«Un modello che necessita di essere profondamente cambiato» – .

«Un modello che necessita di essere profondamente cambiato» – .
«Un modello che necessita di essere profondamente cambiato» – .

Riceviamo e pubblichiamo un intervento di Pippo Tadolini dopo la mobilitazione di sabato 11 maggio

Se guardiamo il mondo e la storia dal punto di vista energetico, possiamo dire che dalla Rivoluzione Industriale in poi l’umanità si è trovata, nel suo rapporto con la natura, in uno stato di transizione perpetua.

In più occasioni grandi pensatori hanno cercato di rimettere al centro la vita, e non la materia inanimata, anche nel pieno delle più recenti rivoluzioni scientifiche. Anche quando la fisica si staccò dalla biologia e si impegnò ad espandere il potere distruttivo della fissione atomica, perdendo di vista il legame tra l’energia utile alla distruzione e quella ben più cruciale e indispensabile per la sopravvivenza.

Almeno dalla Prima Guerra Mondiale in poi, i conflitti armati, la crescita dell’ingiustizia sociale, l’arretramento della democrazia, la sottovalutazione della spesa pubblica per arginare i danni ambientali di quell’insieme di eventi epocali che sono stati chiamati “progresso”, e oggi la le prove della crisi climatica ci hanno fatto ereditare la pericolosa eredità di una logica esclusivamente geopolitica, in cui la competizione per il potere prevale su ogni altro modo di vedere l’esistenza.

Ancora oggi, purtroppo, la proliferazione termonucleare e – di recente – la diffusione accelerata dell’Intelligenza Artificiale (AI) ci collocano in un’era in cui la sopravvivenza biologica degli esseri viventi e la possibilità di scelta da parte degli esseri umani sono radicalmente messe in discussione. rischio derivante dalla disponibilità di enormi densità di energia, create artificialmente, come se non ci fossero mai state Hiroshima e Nagasaki e gli incidenti delle centrali nucleari. E come se la conseguenza della distruzione del mondo naturale (un sistema che lentamente si riproduce e si preserva, generazione dopo generazione per milioni di anni) fosse qualcosa di trascurabile.

Un comunicatore scientifico molto acuto, Benjamin Labatut, ha avuto modo di affermare che bisogna “fare attenzione a come dalla fine del secolo scorso è stato oltrepassato un confine: come se un genio si fosse annidato nelle scienze e le generazioni future non fossero più in grado di rimetterlo dentro. Allarmismo? Forse. È però innegabile che le turbolenze politiche, economiche e militari sono tornate a dilaniare l’Europa, il Medio Oriente e molte altre parti del mondo, la logica dei blocchi contrapposti è riemersa con forza, affidando ancora una volta il destino di altissimi tecnologie di intensità energetica di tutta l’umanità. Molti Paesi stanno iniziando a guardare alle fonti rinnovabili, ma nel frattempo continuano e si intensificano guerre, ingiustizie, disuguaglianze e catastrofi indotte dai comportamenti umani. Indugio seno morire dell’epoca dei fossili (e del nucleare) sembrano essere la scelta preferenziale della maggioranza dei governi, oscurando la prospettiva della pace e di una realtà quotidiana più vivibile per tutti, condita con la socialdemocrazia che aveva trovato nell’Onu e nella le costituzioni i cui fondamenti sono antifascisti.

Secondo Bilancio globale del carbonio 2023, sviluppato dall’Università di Exeter nel Regno Unito, quest’anno le emissioni di CO2 sono aumentate dell’1,1% rispetto al 2022 e dell’1,4% rispetto al 2019, anno pre-pandemia. Anche di fronte a questa realtà fattuale, e a quasi dieci anni dalla COP 21 di Parigi (2015), non siamo ancora in grado di ridurre in modo significativo l’inquinamento legato al consumo di combustibili fossili.

Dopo il lungo periodo che sarà ricordato come “gli anni del Covid”, una grave e prolungata siccità e il fragoroso emergere delle guerre hanno purtroppo rallentato sia una più ampia diffusione delle energie rinnovabili sia l’abbandono del carbone e del gas. E in effetti, la “crisi energetica” è stata invocata per premere sull’acceleratore di molte nuove conquiste nel campo dell’energia fossile. Se a questo aggiungiamo altri importanti fenomeni, come l’andamento della deforestazione in diverse aree del pianeta, abbiamo il conto di come nel 2023 sia stata immessa in atmosfera una quantità totale di CO2 pari a 42 miliardi di tonnellate, una cifra che ha ha portato al raggiungimento di 419,3 parti per milione (ppm) di CO2 nell’atmosfera, ovvero il doppio rispetto ai livelli da cui si cominciava a valutare.

