scopriremo.

Venezia, però, sembra essere la protagonista della Biennale 2025 perché, come ha sottolineato Ratti, la città è vulnerabile alla crisi climatica. Ma la città ci mostra anche qualcosa di diverso: la pratica di diverse intelligenze, i cicli delle maree che forniscono un rimedio naturale ai problemi di igiene urbana, l’energia elettromeccanica del MOSE che protegge la laguna dall’innalzamento del livello di il mare.“Attraverso azioni coordinate, l’intelligenza collettiva dei cittadini ha permesso di sviluppare soluzioni abitative innovative. Per secoli – ha detto Ratti – in molti si sono chiesti come salvare Venezia. E se invece fosse Venezia a offrire possibili ricette di salvezza?“.

Un punto di vista non dissimile da quello ribadito più volte – in tante altre sedi – da Renato Brunetta, presidente della Fondazione Venezia Capitale Mondiale della Sostenibilità. Un concetto ripreso da Buttafuoco che si riferiva a Venezia come Idropoli “che nessuna utopia ha mai osato immaginare ma che l’ingegno di un popolo ha saputo realizzare – nel corso della sua storia – poeticizzando con la natura attraverso l’architettura. La città dell’acqua – ha detto Buttafuoco – è quindi il modello locale da leggere su scala globale. Laboratorio della complessità per eccellenza in cui trovare soluzioni utili per il mondo intero.”

Pietrangelo Buttafuoco pronuncia parole piene di entusiasmo, ma anche di autentico orgoglio, nei confronti di Carlo Ratti, una figura che unisce competenze vaste e che manifesta l’intenzione di unire una pluralità di saperi per la Biennale 2025, che vuole fare rete. “La rete – ha detto il Presidente della Biennale – è infatti il ​​comune denominatore dell’intelligenza, dei rapporti umani, dell’urbanità. Che si tratti delle sinapsi neuronali, dei social network, di Internet, è la forma del rizoma a garantire la centralità di ogni periferia, l’interscambio di nodi, i diversi punti di vista. Ed è la visione ma, ancor meglio, la predizione che, secondo le parole dei poeti, ci permette di attraversare ‘la notte del mondo’. E la previsione serve a questo: attrezzarsi e intervenire. Quindi per creare il futuro.” E cita Eraclito, Buttafuoco, (“Per me uno vale diecimila”), poiché, dice, “Ratti è diecimila”. È il tempo futuro, il progetto, il presente e la sua visione va oltre la quotidianità. Parla di orizzonti teorici, il presidente della Biennale, di memoria, di storia. Buttafuoco cita poi Cacciari, Umberto Eco e Papa Francesco (definendolo Pontefice regnante), nel suo colto discorso di presentazione.

Pietrangelo Buttafuoco presenta la Biennale di Architettura 2025

Di certo Ratti, l’uomo da diecimila, ha un suo progetto, in parte dichiarato nella conferenza stampa con cui Buttafuoco lo ha presentato annunciando anche il tema scelto per la 19esima edizione della Mostra Internazionale di Architettura: Intelligentegen.

“I titoli delle Mostre Internazionali di Architettura vengono solitamente annunciati sia in inglese che in italiano – spiega Ratti – nel 2025, il titolo sarà invece condensato in un’unica parola per entrambe le lingue, richiamando la comune origine latina: Intelligentegen.”

“La moderna “intelligenza” deriva da intelligens, ma la scelta del titolo indica anche un ampliamento delle associazioni di significato. Tradotta separatamente, la sillaba finale, “gens” significa “persone”: da qui emerge un’immaginaria radice alternativa, che suggerisce un futuro dell’intelligenza più multiplo e inclusivo, che sfugge ai limiti eccessivi dell’odierna attenzione all’IA”.

Il sottotitolo – Naturale. Artificiale. Collective.- è estremamente ambizioso e allarga il campo di applicazione all’ambiente costruito e alle molteplici discipline che lo modellano: arte, ingegneria, biologia, scienza dei dati, scienze sociali e politiche, scienze planetarie e altre discipline collegando ciascuna di esse alla materialità del spazio urbano. Quella di Ratti sarà una mostra che immagina gli architetti come “agenti mutageni”, capaci di innescare processi evolutivi e indirizzarli in nuove direzioni.

