Pierino Baffi al Tour 6 volte e quella vittoria solitaria entrata nella storia della “Grande Boucle” – .

Pierino Baffi al Tour 6 volte e quella vittoria solitaria entrata nella storia della “Grande Boucle” – .
Pierino Baffi al Tour 6 volte e quella vittoria solitaria entrata nella storia della “Grande Boucle” – .

Lunedì 1 luglio Piacenza ospiterà la partenza della terza tappa del Tour de France 2024, tappa pianeggiante fino a Torino. Cesare Castellani, in attesa dell’evento, ripercorre la storia dei podisti cremonesi che hanno partecipato al Giro. Dopo Tano Belloni (leggi qui) è la volta di Pierino Baffi.

Tra i tanti cremonesi che hanno preso parte al Tour, Pierino Baffi è senza dubbio lui che più di ogni altro ha lasciato il segno nella corsa francese: sei partecipazioni e sei volte il traguardo di Parigi, vincendo anche la tappa finale a Parigi nel 1958 in uno sprint drammatico.

Nato a Vailate il 15 settembre 1930 (curiosamente lo stesso giorno di Fausto Coppi), Pierino iniziò a gareggiare con i colori della Unione Ciclistica

Cremasca: già da dilettante aveva collezionato, grazie al suo avvio veloce, una buona serie di vittorie, ma purtroppo nessuna classica che potesse portarlo all’attenzione dei tecnici delle nazionali: possedeva, oltre alle evidenti doti di velocista, anche una chiara propensione ad attaccare sempre, supportato com’era da una prestanza fisica che gli ha permesso di sostenere a lungo ritmi elevati. Credeva fortemente in se stesso e voleva tentare la carta del professionismo, da indipendente come si poteva fare allora, senza una squadra a sostenerlo: una condizione, però, che durò ben poco, fino al giorno in cui FiorenzoMagni lo notò correre e lo volle subito con sé. Era il 1953 e, alla corte del campione toscano, rimase tre anni, prima di scomparire Gastone Nencini.

Gregario, ma gregario di lusso, spesso con la licenza di vincere. È capace di ottenere successi prestigiosi e di essere, in ogni momento, il fulcro della formazione, l’uomo di punta di tutta la squadra e spesso, non solo in gara.

Era dotato di uno sprint potente capace di rendere la vita difficile anche ai più grandi velocisti dell’epoca: gente come PobleT, Darrigade, Van Steenbergenma anche di imprese solitarie che esaltarono soprattutto il pubblico francese.

Il Tour, infatti, era la sua corsa preferita, quella nella quale ottenne i maggiori successi. Gli piaceva la fatica: le gare più lunghe e dure erano per lui, sia che imperversasse il freddo e la pioggia, sia quando il sole sembrava poter sciogliere l’asfalto. Poi si entusiasmò e fu capace di compiere imprese passate alla storia, come quella di Bordeaux nel 1957, quando si staccò poco dopo la partenza e arrivò al traguardo con 21’48” di vantaggio sul gruppo guidato dal velocista francese André Darrigade (campione del mondo nel 1959). Darrigade, nato vicino al Bordeaux, sognava quel gol fin da quando era un ragazzino che sembrava stregato dalla sua ruota. Fece di tutto per incoraggiare il gruppo ad inseguirlo, ma alla fine fu costretto ad inchinarsi.

«È la prima volta che elogio il vincitore – disse dopo essere arrivato – perché ti assicuro che non siamo andati a fare una passeggiata».

Pierino, infatti, aveva percorso, di corsa, oltre 130 chilometri alla media di 39 orari, una delle imprese rimaste ancora nella storia del Tour. Da quel giorno passarono sette anni prima che Darrigade riuscisse ad imporsi a Bordeaux. Era la 22esima tappa del Tour ed è stata la sua ultima vittoria in carriera.

Tornando indietro nel tempo, all’inizio del Tour, esattamente il 18 luglio 1896 il francese René Pottier (che avrebbe vinto quella corsa) aveva vinto la terza tappa, Nancy-Digione con 47’52” di vantaggio sul connazionale George Passerier e oggi quel record resta ancora imbattuto, ma erano tempi pionieristici, quando le tappe misuravano fino a 400 chilometri e si stava in sella per giornate intere.

Se però guardiamo ai tempi moderni, il record appartiene allo spagnolo Josè Louis Viejo che il 7 luglio 1986 vinse la Montgenèvre-Manosque, staccando di ben 22’50” l’olandese Gerben Karstens”.

Baffi gli si avvicinò moltissimo quel 17 luglio 1957, percorrendo 130 dei 194 chilometri del percorso, in completa solitudine.

La Tour, dunque, fu il grande teatro di Pierino. Allora si correva con le Nazionali e vi arrivò per la prima volta nel 1957, ma subito con grande impatto. Alfredo Binda, Commissario Tecnico della Nazionale, lo aveva notato in un paio di tappe del Giro d’Italia e gli aveva aperto le porte della Nazionale.

Pierino lo ha premiato con una condotta di gara molto generosa. Fu alle dipendenze di Gastone Nencini, ma appena ebbe un momento di libertà dai suoi compiti di gregario, riuscì a vincere in volata l’ottava tappa, Colmar-Besançon.