Possiamo dire che, con il bilancio dell’anno appena concluso, la Terra è sicuramente destinata a superare la soglia di 1,5°C all’inizio del 2030, anziché alla fine del secolo. Decenni di ritardo nella consapevolezza e nelle scelte da compiere, siamo decenni in anticipo rispetto agli esiti più disastrosi del modello di sviluppo che finora abbiamo costruito e subito.

Quanto più le temperature aumenteranno, tanto più repentini saranno gli impatti dei cambiamenti climatici e tanto maggiore sarà il rischio di conseguenze irreversibili sugli ecosistemi, e quindi anche sulla vita e sui mezzi di sussistenza delle persone.

Dobbiamo purtroppo constatare come, a tutti i livelli, il negazionismo, la sottovalutazione e l’egoismo dettati dalla legge del profitto siano duri a morire, tanto che da più parti le – seppure blande – misure auspicate a livello europeo vengono etichettate come “follia ecologica”, per essere contrastato energicamente.

Dovremmo esaminare diversi aspetti convergenti, ad esempio la questione controversa e sottovalutata dell’impatto dell’agricoltura sul clima, e molte altre questioni, su cui il timido green deal europeo sembrava indicare una direzione di marcia, ma che recentemente è stato completamente ribaltato in favore di un ritorno alla vecchia e distruttiva concezione del rapporto tra essere umano e ambiente.

Restano però immutate, e anzi ogni giorno aumentano di intensità, le lamentele e gli appelli della scienza, che ribadisce come le emissioni legate all’utilizzo delle fonti energetiche fossili siano il principale elemento responsabile della catastrofe attuale e di quella – peggiore – che verrà. .

E allora, nell’indolenza – se non nell’aperta complicità – delle istituzioni e della politica con le scelte che sono solo nell’interesse del profitto dei colossi dei combustibili fossili, non resta che contare sull’iniziativa della società civile e opinioni pubbliche.

Ogni giorno, alla stessa ora e in luoghi diversi del nostro Paese e del mondo, le strade e le piazze (ma anche le aule dei tribunali) si animano di eventi costruiti dal basso, che chiedono una svolta non più rinviabile. Un panorama di mobilitazioni che solo pochi anni fa non era neppure immaginabile

La Campagna per il Clima – Fuori dal Fossile, che è una delle principali animatrici di questo panorama, ha organizzato nei mesi scorsi, e sta organizzando per l’immediato futuro, una serie di eventi che vedono Ravenna come uno dei luoghi centrali .

Tra questi, sabato 11 maggio, nel corso della giornata, si sono svolti eventi di sensibilizzazione, approfondimento e denuncia sul tema del gas, che sempre più pervade le nostre vite.

Come tutti sanno, è in arrivo il terminale di rigassificazione galleggiante che porterà pericoli, un netto peggioramento della già compromessa qualità dell’aria di Ravenna e non solo e certi danni all’ambiente marino. Ma ancora non tutti sanno che è in arrivo anche il gasdotto Linea Adriatico, una sorta di superautostrada del gas, che provenendo da sud attraverserà Marche, Toscana, Umbria e Romagna, con l’abbattimento di milioni di alberi, espropri di aree agricole, rischio legato alle caratteristiche sismiche dei territori. E sono previste nuove trivellazioni, così come altre costruzioni sempre al servizio della dittatura dei fossili.

Il problema è che il greenwashing portato avanti quotidianamente da imprese e governi nazionali e locali nasconde abilmente la sostanziale assenza di una scelta alternativa, indispensabile se non si vuole ritrovarsi presto in un vicolo senza via d’uscita.

Per questo vorremmo che sempre più persone e sempre più membri della società civile si unissero a noi nel chiedere la moratoria di tutti i progetti legati ai combustibili fossili e l’avvio deciso di una politica delle rinnovabili, basata soprattutto su politiche diffuse e decentralizzate produzione e sul controllo democratico.

Il settore energetico deve essere rapidamente allontanato dalla sfera del profitto e portato progressivamente nella sfera dei beni comuni. In particolare, è necessaria una riforma del mercato elettrico se vogliamo costruire un modello sociale in cui ci liberiamo progressivamente dal dominio dell’estrattivismo.

Pippo Tadolini – Campagna “Per il clima – Fuori dai fossili”.

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