Italia, paese di commercianti. Per rilanciare il settore occorre saper lavorare in squadra – .

Italia, paese di commercianti. Per rilanciare il settore occorre saper lavorare in squadra – .
Italia, paese di commercianti. Per rilanciare il settore occorre saper lavorare in squadra – .

L’Italia è sempre più un Paese a vocazione terziaria. Lo confermano i dati sull’incidenza sul Pil, sugli occupati, sul numero delle imprese, anche se prevalentemente costituite giuridicamente sotto forma di ditte individuali o società di persone. La crescita esponenziale degli ultimi 20 anni del settore terziario, frenata solo dal Covid, trainata dal commercio e dai servizi attrattivi (ospitalità ed enogastronomia), ha di fatto soppiantato il peso del manifatturiero, che però a sua volta, insieme a quello agroalimentare -l’alimentare ha raggiunto picchi particolarmente notevoli nelle esportazioni.

A fronte di un sistema economico vivace e resiliente, imporrebbe alla macchina pubblica un’accelerazione in termini di efficienza e de-burocratizzazione, due capitoli particolarmente tardivi nel seguire le orme dell’imprenditorialità privata, non è un caso che il settore civile e amministrativo giustizia hanno rappresentato per decenni una palla che rotola ai piedi dell’intero sistema Paese, costituendo un fortissimo deterrente all’insediamento e all’operare in Italia. Non è un caso che tutto il Nord, più snello nella burocrazia e dinamico nell’apparato pubblico, guidato da Milano, rappresenti una normalità positiva che non può essere raggiunta nel Centro-Sud e nelle isole, con conseguenti differenze quasi abissali nella qualità della vita e nella per il reddito pro capite.

D’altronde la produttività di ogni settore produttivo e dei servizi ha contribuito, in modo non trascurabile, a rendere problematica la crescita del Pil nell’ultimo quarto di secolo, risultato inferiore di oltre un punto e mezzo a quello tedesco . e francese. Difficile stabilire le percentuali di incidenza del rallentamento causato dall’iperburocrazia e dalla minore produttività. Certamente entrambi sono, insieme alla pressione fiscale, i principali contribuenti al basso reddito pro capite dei dipendenti, che rappresenta 3/4 del patrimonio del nostro Paese, 1/3 del quale faceva parte del ceto medio che si è progressivamente ridotto ad un livello inferiore.

Il lavoro generico, nonostante la continua evoluzione tecnologica, che ha portato prima Internet, con i suoi annessi, è ormai alle soglie dell’intelligenza artificiale. Ciò avrebbe dovuto imporre una trasformazione sistematica dell’istruzione, spostandosi verso una formazione capace di rispondere a una domanda di lavoro più qualificata e legata all’utilizzo dell’innovazione tecnologica. Ma non solo è mancato del tutto un piano di alfabetizzazione digitale a beneficio degli over 60, i quali, oltre ad essere in continua crescita, hanno dovuto improvvisare il passaggio all’era di internet e dei servizi che hanno largamente sostituito le lezioni in presenza. a cominciare da quello bancario, con la chiusura di migliaia di filiali, e la scomparsa della carta, come gli assegni.

Il ritardo nella modernizzazione dell’intero sistema Paese è un’altra causa innegabile dei ritardi, insieme al basso reddito pro capite dei lavoratori occupati e alla scarsa propensione a creare una didattica adeguata al nostro tempo. Il governo Meloni – alle prese con l’insieme dei problemi derivanti dal mostruoso debito pubblico, aggravato dal residuo multimiliardario del 110% – cerca di proporre una linea politica capace di recuperare i ritardi, accelerare la modernizzazione, ridurre la burocrazia e le onere fiscale.

Ed è importante che si concentri sulle alleanze con i rappresentanti dei datori di lavoro e, laddove la retorica non sia ossessivamente contraria, anche su quelle dei sindacati dei dipendenti. La sfida titanica richiede un lavoro di squadra, verso il quale l’Italia e gli italiani sono poco propensi e ricettivi.

 
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