La gestione dell’acqua in Italia, in numeri – .

Mentre in Sicilia persiste la crisi idrica che negli ultimi mesi ha spinto il governo a dichiarare lo stato di emergenza e ad approvarlo UN piano di razionamento dell’acqua che quasi coinvolge 1 milione di personecioè circa un quinto della popolazione sicilianal’acqua resta una questione complessa e sfaccettata che viene solitamente affrontata, dalla politica e dai media, di emergenza in emergenza.

Proviamo allora a fare il punto sulla situazione idrica in Italia, tra prelievi, perdite e attività di depurazione delle acque reflue, con l’aiuto dei dati forniti dall’ultimo rapporto Istat, pubblicato lo scorso marzo e relativo agli anni 2020-2023.

L’acqua si è ritirata

9,14 miliardi di metri cubi Nel 2022 il prelievo giornaliero di acqua per uso potabile in Italia è stato pari a 9,14 miliardi di metri cubi, utilizzati per garantire gli usi idrici quotidiani della popolazione, ma anche di piccoli esercizi commerciali, alberghi, servizi, attività commerciali, produttive, agricole e industriali collegate direttamente alla rete urbana, nonché le richieste pubbliche, quali scuole, uffici pubblici, ospedali e fontane.

424 litri Anche nel 2022 il prelievo giornaliero di acqua in metri cubi è stato di 25 milioni, di cui 424 litri per abitante, reso possibile dalle circa 37.400 fonti di approvvigionamento attive per usi potabili presenti sul territorio, una fitta rete che copre mediamente 100 chilometri quadrati per ogni 12 punti rifornimento.

155 metri cubi Con 155 metri cubi all’anno per abitante L’Italia è terza tra i Paesi dell’Unione Europea per prelievi idrici: prime solo Irlanda (200) e Grecia (159), seguite, a netta distanza, da Bulgaria (118) e Croazia (111).

9.142 milioni di metri cubi Nonostante il volume ritirato sia diminuito dello 0,5% rispetto al 2020, da oltre vent’anni l’Italia si riconferma primo posto nell’Unione Europea per quantitàin valore assoluto, di acqua dolce prelevata per uso potabile da corpi idrici superficialiche comprendono bacini artificiali, corsi d’acqua superficiali e laghi naturali – e sotterraneo, escludendo quindi i prelievi dalle acque marine. Nel 2022 il maggior prelievo di acqua per uso potabile si è registrato nel distretto idrografico del fiume Po con 2,80 miliardi di metri cubi, il 30,7% del totale nazionale, seguito dal distretto idrografico dell’Appennino meridionale con 2,32 miliardi di metri cubi di acqua acqua per uso potabile, 25,4% del volume nazionale.

Prelievi di acqua per uso potabile per tipologia di fonte. Anni 1999-2022, valori in miliardi di metri cubi. Fonte ed elaborazione grafica: Istat, Censimento delle acque ad uso civile

84,7% IL fonti sotterranee costituiscono la modalità di approvvigionamento prevalente in Italia, con quote che superano il 75% in tutti i distretti idrografici, ad eccezione della Sardegna dove lo sfruttamento di sorgenti e pozzi rappresenta circa il 21% del prelievo. Nel 2022 l’84,7% del prelievo proviene da falde acquifere, il 48,5% da pozzi e il 36,2% da fonti, e solo il 15,2% da acque superficiali. L’utilizzo delle fonti sotterranee è preponderante nei comprensori dell’Appennino Centrale e delle Alpi Orientali, dove rappresenta oltre il 94% del prelievo.

0,1% Per sopperire alle carenze idriche, una piccola parte del prelievo viene ricavato dall’acqua acque marine o salmastreLo 0,1% del totale, concentrato soprattutto in Sicilia per rifornire le isole minori, e in minima parte anche in Toscana e Lazio.

Prelievi di acqua dolce per uso potabile nei Paesi UE27 per tipologia di fonte.
Anno 2022 o ultimo disponibile, metri cubi all’anno per abitante
Fonte ed elaborazione grafica: Istat, Censimento delle acque ad uso civile

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Le perdite

157 litri L’immagine delSetaccio Italia, ricca d’acqua ma con infrastrutture idriche inadeguate, continua ad essere una realtà, nonostante, scrivono nel rapporto: “Negli ultimi anni molti gestori dei servizi idrici hanno avviato iniziative per garantire una maggiore capacità di misurazione dei consumi e il contenimento delle perdite di rete ”. La quantità di acqua dispersa nella distribuzione può infatti essere quantificata in 157 litri al giorno per abitante.

Per comprendere meglio il fenomeno, l’Istat fornisce un altro dato: stimando un consumo pro capite pari alla media nazionale, il volume di acqua disperso nel 2022 soddisferebbe il fabbisogno idrico di 43,4 milioni di persone per un anno intero, che corrisponde a circa il 75% della popolazione italiana.

acqua fornita e perdite
Acqua fornita pro capite Acqua fornita pro capite e perdite idriche totali nella distribuzione. Anno 2022, litri pro capite per abitante al giorno (asse di sinistra), perdite in valori percentuali sull’immissione in rete (asse di destra)

65,5% Il problema è abbastanza comune, con le dovute differenze: iIn nove regioni le perdite idriche totali nella distribuzione sono superiori al dato nazionale, registrando il dato più elevato Basilicata con il 65,5%, l’Abruzzo con il 62,5% e il Molise con il 53,9%, ma anche la Sardegna con il 52,8% e la Sicilia con il 51,6% di perdite idriche nella distribuzione. Tutte le regioni del Nord presentano invece un livello di perdite più basso: nella provincia autonoma di Bolzano si arriva al 28,8%, in Emilia-Romagna al 29,7% e in Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste al 29,8% .

