l’arte ad alta quota di SWED ONER – .

© Aiace Bazzana
È una sensazione di movimento ascensionale, quella che si prova guardando la cima del Monte Bianco, e poi di sublime sgomento appena varcata la porta della funivia. Skyway. E così l’ascensione diventa reale, attraverso movimenti rotatori che consentono una visione integrale dell’intera valle sottostante e della rinomata Courmayeur.
All’arrivo in stazione Padiglione l’inimmaginabile. Un’opera d’arte in quota, libera e ribelle all’istituzione museale, che vive e trionfa 2.713 metri in altezza.

È un affresco, o come lo definiamo oggi un “murale”, un’arte che esce dalla strada e ritorna alla strada, ad essa destinata. La cosa più democratica che ci sia. Le caratteristiche di sono riconoscibili Walter Bonattiuno dei più profondi conoscitori del Monte Bianco, uno degli alpinisti più eminenti del panorama mondiale.

© Aiace Bazzana

Quella dell’artista francese ONER SVEDESE è un omaggio. Una dedica al “re delle Alpi”, scomparso nel 2011 a Roma, e un “cadeau” in occasione dell’apertura della stagione estiva 2024 di Skyway.
L’artista di strada, il cui nome di battesimo è Mathieu Taupenas, ha raccontato la genesi della sua carriera.

Un background da skater e ballerino hip-hop. Come ti sei avvicinato alle arti visive? Ci sono alcune di queste esperienze che hai portato nell’arte?

Sì, penso di sì, perché è tutto legato da un filo conduttore, che è proprio la strada. Lo skateboarding è una disciplina che si pratica per strada, oggi dipingo per strada e soprattutto dipingo soggetti che incontro casualmente per strada. Insomma la street art, il mio linguaggio, nasce da lì. Dipingere all’aperto è un atto politico perché permette la democratizzazione dell’arte, che altrimenti rimarrebbe rinchiusa nei musei. Tanto non skateo più, sono troppo vecchio.

Quindi il tuo argomento preferito sono le persone che incontri, ma c’è qualcosa che ti attrae, che te le spinge a sceglierle?

Cerco di rappresentare l’invisibile della nostra società. Ecco perché nei miei lavori troviamo spesso soggetti “deboli”, come gli anziani o i senzatetto. In pratica rappresento tutte quelle persone che non trovano spazio nell’arte istituzionale, coloro che normalmente non sono oggetto di interesse. E sono persone che, come dicevo prima, la strada la vive davvero.

Prima volta in alta quota? Come ti senti a dipingere qui?

Così alto sì. Avevo già dipinto a Chamonix, in Val-d’Isère.
Quando lavoro sono concentrato sulla parete, ma come tutti quando mi giro e vedo il panorama mi sento minuscolo davanti all’immensità della montagna. È un lavoro completamente diverso da qualsiasi altro.

Cosa trovi interessante nel lavorare su questo argomento in questo contesto? Che valore aggiunto ti dà?

La cosa particolare è che sto dipingendo un alpinista nel suo habitat naturale e mentre lo faccio sono solo, insignificante davanti alla montagna. Sto dipingendo qualcuno che qui ha fatto la storia. C’è un parallelo tra ciò che dipingo e me stesso. Bonatti ha fatto innumerevoli scalate sul Monte Bianco e io sto facendo la mia, con la mia arte. L’opera infatti si intitola «Ascensione».

© Aiace Bazzana

Perché questa fotografia di Bonatti?

È un’immagine parlante. Ha raggiunto la vetta e sta guardando ciò che ha appena realizzato. Lo sentiamo in questa immagine. È all’apice della sua arte.

Le condizioni meteo non sono sempre favorevoli, oggi per esempio sono avverse. Come lavori, quali tecniche e strumenti utilizzi per realizzare l’opera? Cambiano in base alla località?

Utilizzo sempre la stessa tecnica. Lavoro con bombolette spray e vernice acrilica. Utilizzo l’acrilico per i dettagli e utilizzo solo il bianco e nero. Ricreo le sfumature del grigio mescolando il bianco e il nero direttamente sulla parete.

Perché dipingi solo in bianco e nero?

È il paradosso della natura umana reso attraverso i due estremi, bianco e nero, che fondamentalmente non esistono. Anche nei miei quadri non troviamo mai il nero o il bianco puro, ma insieme creano un’intera scala di grigi, di tutte le sfumature.

Cosa c’è di reale nelle tue opere? E qual è il risultato della licenza poetica?

C’è solo la verità.
Non so se l’iperrealismo sia interessante, ma non posso fare a meno di dipingere quello che vedo. Parto da un riferimento, che è la fotografia, che generalmente scatto, ma in questo caso ovviamente non è stato possibile. Non intervengo intenzionalmente su questo, ma il mio lavoro sarà sicuramente diverso da quello di un altro iperrealista. La scelta di inquadrare piuttosto che di scattare è già una presa di posizione nei confronti del soggetto.

La tua è un’arte umana. Cosa ti cattura delle persone?

È come se fossero loro a scegliere me e non il contrario. Non puoi spiegarlo, è come un infarto, innamorarsi. E’ proprio così.

Informazione
L’opera potrà essere visionata dal 9 giugno.
www.montebianco.com

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