tavolo di crisi richiesto dall’associazione apicoltori lucani – .

Il settore dell’apicoltura lucana è “letteralmente a terra”. Dopo due anni di riduzione della produzione, le aziende hanno difficoltà a pagare gli stipendi e i bilanci sono sempre più in perdita, costringendo molti apicoltori a chiudere o ridimensionarsi. In questo scenario l’Associazione Apicoltori Lucani, facendosi portavoce dei titolari delle aziende del settore, chiede un tavolo di crisi all’Assessorato all’Agricoltura della Regione per sostenere e tutelare sia la produzione che il patrimonio apistico. Lo sostiene un documento dell’Associazione Apicoltori Lucani a firma del presidente Nicola Di Nuzzo che, attraverso un rapporto, ha ricostruito quanto sta accadendo nel settore dell’apicoltura in Basilicata nell’anno in corso.

Gran parte del territorio – si legge nella relazione – risente dell’assenza delle piogge dello scorso anno, quindi tutte le fioriture spontanee, come il rosmarino e la sulla, sono praticamente assenti, ad eccezione di piccole zone raffazzonate, quantomeno preziose. al sostentamento delle arnie, ma solo per pochi fortunati. Allo stesso tempo, la registrazione di temperature superiori alla media nei mesi invernali ha comportato una fioritura anticipata in tutto il settore ortofrutticolo, tanto che gli agrumi, che rappresentano il primo importante raccolto di miele dell’anno, erano già in fioritura nella seconda metà dell’anno. Marzo, quando le famiglie non sono ancora pronte per passare al super.

Poi – si legge nel documento firmato da Di Nuzzo – la sconfitta è avvenuta a metà aprile. Il forte abbassamento delle temperature ha letteralmente fermato la produzione di nettare da parte delle piante; le fioriture degli agrumi, poi i fiori dell’acacia, poi ancora il trifoglio, non furono sufficienti nemmeno a soddisfare il fabbisogno degli alveari più popolati di api, che in alcuni casi trovarono la morte. Allora entriamo subito in azione, con alimentazione d’emergenza per gli alveari e per i nuovi nuclei di api. Chi pratica l’apicoltura nomade sposta le api in altre zone, ma il risultato non cambia. Il mese di maggio è stato caratterizzato da picchi di calore e da un consistente deficit piovoso con condizioni di siccità di gravità medio-alta, soprattutto nel lungo periodo. In questo panorama ambientale, l’andamento della produzione mostra, almeno fino ad ora, una situazione piuttosto sconfortante. I raccolti primaverili di miele che precedono la fioritura di acacia e agrumi erano praticamente assenti, salvo qualche eccezione limitata a poche zone su un numero limitato di alveari, dove si ottenevano pochi piccoli raccolti. I raccolti di acacia, soprattutto di miele, fondamentale per il reddito delle aziende, sono estremamente scarsi. Coltivazioni compromesse con rese bassissime anche per il miele di agrumi.

Purtroppo – si legge ancora nella relazione – anche la raccolta del miele di Sulla ha dato risultati molto scarsi, a volte per la mancata emergenza delle piante a causa della siccità invernale, a volte perché nonostante la presenza dei fiori non c’erano le condizioni per la produzione del miele. nettare o per il foraggiamento delle api. Va sottolineato che – aggiunge Di Nuzzo – per mantenere le famiglie in buona salute e in grado di produrre, ma spesso anche per salvarle letteralmente dalla fame per la totale assenza di flussi di nettare, gli apicoltori sono dovuti intervenire con alimenti di soccorso, continuamente e abbondantemente. In alcune aree è stata segnalata una maggiore incidenza di malattie da stress nutrizionale.

Sappiamo bene che lo Stato ha stanziato fondi per il rimborso dei premi assicurativi per i danni da eventi climatici, ma – conclude Di Nuzzo – al momento nessun istituto vuole assicurare gli apicoltori e la loro produzione. Fondamentale quindi l’intervento della Regione.

 
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