La vendetta del giocoliere | Jean Cocteau al Guggenheim di Venezia – .

Un giocoliere a sei braccia che si destreggia tra diversi strumenti – penna, forbici, pennello e libro – mentre fuma imperterrito una sigaretta: così immortala il fotografo Philippe Halsman Jean Maurice Eugène Clément Cocteau per la rivista “Life” nel 1949, rivelando il talento poliedrico ma anche la versatilità dello scrittore, disegnatore e regista francese. Là Collezione Peggy Guggenheim di Venezia dedica all’artista una grande retrospettiva che prende il titolo dal noto ritratto, Jean Cocteau. La vendetta del giocoliere. Aperta fino al 16 settembre 2024, la mostra presenta oltre centocinquanta opere provenienti da collezioni pubbliche e private che segnano i momenti salienti della sua carriera. Attraverso le sue creazioni che spaziano da opere grafiche e disegni, a libri e produzioni cinematografiche, fino ad arazzi e gioielli, il curatore Kenneth E. Silver ricostruisce l’immaginario di Cocteau nelle stanze di Palazzo Venier dei Leoni, sottolineando come “la sofferenza per l’arte, la tossicodipendenza , oscenità, scandalo… sono aspetti del mito (e della vita reale) di Jean Cocteau”. Definito dai suoi contemporanei come bambino terribileper i suoi controversi rapporti con lo scultore preferito di Hitler, Arno Breker, o per la sua passata dipendenza dall’oppio di cui non faceva mistero, come documentano i vari disegni che traducono in forma visiva sul corpo e sulla mente i sintomi dell’astinenza dalla sostanza psicoattiva , (Oppio – I tormenti dell’astinenza, 1928-1929). La sua poliedrica ispirazione, all’epoca fonte di critiche, tende a sfuggire alle maglie delle rigide classificazioni e dei vincoli stilistici dell’epoca. Cocteau si definisce un poeta, ma è anche un critico e un prolifico autore di testi teatrali.
In mostra alcuni dei suoi volumi più noti, provenienti dall’edizione del 1910 della raccolta di poesie Principe Frivoloattraversando la storia I ragazzi terribili pubblicato nel 1929, fino a quella che è considerata la sua opera più autobiografica, Il Libro Bianco. Stampato in forma anonima per la prima volta nel 1928, il romanzo breve rivela l’interesse di Cocteau per il proprio sesso, opponendosi all’aperta condanna dell’omosessualità nella Parigi dell’epoca, pur astenendosi dall’ammissione pubblica per tutta la vita.

Jean Cocteau. La vendetta del giocoliere – Collezione Peggy Guggenheim – Veduta dell’installazione © Foto Matteo De Fina

La seconda edizione del 1930 comprende una serie di illustrazioni che rivelano la capacità dell’artista di padroneggiare diverse tecniche espressive. I disegni e gli studi che li precedono descrivono visivamente i sentimenti e le esperienze erotiche di giovani che si abbandonano alla passione. Un tema dell’amore omosessuale che ritorna in altre opere, tra cui Coppia di marinai (1947) o Due uomini che si abbracciano (1951), dove i personaggi sono esplicitamente raffigurati nel momento della ricerca del piacere. Già negli anni ’20, l’interesse per la pederastia nell’antica Grecia aveva avvicinato Cocteau al classicismo. Lo studio delle proporzioni dell’anatomia umana nella statuaria greca è visibile in diversi schizzi, come nella rivisitazione di Laocoonte (1932-1935) dove l’artista rappresenta il sacerdote troiano non più circondato da serpenti marini inviati dagli dei per ucciderlo ma da una corda che cinge il suo corpo imponente. Tuttavia, le molteplici incursioni nel mondo antico rivelano un aspetto contraddittorio e anacronistico, a tratti grottesco, come la rilettura del mito delle Baccanti (Baccanali 1925), dove le figure, decisamente caricaturali, cedono ai vizi più effimeri, inebriandosi di libagioni, musica, danza ed eros. I classici rappresentano per Cocteau una forte fonte di ispirazione privilegiata, a filo comune della sua produzione artistica, a partire dalle riscritture delle tragedie greche, tra cui l’Antigone di Sofocle che mise in scena nel 1922 con la collaborazione di Coco Chanel per i costumi e Pablo Picasso per la scenografia. La mostra presenta le suggestive maschere indossate dal coro che Cocteau crea utilizzando materiali di uso comune, come scovolini, perline o bottoni. Ma è soprattutto il mito di Orfeo ed Euridice ad attrarre l’artista che realizzerà diversi adattamenti cinematografici della storia nel corso della sua carriera. Lo specchio, elemento centrale nella leggenda orfica, diventa il soggetto della prima sala, creando un dialogo tra le opere stesse di Cocteau, dall’estratto del film in bianco e nero del 1950 al Lo specchio di Orfeo (1960-1989), e un’analogia con Senza titolo (Orfeo, due volte1991) dell’artista cubano Felix Gonzales-Torres che, secondo il curatore, esemplifica l’interesse che gli artisti queer contemporanei nutrono per l’opera del maestro francese.

