Abruzzo in bolla cieca, nemmeno Franciacorta e Trentodoc mettono in crisi gli spumanti abruzzesi? – Virtù quotidiane – .

Notizia 08 maggio 2024 19:33

L’AQUILA – L’Abruzzo è la regione delle occasioni mancate nella produzione degli spumanti. Con questo fil rouge, ieri al relais Magione Papale, Abruzzo a Bolla alla Cieca, si è aperta la degustazione di sette spumanti metodo classico, tappa di avvicinamento alla seconda edizione di Abruzzo in Bolla, la manifestazione organizzata da Virtù quotidiane con il patrocinio del Consorzio di Tutela Vini d’Abruzzo, che si svolgerà a L’Aquila il prossimo 13 settembre, per dare ancora una volta un palcoscenico al mondo delle bollicine abruzzesi.

Quella affermazione ripetuta all’inizio quasi con amarezza dai relatori, Leonardo Seghetti, Antonio Paolini E Andrea De Palmachi ieri ha condotto la degustazione a bottiglie coperte, servita dai sommelier Ais L’Aquila, è stato infatti insidiato dai calici serviti con prodotti di qualità, frutto di un lavoro attento, consapevole di produttori che, al contrario, non si accontentano delle bollicine lasciando l’opportunità di attrarre un mercato sempre più desideroso di far svanire l’effervescenza.

La storia delle bollicine in Abruzzo è tutt’altro che recente e “ha radici profonde”. Lo ha detto il professor Leonardo Seghetti, uno degli esperti che hanno condotto la masterclass. Come sempre supportato da carte e documenti, il professore ha evidenziato come le prime testimonianze risalgano al 1857, “quando un avvocato aquilano parlava della valorizzazione dei vini attraverso le bollicine”. La tesi è ulteriormente avvalorata dai diplomi vinti in concorsi per vini spumanti prodotti tra Tortoreto e Alba Adriatica. È vero che poi si è dovuto aspettare più di un secolo per trovare il primo vero spumante, con Faraone, nel 1983. Ma da lì la storia è cresciuta.

La degustazione alla cieca, davanti ad un pubblico di giornalisti, produttori, enologi e appassionati, era composta da sette vini. Tutto metodo classico. Cinque sono abruzzesi: il primo, Martina Biagi, di Biagi Vini, lo spumante più giovane di tutti, un blend di 45% pecorino, 40% passerina e 15% chardonnay. Il secondo è stato il Metodo Classico Brut 2020 di Eredi Legonziano, a base di carne di pecora, passerina e pecorino. È stato uno degli spumanti abruzzesi in tavola che, con la sua spiccata persistenza, ha convinto maggiormente il pubblico. Il quarto è stato il Fenaroli di Citra, extra Brut, con la sua bollicina grande. La sesta, Anna di Centorame, la bollicina dosaggio zero che ha conquistato il pubblico. Pecorino al cento per cento, sui lieviti per 50 mesi. Infine Faraone, figa al 100%.

Due provenienti da fuori regione sono nella lista dei fuori regione. Il terzo è stato il Berlucchi 61, un Franciacorta extra brut, 85% chardonnay e 15% pinot nero. E il quinto un Trento doc: Maso Martis Blanc de Blancs Brut, cento per cento Chardonnay.

“Accanto alle cinque bollicine abruzzesi c’erano due intrusi di valore”, ha detto il giornalista enogastronomico Antonio Paolini, “della Franciacorta e del trentino, scelti per analogia e qualche assonanza, ma anche per distanza e diversità nel posizionamento sui mercati nazionali e internazionali. . La partita è stata giocata dalla squadra abruzzese con un risultato che non ha messo in crisi la squadra di casa, che anzi ha fatto una fantastica impressione”.

“L’Abruzzo in Bolla ha agitato le acque per le possibilità spumantistiche della regione”, ha analizzato il giornalista enogastronomico De Palma. “È emerso il potenziale dei produttori, ma soprattutto del territorio e dei vitigni, ed è emerso un Abruzzo che non ha nulla da invidiare a nessuno”. Ed è vero che con i due fuori dal sacco, prodotti in due delle zone storicamente vocate alla produzione di spumanti in Italia, nessuno degli abruzzesi ha sfigurato. Dall’aspetto visivo, all’olfatto, al gusto, tutti si sono rivelati convincenti, di carattere, coerenti con il territorio regionale e adatti a soddisfare i gusti diversificati del mercato.

Lodevole anche l’approccio con cui i produttori presenti in sala si sono avvicinati alla degustazione. Senza competizione, con spirito giocoso (è simpatico il presidente della Eredi Legonziano Carlo Di Campli Finoreche ha assegnato al suo vino un punteggio di 33 con 11 al gusto, all’olfatto e alla vista, sulla scala da zero a 10), ma anche di confronto costruttivo, anche se sono emerse differenze di pensiero, soprattutto tra chi produce solo metodo classico e chi hanno scelto di puntare anche sul metodo italiano, abbracciando il marchio collettivo Trabocco.

“È stato un evento di assoluto valore”, ha commentato il presidente del Consorzio Tutela Vini d’Abruzzo, Alessandro Nicodemi, “il che dimostra che lo spumante abruzzese non solo è presente, ma ha tutte le caratteristiche per avere un grande futuro. Un Abruzzo in Bolla che ci parla del metodo classico, ma anche italiano, per dare un’offerta più ampia della nostra enologia regionale”.

E dopo la degustazione “tra il serio e il faceto”, come sottolinea il direttore dell’ Virtù quotidiane, Marco Signori, “che è stata l’occasione per avvicinarsi al mondo delle bollicine, l’appuntamento è per il 13 settembre con la seconda edizione di Abruzzo in Bolla, che replicherà con contenuti più ricchi, masterclass, degustazioni e talk anche per un confronto con i principali territori adatte alla produzione di spumanti in Italia”.


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