“Questa città è il posto giusto per parlare di diritti e inclusione” – .

“Questa città è il posto giusto per parlare di diritti e inclusione” – .
“Questa città è il posto giusto per parlare di diritti e inclusione” – .

‘Le persone’ saranno al centro della quarta edizione di Emergency Festival, anche quest’anno a Reggio Emilia dal 6 all’8 settembre. Tre giorni ricchi di incontri e dibattiti in cui giornalisti, filosofi, scrittori e operatori di Emergency cercheranno di rispondere alle domande e alle sfide della nostra travagliata contemporaneità. Dal 1994 Emergency cerca di garantire il diritto alle cure a chi ne ha più bisogno, ovunque nel mondo, nella consapevolezza che tutti appartengono ad una comune umanità.

Il cuore del festival sarà Piazza Prampolini dove si terranno i Dialoghi tra voci esperte sui grandi temi della nostra epoca. Questa piazza sarà anche il teatro delle (Hi)stories di Emergency, condotte da Giampaolo Musumeci, che racconteranno i progetti dell’associazione in questi tre decenni. Piazza Casotti ospiterà le Questions to Think in cui storici, economisti e giornalisti si dedicheranno a un tema chiave con un intervento di venti minuti mentre a Palazzo dei Musei sarà allestita una mostra che ripercorrerà i 30 anni dell’associazione. Il cortile di Palazzo Ancini, sede dell’Anpi, sarà il palcoscenico del format ‘Make Art Not War’, con incontri dedicati alle connessioni tra arte e conflitti. Cinque incontri organizzati in collaborazione con Il Post si terranno nel portico dell’Università di Reggio e al teatro San Prospero si terrà la rassegna di film e documentari ‘Luci sulle persone’. Alla Biblioteca Panizzi, un mini-festival dedicato a bambini, ragazzi, famiglie e insegnanti, e poi ‘A lezione con Emergency’ nell’aula magna dell’Università, per soddisfare la curiosità di chi vuole conoscere dal vivo l’impegno di una ONG, e ancora in Piazza Frumentaria un’installazione interattiva che sarà anche un esperimento sociale. Non mancherà la spensieratezza con due dj set e uno spettacolo di animazione.

Simonetta Gola è l’ideatrice del festival e responsabile della comunicazione e delle campagne nazionali di raccolta fondi di Emergency, fondata dal marito Gino Strada.

Simonetta, il tema è ‘Persone’. Cosa unisce una persona all’altra e, invece, cosa le divide? Quando ci sentiamo parte di una comunità e quando questa può produrre cambiamento?

“Emergency celebra trent’anni di lavoro dalla prima missione in Ruanda, durante il genocidio. Guardando indietro ci siamo resi conto di quante persone abbiamo curato – oltre 13 milioni -, ma anche di tutte quelle che abbiamo incontrato e che in modi diversi ci hanno permesso di dare una mano a chi ne aveva bisogno. Queste persone si riconoscevano in un’idea semplice: che ogni essere umano ha gli stessi diritti indipendentemente da chi sia, dove sia nato, quanti soldi abbia e per questo ogni essere umano ha il diritto di essere curato quando ha bisogno Esso. Riconoscersi in un’idea e praticarla crea comunità, soprattutto se si tratta di un’idea di giustizia che divide tante cose, ma tutte nascono dalla convinzione che alcune vite in genere valgano meno di altre”.

Reggio è la tua piazza di riferimento. La trovi sempre ricettiva?

“Avevamo scelto Reggio Emilia perché ci sembrava il posto giusto per parlare di diritti, conoscendone la storia e tante esperienze rivoluzionarie, come Reggio Children. Abbiamo incontrato l’amministrazione comunale, in particolare l’allora sindaco Luca Vecchi e Annalisa Rabitti, e siamo rimasti colpiti dal loro impegno per una città aperta e inclusiva. Ci ha subito accomunati un’idea di cultura che è prima di tutto condivisione. E poi la partecipazione di pubblico è stata altissima fin dalla prima edizione: nel 2021 era appena morto Gino Strada. , il nostro fondatore, e sentire l’affetto immediato e spontaneo delle persone che ci circondavano ci ha legato subito alla città.”

Abbiamo due guerre in corso molto vicine tra loro. Seguirai sempre la strada tracciata da Gino Strada: trattare una persona alla volta, senza alcuna discriminazione?

“Non può essere altrimenti. Trattare tutti senza discriminazioni è innanzitutto un fondamento dell’etica medica e un principio dell’azione umanitaria. Tuttavia, sta diventando sempre più difficile. Nei conflitti degli ultimi anni abbiamo toccato con mano due fenomeni: la trasformazione della salute da diritto a servizio acquistabile meglio o peggio a seconda del reddito e la crescente difficoltà di intervenire nelle zone di guerra. Basti pensare che gli ospedali sono diventati bersaglio di operazioni militari, che ai feriti spesso viene negata anche l’evacuazione o che le autorità spesso negano il permesso di ingresso alle organizzazioni umanitarie. Succede oggi in Palestina, ma non è diverso nello Yemen o in Siria”.

 
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