Jean Cocteau. La vendetta del giocoliere – Collezione Peggy Guggenheim – Veduta dell’installazione © Foto Matteo De Fina

Cocteau guarda anche al presente, quindi alle avanguardie del primo Novecento, realizzando numerosi ritratti di affiliati ed esponenti del mondo dell’arte e dello spettacolo. Disegna una divertente caricatura pornografica dello scrittore Tristan Tzara, raffigura il pittore Pablo Picasso seduto al Café de La Rotonde, o la stilista e costumista Elsa Schiaparelli con indosso uno dei suoi abiti iconici. Ad accompagnare i ritratti spesso solo abbozzati su carta troviamo una serie di fotografie che immortalano Cocteau insieme a colleghi e amici, come l’attore Jean Marais al Caffè Florian di Piazza San Marco, o il regista Roberto Rossellini in gondola a Venezia, dove trascorre lunghi soggiorni.
Cocteau descrive Venezia come una sorta di città dei sogni, e i suggestivi disegni che realizza trasmettono l’essenza stessa del paesaggio lagunare; l’artista cattura le luci che si infrangono nell’acqua dei canali, le sue maestose architetture come la Basilica della Salute (1959) o l’Abbazia di San Giorgio Maggiore progettata da Andrea Palladio. Il suo rapporto con la città si consolidò grazie all’amicizia con Peggy Guggenheim, visionaria collezionista americana che nel 1938 aveva invitato Cocteau ad esporre nella sua galleria londinese, commissionandogli l’opera La paura dà le ali al coraggio (1938). Bloccato dalla dogana britannica, il grande disegno raffigura un soggetto allegorico che fu censurato per la sua inequivocabile promiscuità nel rappresentare il nudo. Nelle ultime stanze cambia il registro dell’artista; nonostante la produzione mantenga il suo tratto distintivo, il design vira verso il kitsch hollywoodiano di quegli anni; infatti Cocteau, dedicandosi sempre di più alla cultura popolare e ai mass media, ha trasformato la sua arte in un brand. Probabilmente non è più la mano di Cocteau ma bensì il suo studio a concepire le opere che comprendono diversi oggetti, dalle sculture ai gioielli, frutto di collaborazioni con designer internazionali. Del resto Cocteau scrive che “i privilegi della bellezza sono immensi. Agisce anche su chi non se ne accorge”, sottolineando come nel suo universo poetico l’aspetto verbale e quello visivo siano indissolubilmente legati, uno specchio dell’altro.

Jean Cocteau Lo specchio di Orfeo (Miroir d’Orphée) 1960/1989 Bronzo dorato, argento e rame 32 x 20 x 9 cm Edizione Artcurial 1/20 Bruxelles, Collezione Kontaxopoulos Prokopchuk Foto ©[email protected] © Adagp/Comité Cocteau, Parigi, a cura di SIAE 2024.
Jean Cocteau Edipo o l’incrocio delle tre strade (Œdipe ou le carrefour des trois Routes) 1951 Olio su tela 97 x 129 cm Collezione privata © Adagp/Comité Cocteau, Parigi, SIAE 2024.
Jean Cocteau. La vendetta del giocoliere – Collezione Peggy Guggenheim – Veduta dell’installazione © Foto Matteo De Fina
Jean Cocteau. La vendetta del giocoliere – Collezione Peggy Guggenheim – Veduta dell’installazione © Foto Matteo De Fina
Philippe HalsmanJean Cocteau, New York, Stati Uniti. 1949 © Philippe Halsman / Magnum Photos
 
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