Inoltre, il trend per molte parti d’Italia non è positivo: in 13 regioni e province autonome su 21 e in tre distretti idrografici su sette, le perdite totali di acqua nella distribuzione sono in aumento.

1 su 3 In più di una capitale su tre sono registrati perdite totali nella distribuzione superiori al 45%. Le condizioni di massima criticità, con valori pari almeno al 65%, sono a Potenza (71,0%), Chieti (70,4%) e L’Aquila (68,9%). In circa una capitale su quattro si riscontra una situazione infrastrutturale più favorevole, con perdite inferiori al 25%.

Ma perché si verificano queste perdite?

Di fronte a questi numeri viene da chiedersi quali siano le ragioni dietro uno spreco così considerevole di una risorsa vitale, soprattutto in un contesto come quello della crisi climatica. Le perdite complessive di rete sono imputabili, spiega l’Istat, a diversi fattori:

  • quelli che definisce “fisiologico”, presente cioè in tutte le infrastrutture idriche in quanto non esisterebbe un sistema a perdita zero
  • rotture delle tubazioni e invecchiamento degli impianti
  • fattori amministrativi, dovuti ad errori di misurazione dei contatori e ad usi non autorizzati, come connessioni non autorizzate

“Va considerato – precisa l’Istat – che le variazioni rilevate possono dipendere non solo dallo stato delle reti, ma anche dalle variazioni nelle modalità di calcolo dei volumi consumati ma non misurati al contatore, dalla crescente diffusione degli strumenti di misurapiù efficaci nell’evidenziare situazioni critiche, situazioni contingenti e cambiamenti gestionali che possano modificare il sistema di contabilità dei volumi”.

D’altro canto, dove si registra una riduzione delle perdite è dovuta principalmente alle attività di riorganizzazione della rete di distribuzione in microaree omogenee, i distretti idrografici nelle cosiddette distrettualizzazioneche hanno consentito di ridurre le pressioni di esercizio e di individuare perdite nascoste: tra queste anche Roma e Como.

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Acqua purificata

18.042 Nel 2020 erano attivi sul territorio nazionale 18.042 impianti di depurazione delle acque reflue urbane: il 56,3% è costituito da vasche Imhoff e impianti di tipo primario, il 32,5% da impianti con trattamento di tipo secondario e l’11,1% di tipo avanzato. Questi impianti sono stati progettati per trattare un carico massimo complessivo di inquinanti organici biodegradabili pari a 107 milioni di abitanti equivalenti. Tuttavia, l’effettivo carico inquinante medio confluito negli impianti corrisponde a circa 67 milioni di abitanti equivalenti totali, di cui il 29,2% depurato con trattamento di tipo secondario e il 65,2% con trattamento di tipo avanzato.

6,7 miliardi di metri cubi Il volume totale delle acque reflue che affluiscono in tutti gli impianti di depurazione in esercizio è pari a 6,7 ​​miliardi di metri cubi. Ma se l’acqua potabile fornita agli utenti finali e scaricata, nella maggior parte dei casi, nella pubblica fognatura è di 4,7 miliardi di metri cubi, come è possibile che il valore delle acque reflue sia significativamente maggiore? Questo perché parte dei rifiuti confluisce anche nella rete fognaria comunale rifiuti industrialidiversi fiumi sepolti nelle aree urbane e il acque parassitecioè quelle infiltrazioni nelle acque reflue, che possono provenire da acque superficiali, sotterranee, scarichi non autorizzati o perdite da acquedotti.

70% Il 70% del volume immesso nei depuratori, corrispondente complessivamente a 4,7 miliardi di metri cubi (poco sotto il volume del Lago di Bracciano), subisce un trattamento avanzato, producendo acque reflue con un livello di qualità migliore rispetto ad altri tipi di trattamento, per la maggiore riduzione dei carichi inquinanti. Questo volume potrebbe quindi essere riutilizzato per l’irrigazione e per usi industriali. Secondo il nuovo regolamento comunitario sulla gestione e il trattamento delle acque reflue – approvato dal Parlamento lo scorso 10 aprile e in attesa di approvazione formale da parte del Consiglio –, entro il 2045, il trattamento quaternario, in grado di eliminare un ampio spettro di microinquinanti, sarà obbligatorio per tutti gli impianti superiori a 150mila abitanti equivalenti, ma anche oltre 10mila abitanti equivalenti sulla base di una valutazione del rischio.

27% Gli impianti avanzati della sola Lombardia trattano il 27% del volume totale di acqua, ovvero 1,3 miliardi di metri cubi. Tutte le altre regioni contribuiscono con quantità inferiori al 12%: Lazio con l’11% e 529 milioni di metri cubi, e Piemonte con il 10% e 476 milioni di metri cubi. La Lombardia, invece, ha il maggior numero di depuratori a trattamento avanzato: il 19% del totale.

VOLUME DI ACQUE REFLUE CONFLITTE NEGLI IMPIANTI DI DEPURAZIONE ACQUE REFLUE
Volume di acque reflue che affluiscono agli impianti di trattamento delle acque reflue urbane per regione. Anno 2020, valori assoluti in migliaia di metri cubi. Fonte ed elaborazione grafica: Istat, Censimento delle acque ad uso civile

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