e le trattative con il PSG – .

e le trattative con il PSG – .
e le trattative con il PSG – .

“È una regola che vale soprattutto per l’Italia, non potrei mai vedermi in un club diverso dal Milan”. Paolo Maldini chiude la porta a ogni avventura manageriale che non sia legata al club che lo ha reso grande. Non c’è quindi possibilità di vederlo altrove, con l’ex tecnico del Milan che parla anche di cosa rappresenta il Milan per lui: “Era qualcosa di presente prima che io nascessi, mio ​​padre era un calciatore del Milan. È la squadra della mia città, l’ambiente in cui sono cresciuto. Ho iniziato a giocare a dieci anni e ho smesso a quarantuno, va oltre il tifo o il lavoro: è passione estrema. Il rapporto lì va oltre le epoche che ho vissuto in questo grande club. Ogni squadra può far pretendere al tifoso qualcosa di speciale, noi tifosi del Milan abbiamo un passato glorioso fatto di fallimenti, ma alla fine è più facile per i tifosi ricordare i momenti brutti per poi tornare a quelli belli: noi in questo eravamo maestri, i rimbalzi del Milan negli anni sono stati clamorosi”.

Tentazioni da altre squadre da calciatore?
“No, ci sono stati dei momenti delicati all’interno del mio club. Le cose non andavano bene e c’era amarezza da parte mia, che però mi ha portato a provare a migliorare le cose. Per partire ci deve essere una squadra che chiede a te, alla tua volontà e a quella del club: queste tre cose non sono mai andate insieme no al Real Madrid. Difficile dire di no: può succedere solo se non sei felice al Milan, in quegli anni il Milan era la squadra di riferimento. Pallone d’oro? Non penso alle ingiustizie subite nella mia carriera, è un premio individuale che non rientrava negli obiettivi che mi ero prefissato. Non era una certificazione, per me sono il più grande perdente della storia? È un discorso ampio, ovviamente si prende solo quella frase, le vittorie arrivano dalle sconfitte, ho perso tante finali e ne ho giocate altrettante e vinte, la stessa cosa si può dire di Federer o di un grande tennista, è un discorso ampio, non posso considerarmi un perdente nella vita”.

Da dirigente, invece, la trattativa con il PSG.
“Non ho mai detto no, prima del Milan ero stato tre volte a Parigi e avevo dato la mia disponibilità, poi non è andato avanti; ripensandoci adesso era una buona cosa, sarei entrato in un club che era ancora in grande evoluzione, in un paese che non conoscevo, con una lingua che non conoscevo. I miei primi dieci mesi da manager erano di apprendimento, mi sentivo inadeguato, imparavo e non riuscivo a determinare qualcosa. Leonardo rise, mi disse che piano piano mi sarei reso conto del mio impatto. È stata una benedizione iniziare a lavorare con lui”.

Infine, le parole di Maldini anche sull’Inter Campione d’Italia.
“Quello che è successo è molto indicativo. L’Inter ha una struttura sportiva che determina il futuro del settore sportivo. È stato premiato con contratti a lungo termine, c’era un’idea di strategia. Non è un caso che al Napoli sia andata male dopo le partenze di allenatore e direttore sportivo, a volte i giocatori sono considerati come macchine che devono produrre qualcosa, ma per farlo hanno bisogno di persone che li aiutino a farlo penso che sia ancora qualcosa di inespresso Nel calcio, sia in Italia che nel mondo, ci dimentichiamo che sono ragazzi giovani che hanno bisogno di sostegno e di qualcuno che dica loro le cose come stanno, non è sempre facile parlargliene. Il passato può essere spaventoso? A volte sì, ma avere un grande passato da calciatore non deve necessariamente farti un regalo da allenatore. Sono due lavori completamente diversi, finché non lo provi non sai quando non ti danno l’opportunità probabilmente è perché il tuo passato è ingombrante e la gente lo sa. È quello che ho sempre detto, quando mi hanno chiamato ho detto: “Sei sicuro?”, perché bisogna conoscere i pro ei contro. Mi piace giocare a carte scoperte.”

 
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