“L’obiettivo sarà quello di tracciare nuove rotte mettendo insieme proposte progettuali sperimentali ispirate a una definizione di intelligenza come capacità di adattamento all’ambiente”. Il tutto abbracciando un orizzonte carico di domande: “saremo un giorno in grado di progettare un edificio intelligente come un albero?”; o, ancora, con riferimento all’intelligenza artificiale, “come cambierà la professione quando i modelli generativi saranno in grado di produrre dettagli costruttivi a partire da un semplice input testuale”. Considerando l’intelligenza collettiva, quella che ha prodotto architettura senza architetti fin dalla preistoria, “Come possiamo connettere il vecchio con il nuovo per sfruttare le infinite possibilità dell’intelligenza collettiva?” Ratti si chiede e ci chiede ancora: e se fosse troppo tardi per rallentare l’accelerazione della crisi climatica, l’esplorazione spaziale è davvero l’ultima frontiera o una distrazione dalla vera sfida, quella di risolvere i problemi della terra?

Carlo Ratti parla della sua Biennale

Questioni complesse che Ratti affronta con una metodologia stratificata che punta sulla transdisciplinarietà, su una “raccolta di idee”, su un protocollo di circolarità e sulla creazione di un “laboratorio vivente”, quello veneziano, per cominciare.

Traluce una visione complessiva già consolidata ma suscettibile di successive definizioni: il sito della Biennale ha aperto uno spazio per la raccolta di idee, contributi, visioni, suggestioni. Un approccio collaborativo originale a cui si aggiungerà lo sviluppo di un “Manifesto della Circolarità”.

Ratti dimostra certamente grande apertura ma anche estrema determinazione nel voler guidare la macchina della Biennale 2025. E lo capiamo quando spiega che intende indirizzare le partecipazioni nazionali – che storicamente sono organizzate e gestite indipendentemente dalle scelte della Biennale e dei suoi direttori – verso il coordinamento e la coerenza con i temi della mostra principale.

Ratti cita un precedente: nel 2014 l’architetto olandese Rem Kohlaas (autore del restauro del Fondaco dei Tedeschi a Venezia e della Fondazione Prada a Milano) propose a tutti i paesi partecipanti di contribuire alla Fondamenti – questo il titolo della 14a mostra da lui curata – sviluppando una ricerca collettiva sull’architettura attorno al tema Assorbire la modernità 1914-2014 .

Per il 2025, ha aggiunto Ratti, “incoraggeremo i paesi partecipanti ad affrontare il tema comune ‘Un luogo, una soluzione’, per evidenziare i modi in cui l’ingegno umano può fornire risposte alle sfide del nostro tempo”. Ingegno. L’intelligenza in tutte le sue forme. Intelligens, come dice il titolo scelto.

Decise per un titolo in latino, Ratti. Ma è un italiano che guarda il mondo. E, infatti, limita la sua lingua madre solo alla parola “grazie”, che pronuncia sempre preceduta da “grazie” ogni volta che risponde a una domanda. Sceglie di parlare in inglese nell’affollata sala delle colonne di Ca’ Giustinian, l’inglese sciolto e fluente di chi ha studiato, insegnato e lavorato usando molto quella lingua.

La scelta della lingua tiene naturalmente conto dei collegamenti a distanza di chi segue la diretta video della conferenza stampa. Un pubblico esterno numeroso e attento ma silenzioso che – pur invitato a farlo – non ha espresso alcuna domanda.

Dalla sala, però, più di una domanda, più di una richiesta. Per capire qualcosa in più della prossima Biennale, così diversa, ci sembra di intuire, da quello di Lesley Lokko, il curatore con radici scozzesi e ghanesi che ha lavorato nel 2023 sulla sostenibilità di progetti e materiali. Si pongono anche domande di carattere pratico, ma intrise di etica, su chi “pagherà” le transizioni immaginate o già in atto. Sul temuto costo per le classi più vulnerabili. Ma nella visione di Ratti tutto evidentemente è vero. IL “città intelligenti alta tecnologia e città naturali a bassa tecnologia”. Là Intelligenti”intreccia scale diverse: dal cucchiaio alla città, dai microprocessori allo spazio interstellare; abbraccia il naturale e l’artificiale, promettendo un futuro di coevoluzione tra mondi a lungo in conflitto”. Su tutto c’è un forte riferimento all’intelligenza artificiale e alle reti di connessione e sensori che collegano le nostre metropoli, creando un’infrastruttura digitale che avvolge l’intero pianeta. E la tecnologia, la rete, sono una necessità imprescindibile, se è vero che – è stato ricordato con riferimento all’inserimento di Rio de Janeiro nell’elenco delle principali smart city, ma anche a un progetto che circa dieci anni fa prevedeva anche l’Unicef ​​– nelle favelas di Rio forse non c’è l’acqua corrente, ma tutti sono collegati.

Architettura? È Venezia è stato modificato l’ultima volta: 8 maggio 2024 di SANDRA GASTALDO

Architettura? È Venezia
ultima modifica: 2024-05-08T17:14:54+02:00
da SANDRA GASTALDO

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