Nuova tappa per il progetto Pesaro 2024 ‘La pelle sotto. Decolonizzare Villa Marina’ – .

Nuova tappa per il progetto Pesaro 2024 ‘La pelle sotto. Decolonizzare Villa Marina’ – .
Nuova tappa per il progetto Pesaro 2024 ‘La pelle sotto. Decolonizzare Villa Marina’ – .

3′ di lettura
17/06/2024 – Dopo l’installazione ‘Bagni di Sole’ su una delle facciate di Villa Marina – luogo simbolo della città – e l’inizio del percorso di riscoperta di questo “patrimonio scomodo” che lega Pesaro alla storia di colonialismo e del razzismo globale, dal 17 giugno al 12 agosto il progetto prosegue con una serie di cartelloni urbani intitolati ‘7 Internazionali’ posizionati in altrettante strade: Simoncelli, Albertini, del Lavoro lato rotatoria, Paganini, Togliatti, Velino.

Attraverso immagini e paroleTommaso Fiscaletti e Nicola Perugini generano una nuova possibile lettura dei segni lasciati dall’abbandono dell’imponente edificio. In questa amalgama che attraversa il tessuto della città su grandi cartelloni pubblicitari, il degrado della colonia di Villa Marina diventa – invece che un elemento malinconico e nostalgico della “colonia che fu” – una forza che genera la disgregazione dell’idea di ​colonialismo. Disfare. Intervenire nella memoria collegando “cose che non sono mai state ancora messe insieme e che non sembrano disposte a esserlo”.

Sottolinea il curatore Tommaso Fiscaletti: questo secondo atto de ‘La Pelle Sotto’ rappresenta in qualche modo una sintesi del dialogo tra me e Nicola, la fusione degli strumenti che ognuno di noi utilizza nel proprio lavoro, il nostro tentativo di far emergere memorie e significati che vedono Villa Marina come parte di un argomento attuale e urgente. Le fotografie selezionate provengono da una serie più ampia che ho realizzato negli ultimi tre anni e mezzo e che diffondiamo qui nel contesto urbano. Per noi è importante che il progetto si sviluppi attraverso installazioni pubbliche, per la città e i suoi abitanti: in questo caso entrando nello spazio dei manifesti pubblicitari ci mescoliamo ai messaggi più immediati che essi portano, creando un’interferenza nella fruizione quotidiana dei passanti. Questa interferenza, nel nostro processo creativo, è diventata lo spazio in cui immagini e parole si alterano a vicenda, creando attrito tra consapevolezza ed evocazione. La struttura architettonica della colonia e i segni che porta con sé ne sono l’emblema e creano una sorta di linguaggio da decifrare, di cui, in questi manifesti, immaginiamo i possibili risvolti. Credo che sia proprio l’immaginazione ad aprire nuove occasioni di riflessione.

L’altro curatore continua Nicola Perugini: con questa nuova tappa del progetto cerchiamo di fare un passo avanti dopo aver risvegliato la memoria dei visitatori e della città. Dopo aver riscoperto il legame tra la colonia di Villa Marina, il colonialismo d’oltremare e la storia globale della dominazione razziale, il progetto cerca di lavorare attraverso il testo e le immagini della rovina della colonia per “annullare” la nostra amnesia coloniale. Non c’è trasformazione della memoria collettiva senza la creazione di interruzioni, di scorci che rompono la linearità della memoria che per tanti decenni ha allontanato il desiderio di dominio coloniale fascista per poi ritrovarlo nella discriminazione razziale quotidiana di cui assistiamo nel nostro Paese. Allora il rudere di Villa Marina, che per tanto tempo abbiamo coperto con teli svolazzanti che ci facevano urlare per il senso di degrado che il fantasma della colonia generava, acquista una forza produttiva. Le fotografie di Tommaso generano legami con il leone del deserto libico, Omar El Mokhtar; generano il sovvertimento di concetti cari al colonialismo; generano affetto verso gli oppressi del colonialismo contemporaneo, verso Rafah, la nostra città gemella nella Striscia di Gaza. Dalle rovine di Villa Marina nascono i fiori della decolonizzazione della memoria.

 
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