Dieci giorni dopo compì quel capolavoro che in Francia tutti ancora ricordano andando soltanto da Pau a Bordeaux.

Il 1958 fu il suo anno migliore, stabilendo un vero record che solo due ruote veloci come Miguel Poblet e Alessandro Petacchi trent’anni dopo riuscirono a eguagliare, quello di vincere almeno una tappa in ciascuna delle tre grandi corse europee: Vuelta, Tour e Giro. , in una sola stagione.

Sua al Giro è stata la tappa di San Benedetto del Tronto; in Spagna prima alla Pamplona – Saragozza e alla Santander Gijon, ma è letteralmente esploso al Tour con tre vittorie di tappa tutte da ricordare nella storia della Grand Boucle.

A Beziers, dove l’arrivo si è svolto su una pista sterrata molto difficile da interpretare, è arrivato al traguardo insieme al francese Dacquay. Appena iniziata la volata a due, il francese è caduto malamente e il pubblico ha fischiato il successo di Pierino, finché il francese non si è ripreso e ha dichiarato al pubblico di essere caduto da solo.

Una settimana dopo, a Royan affrontò il traguardo in compagnia di altri 18 corridori e non ebbe difficoltà a regolare tutti nello sprint, ma il suo capolavoro fu nell’ultima tappa, quella che si concluse al Parco dei Principi. Fu la più lunga del Tour, 330 chilometri e Pierino, che fino ad allora aveva accompagnato Favero, secondo in classifica alle spalle di Charly Gaul, ottenne il suo terzo trionfo in quel Tour. E tutti sanno quanto significhi per i francesi vincere l’ultima tappa del Giro di Francia.

È stato uno sprint drammatico, una sorta di resa dei conti tra lui e, ancora una volta, Darrigade. Pierino è stato anche fortunato: è riuscito miracolosamente a schivare il francese quando a pochi metri dal traguardo ha investito il direttore di gara che si era appoggiato alla pista e che non è sopravvissuto all’impatto.

Pierino concluse la sua carriera agonistica dopo il Giro d’Italia del 1965, il suo undicesimo consecutivo. Vinse la prima tappa del Giro nel 1956, la Milano-Alessandria, arrivando al traguardo insieme a Gianni Ferlenghi, amico e avversario di sempre, vestendo anche lui per un paio di giorni la maglia rosa.

Al Tour de France si presentò sei volte senza un solo ritiro e vestì la maglia azzurra, così come al Tour, in tre mondiali: nel ’56 a Copenaghen, nel ’57 a Waregem, nel ’62 a Salò. .

Un giudizio su di lui lo ha dato il suo ultimo direttore sportivo, Luciano Pezzi: «EEra una persona pratica, ma di grande generosità. Proprio per questo ha vinto meno di quanto avrebbe potuto vincere. Lo ricordo per il suo ampio sorriso, poco frequente, e per quei segni di sofferenza provenienti dalla fatica di questo sport, ma anche dalla consapevolezza che la vita non ti regala nulla se non te lo meriti.».

Giudizio corretto perché Pierino ha lasciato un vuoto incolmabile nel ciclismo italiano.

La sua figura di combattente indomabile, la sua immensa generosità nelle corse e nella vita, la sua capacità di interpretare il ciclismo nel modo più corretto, la passione per la formazione dei giovani arrivata dopo il suo ritiro dalle corse, lo avevano reso una delle persone più amate nel mondo. delle due ruote e il suo esempio, seguito dal figlio Adriano e poi anche dai nipoti Stefano e Piero, resta un momento fondamentale nella storia del ciclismo cremonese.

Quando concluse la carriera agonistica nel 1955, all’età di 35 anni, poteva vantare un curriculum ricco di 64 vittorie, di cui 23 a tappe di gare importanti: niente male, a dire il vero, per un corridore che, soprattutto nelle gare nelle tappe e in Nazionale aveva sempre avuto compiti di gregario, anche se, ogni tanto, con il permesso di provare a vincere.

Uomo della sua esperienza, con undici partecipazioni al Giro d’Italia, sei al Tour, quattro alla Vuelta e tre Campionati del Mondo, tutti portati a termine, e con la sua passione per lo sport, non poteva mettersi in ciabatte, ma ha messo tutta la sua esperienza a disposizione di alcune squadre dilettantistiche, ma il destino, purtroppo, non gli ha concesso molto tempo.

A Pierino è dedicato il Velodromo di Crema, quello dove il figlio Adriano e i nipoti sono cresciuti e hanno ottenuto importanti vittorie.

*Nelle foto Pierino Baffi con la maglia dell’Italia al Tour e con Gastone Nencini e Alfredo Binda. Poi ancora Baffi e la drammatica volata di Parigi con Darrigade che viene colpito dal direttore di gara e muore a causa delle ferite riportate e Pierino che miracolosamente riesce a evitare l’impatto e va a vincere. E’ il trionfo dopo la vittoria in solitaria a Bordeaux regalando 21′ al secondo

 
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