corsa contro il tempo in una Sicilia che deve cambiare ritmo e mentalità – .

corsa contro il tempo in una Sicilia che deve cambiare ritmo e mentalità – .
corsa contro il tempo in una Sicilia che deve cambiare ritmo e mentalità – .

Le alte temperature degli ultimi anni hanno prosciugato i bacini artificiali, rendendo la situazione idrica tutt’altro che idilliaca. E considerando le condizioni di disponibilità idrica con cui la Sicilia dovrà fare i conti nel prossimo futuro, rispetto alle precipitazioni medie, la crisi comincia a diventare strutturale. Se prima sapevamo che pioveva una certa quantità di acqua piovana, intorno ai 700 millimetri, ora il dato è cambiato notevolmente, scendendo a 400 millimetri di acqua. Ad una minore quantità di pioggia corrisponde una minore quantità di acqua disponibile nei bacini artificiali, una minore ricarica delle risorse idriche e così via.

Di fronte a una riduzione significativa dei dati relativi alle precipitazioni medie negli ultimi 10 anni, cosa sta facendo la Regione per rafforzare le infrastrutture idriche e invertire questa tendenza dannosa? L’Assessorato regionale ai Servizi di Pubblica Utilità, guidato da Roberto Di Mauro, non sta certo a guardare.

Inutile negare che il futuro non è roseo, ci saranno situazioni di emergenza uniche su tutto il territorio regionale e non sarà possibile assicurare acqua per l’irrigazione dei campi, per la produzione e quasi certamente anche per il mantenimento dei impianti. Per quanto riguarda la disponibilità di acqua potabile, vi sono zone, soprattutto nel nisseno e nell’ennese, che dipendono da due bacini artificiali che presentano una particolare carenza idrica, in particolare il bacino di Fanaco, dove sono già in vigore importanti restrizioni in termini di di fornitura, riduzione di circa il 35% nella fornitura di quantità d’acqua. Una riduzione che si traduce in una forma di razionamento idrico abbastanza pesante e che è stata effettuata con l’obiettivo di prolungare la disponibilità di acqua all’interno degli invasi e di non lasciare le città a secco, in attesa di una serie di opere sostitutive dell’indisponibilità di acqua che la Sicilia sta attualmente vivendo.

Il piano è quello di realizzare opere in tempi rapidi e molte di queste sono già in fase di ultimazione, finalizzato ad individuare nuove risorse per colmare le carenze. Sulla base della dichiarazione dello stato di emergenza e del finanziamento messo a disposizione dallo Stato che vale 20 milioni e che probabilmente verrà incrementato a breve, la Regione ha presentato un piano di lavori che potranno essere tutti realizzati in tempi brevi, da due a cinque. mesi al massimo e che mirano a ottenere risorse idriche che fino a poco tempo fa non venivano utilizzate o non erano disponibili.

Contestualmente l’assessorato regionale ha programmato altri interventi sulla base delle risorse messe a disposizione, prevedendo interventi per migliorare le dighe e riempirle completamente E In programma anche nuovi dissalatori, in queste ore l’unica risorsa idrica che certamente possediamo e che dovrà essere pienamente sfruttata per la prossima stagione estiva e per quelle che verranno, se pensiamo che la Sicilia dovrà fare i conti anche in futuro con la perdurante assenza di piogge e la strategia dovrà necessariamente cambiare .

La Regione ha previsto tre impianti da collocare nei siti tradizionali di Trapani, Gela e Porto Empedocle. Aree dove furono localizzati altri impianti che oggi non hanno più ragione di esistere perché avevano un impianto che poteva andare bene 30 anni fa, con costi di gestione non indifferenti e che comunque non sono adatti oggi, considerando che la vita media di un dissalatore è 10 anni. Ma il punto resta sempre uno: quali fondi sono disponibili?

Siamo nella fase di chiusura della programmazione 2021-2027, in campo i fondi FSC, poi il Pr FESR 2021-27, il Piano operativo complementare. Piani economici che offrono sicuramente cifre importanti. Tuttavia, in termini numerici siamo ancora lontani da quanto sarebbe necessario per garantire la vera risoluzione definitiva del problema, O l’eliminazione capillare delle perdite sulla nostra rete di distribuzione idrica a causa di infrastrutture molto vecchie che compromettono l’utilizzo delle risorse idriche: circa il 50% di queste va disperso nel sottosuolo. Nel tempo sono stati fatti molti investimenti, ma visto lo stato di degrado delle infrastrutture, le risorse spese, seppur numerose, non sono state sufficienti a risolvere il problema e a garantire l’ordinario. In Sicilia, solo per la rete di distribuzione, servirebbero circa 8 miliardi di euro per contrastare l’emergenza idrica e garantire l’approvvigionamento alla popolazione. Ma manca la disponibilità finanziaria, così come manca il tempo.

