Una giovane donna annega a Rimini. Ogni anno sono 400 le vittime dei bagni in mare, ma preferiamo non parlarne – .

Una donna di 37 anni è morta ieri mattina sulla spiaggia di Rimini dopo aver fatto un bagno in mare. E’ successo al bagno 136 di Miramare di Rimini, intorno alle 10. Sul posto sono intervenuti la Capitaneria di Porto, la Polizia di Stato, i vigili del fuoco e il personale del 118, tutti soccorsi dopo essere stati allertati dal fidanzato della donna – un 35enne tunisino – che ha tentato di soccorrerla. Il primo ad accorgersi delle difficoltà della 37enne, originaria della provincia di Taranto e residente nel milanese, è stato il suo fidanzato, che non ha esitato ad entrare in mare per cercare di portarle aiuto. Il giovane ha rischiato di annegarsi ed è riuscito a trascinare a riva il 37enne. Sul posto, i sanitari del 118 hanno eseguito il massaggio cardiaco e utilizzato il defibrillatore, ma per lei non c’è stato nulla da fare. Il fidanzato della vittima è stato accompagnato, ancora sotto shock e in stato di ipotermia, al pronto soccorso dell’ospedale ‘Infermi’ di Rimini. La sua vita non è in pericolo. Il pubblico ministero di turno ha disposto l’autopsia sul corpo del 37enne. È annegata, probabilmente dopo essersi ammalata.

Ogni anno nel nostro Paese si contano circa 400 morti in acqua: i numeri sono quelli della Società Italiana di Medicina Ambientale (Sima). In tutto il mondo, le morti per annegamento sono ammontate a 2,5 milioni negli ultimi dieci anni. Lo spiega il presidente del Sima, Alessandro Miani: «Negli anni ’60 si stimavano in Italia circa 1.400 morti per annegamento ogni anno, cifra progressivamente diminuita fino a stabilizzarsi dagli anni ’90 in poi, con un trend ormai costante di circa 400 incidenti mortali l’anno .” A livello globale la cifra sale a 236mila.

La maggior parte degli incidenti avviene in mare aperto e nei fiumi, ma si registrano anche casi di morte in piscine alte pochi centimetri, in provincia di Lecce: a Taurisano un bambino di due anni, che era in compagnia del suo piccolo fratello, annegato nella piscina di casa.

Le vittime più frequenti di incidenti, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, sono infatti i bambini di età compresa tra 1 e 4 anni, seguiti da quelli di età compresa tra 5 e 9 anni. Il 50,3% dei casi si verifica in mare, mentre il 41,3% dei decessi avviene nelle acque interne e l’8,3% nelle piscine. Si stima che il 28% degli incidenti dipenda da malore improvviso, il 15% da distrazione, il 14% da cadute accidentali in acqua. […]

Una delle principali cause di annegamento nei laghi e nei fiumi è anche la bassa temperatura dell’acqua, sottolinea Fulvio Ferrara, esperto dell’Osservatorio nazionale annegamenti, istituito dal Ministero della Salute nel 2017 per comprendere la dinamica degli incidenti.
«Nel 10% dei circa 400 annegamenti che si verificano ogni anno in Italia, la causa principale è la bassa temperatura dell’acqua: fino a 10 gradi centigradi inferiore a quella del mare». Il problema è lo sbalzo termico: «Molte persone – continua Ferrara – dopo lunghe esposizioni al sole con una temperatura esterna che spesso raggiunge o supera i 33 gradi, si tuffano improvvisamente in acque dove la temperatura è di 12 gradi, a volte anche di 6. Un errore che molti lo pagano caro”.

Ogni anno vengono effettuati 70mila interventi di salvataggio ed è fondamentale puntare sulla prevenzione, promuovendo corsi di nuoto a partire dai 5-6 anni di età e l’educazione acquatica fin dai primi anni di vita.

Fonte: Il Resto del Carlino, Il Messaggero

 
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