Nel progetto è coinvolta anche Uniba – .

Aumentare il monitoraggio dei terremoti in Puglia, rafforzando la ‘sorveglianza’ sulla peculiare sismicità del Gargano, ma anche aumentando l’attenzione agli tsunami a causa dell’estesa superficie costiera della Regione e della sua centralità nel Mediterraneo. Così in una nota dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia che sottolinea come per migliorare la riduzione dei rischi derivanti dall’attività sismica sia “fondamentale aumentare il monitoraggio di questi fenomeni comprendendo le dinamiche più profonde del pianeta”. Lo riferisce l’agenzia Dire.

“Tale attività, fondamentale per la ricerca stessa e per la tutela del territorio e delle comunità dal rischio sismico e di maremoto, è stata realizzata – prosegue la nota – attraverso una collaborazione sempre più stretta” tra l’INGV, il Dipartimento di Scienze della Terra e Geoambientali dell’Ateneo di Bari (DiSTEGEO), e l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra) che ha potenziato la rete di monitoraggio sismico e delle maree della zona.

In particolare, attraverso il progetto Pnrr ‘Monitoraggio evoluzione terrestre e tettonica’ (Meet), nelle località di Manfredonia, Rignano Garganico, Chieuti e Ischitella, in provincia di Foggia, sono state implementate alcune stazioni della rete sismica Otrions con l’installazione di sismometri a banda larga, mentre a Lucera, sempre nel foggiano, in continuità con il progetto Pon ‘Infrastrutture di ricerca geoscientifica d’Italia’ (Grint), è stata sostituita e implementata la stazione di monitoraggio, con l’installazione di un sensore di profondità da 30 m. Importanti cambi di ritmo per comprendere meglio come si muove il territorio in superficie, ma anche le caratteristiche più nascoste della crosta terrestre. “I terremoti nel Gargano – spiega Andrea Tallarico, professore dell’Università di Bari Aldo Moro e direttore scientifico della rete Otrions – avvengono a profondità maggiori, fino a 25 km di profondità, rispetto alla sismicità che caratterizza l’Appennino, che solitamente è confinato ai primi 12 km della crosta terrestre. Il motivo per cui ciò accade e le conseguenze, in termini di pericolosità sismica, non sono ancora chiari e le ipotesi sono diverse”.

Fondamentale anche per il territorio pugliese il monitoraggio degli tsunami nel Mediterraneo. Il rischio, infatti, è elevato a causa dell’esposizione alle sorgenti sismogeniche presenti nei mari Adriatico e Ionio, ma anche per la vulnerabilità delle abitazioni civili e delle infrastrutture turistiche in prossimità della fascia costiera, in stretta connessione con l’aumento della densità abitativa nel mesi estivi. E per questo sono state recentemente installate le stazioni mareografiche di Monopoli e Barletta, gestite dal Dipartimento di Scienze della Terra e Geoambientali dell’Università di Bari, e i mareografi Ispra già attivi a Otranto, Vieste, Isole Tremiti e Taranto. da ‘Un nuovo mareografo è installato a Santa Maria di Leuca. “Quanto più intenso è il monitoraggio sul territorio – spiega Alessandro Amato, ricercatore INGV e Responsabile del Centro Allerta Tsunami dell’INGV (Ingv-Cat) – tanto più siamo in grado di fare previsioni sugli scenari futuri. I mareografi posizionati nelle zone costiere ci informano non solo sulle variazioni del livello del mare, dovute a terremoti che si verificano al largo delle coste, ma anche sulle variazioni di pressione dovute a meteotsunami o ad eventuali frane sottomarine che possono generare tsunami”.

 
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