Anche il modello di gestione del servizio portato avanti dai Comuni non ha dato i suoi frutti. Nelle aree in cui non esiste un manager, la governance è carente. Difficilmente i Comuni riusciranno a gestire in modo ottimale l’emergenza, difficoltà legate ai problemi di bilancio e a quelli di riscossione dei tributi. Ciò che è diverso è la gestione affidata.

Entrando nel merito dell’organizzazione dei servizi di gestione delle acque, la configurazione del servizio idrico integrato (SII) in Sicilia organizza il servizio acquedotto in due segmenti: la Superarea, costituita dalle grandi infrastrutture per l’approvvigionamento e il trasporto delle risorse idriche, fornite “all’ingrosso” ad utenze dislocate in diversi territori. Poi eccoli lì le nove aree territoriali ottimali (Ati), coincidenti con i limiti amministrativi delle nove province siciliane e che gestiscono le forniture su scala provinciale o comunale.

I servizi idrici gestiti dall’Assessorato all’Acqua e Rifiuti non finiscono qui, anzi riguardano anche la quasi totalità Dighe siciliane. In particolare, Viale Campania gestisce il servizio idrico integrato come attività gestionale diretta di coordinamento e controllo degli enti provinciali, ossia gli Ati, cioè gli organismi di regolazione che affidano il servizio idrico integrato su base provinciale. In Sicilia è presente anche un’ulteriore società di gestione, siciliano, che ha un rapporto contrattuale con la Regione e quale svolge un’attività superiore a quella dei gestori del servizio idrico integrato.

Tuttaviadal punto di vista della governance il servizio idrico integrato non è ancora completoinfatti ci sono tre tasche cioè la Province di Messina, Siracusa e Trapani dove ancora non esiste un gestore del servizio idrico integrato. Queste tre province sono state poste in commissariamento con l’applicazione di un decreto legge 2022 che prevedeva scadenze per l’affidabilità del servizio idrico. Scaduti i termini, la Regione è stata automaticamente posta sotto commissariamento. Le gare per gli incarichi si sono svolte a Messina e Siracusa. In particolare a Siracusa siamo prossimi all’aggiudicazione e a Messina la presentazione delle offerte scadrà a fine giugno. Il Trapani però ha ancora difficoltà e la situazione è più controversa. Le gare si svolgono sulla base di a documento di pianificazione, il Piano d’Ambito che comprende tutte le opere che dovranno necessariamente essere eseguite e la situazione in termini di disponibilità idrica. All’interno dello stesso documento è presente a piano economico finanziario, lo strumento con cui si verifica il cosiddetto sostenibilità economica del progetto di procedere alla gara per l’affidamento. Un piano d’area per essere attuato deve essere bancabile, e il piano di Trapani non aveva un piano economico adeguato. Ecco perché in quella provincia l’Assessorato alle acque territoriali sta rivedendo il più possibile il piano, probabilmente riducendo gli investimenti previsti, altrimenti sarà impossibile rendere bancabile il piano e consentire così l’avvio delle procedure di gara.

Per quanto riguarda le gestioni affidate, al momento la Sicilia ne conta sei: ce ne sono di consolidate, soprattutto a Enna e Caltanissetta, un’altra più o meno consolidata è quella di Palermo. Il capoluogo siciliano ne fa uso Una cartina che rappresenta un manager radicato nel territorio, la sola rete palermitana vale circa il 70% dell’intera provincia. È chiaro che il panorama infrastrutturale può e deve migliorare, soprattutto per quanto riguarda purificazione. Tuttavia, ci sono anche contesti in cui è stato fatto molto riduzione della dispersione idrica. Importanti lavori sono stati realizzati ad Enna dove il regime di perdita della risorsa idrica è stato ridotto di oltre il 50%. rispetto a quanto avvenuto all’inizio. Un’opera il cui epilogo si è tradotto in minori dispersioni idriche, in minori costi per l’approvvigionamento idrico, in maggiori garanzie sulla qualità dell’acqua stessa erogata ai cittadini, e soprattutto nella garanzia di continuità del servizio nella Provincia di Enna. Ciò non significa che gli interventi da fare finiscano qui, soprattutto per quanto riguarda la depurazione. La Sicilia è sottoposta ad un sistema di procedure d’infrazione comunitarie che non risparmia quasi nessuno dei 391 comuni. Di questi circa 250 sono oggetto di procedure di infrazione. Il commissario nazionale, che ha competenza sulla depurazione in Sicilia, opera tra una serie di difficoltà perché ha ereditato una quantità di lavori da realizzare a costi piuttosto onerosi, e il programma dei lavori costa 2 miliardi e mezzo di euro.

 
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