Cremona – Festival Monteverdi: L’Orfeo – .

Cremona – Festival Monteverdi: L’Orfeo – .
Cremona – Festival Monteverdi: L’Orfeo – .

Un’edizione fondamentale e ricca di appuntamenti intriganti che vede quest’anno il Festival Monteverdi riconosciuto dal Parlamento italiano come evento di assoluto prestigio internazionale, in qualità di direttore artistico Andrea Cigni ha voluto ricordarcelo a inizio serata.

In questo contesto, la rappresentazione delOrfeoche funge da inaugurazione del Festival stesso, può essere considerata una scelta simbolica che volge lo sguardo là dove tutto ebbe inizio, a quel primo vero capolavoro del melodramma italiano in cui il divino Claudio mostrò al mondo le potenzialità drammaturgiche e musicali di questo genere .

Olivier Fredj nelle note di regia si interroga sulla verità e su quanto il nostro sguardo sia capace o meno di modificarlo, proprio come fece lo sguardo di Orfeo, causa indesiderata della morte definitiva di Euridice, che, citando sempre il regista, direbbe quindi simile al gatto del famoso paradosso di Schrödinger secondo il quale solo il momento dell’osservazione mette fine alla coesistenza di molteplici possibilità. È lo sguardo di ciascuno di noi, quindi, che modifica la nostra identità e la nostra visione interiore, è lo sguardo dello spettatore che permette ad una rappresentazione di esistere e allo stesso tempo ne modifica l’essenza.

Il punto di partenza è un punto di vista filosoficamente intrigante, ma che di fatto non si concretizza con grande chiarezza nella sua definitiva realizzazione scenica. Alcuni elementi appaiono evidenti, come l’immagine iniziale di una donna che versa fiumi di lacrime in due bicchieri o la continua presenza dell’occhio nei suggestivi video proiettati sullo sfondo, o lo specchio portato in spalla da Speranza che rimanda immediatamente al doppio tema.

Altri dettagli andrebbero, però, meglio spiegati affinché non appaiano troppo criptici o troppo cerebrali, come nel caso della motivazione che spinge all’uso di abiti diversi per i protagonisti, che vanno dalle tuniche nere ricamate in argento dei pastori, alle tute da lavoro che rimandano all’ambiente teatrale, per arrivare poi all’abbigliamento di foggia seicentesca che caratterizza le anime dell’aldilà.

Rispetto ad una prima parte in cui i movimenti sono ben studiati e calibrati, nella seconda si avverte una certa staticità, come accade ad esempio nella scena di Caronte, che appesantisce un po’ l’esecuzione.

La scenografia è semplice e lineare Tommaso Lauretche consistono essenzialmente in quinte che richiamano architetture stilizzate le cui arcate si abbassano nel momento del transito dal mondo dei vivi a quello dei morti, fino al raggiungimento dell’apoteosi finale che avviene su un palcoscenico vuoto.

I toni del nero e del grigio dominano tutto, ad eccezione di alcuni sprazzi di colore che caratterizzano il mondo degli inferi, generando nello spettatore un desiderato senso di oppressione.

La lettura della partitura di Monteverdi offerta da è di grande qualità Francesco Corti al timone di Pomodoro soprattutto per quanto riguarda la varietà dei tempi utilizzati, ora più dilatati, ora più serrati, che gli hanno permesso di sviscerare appieno tutta la densità e la centralità della parola in musica. È evocativo per la ricchezza di timbri e di accenti che mette in risalto la triste dolcezza che permea l’intero dettato musicale, esaltandolo nella giusta misura.

Sul palco tanti vincitori del primo Concorso Cavalli Monteverdi 2023 tra cui spicca Marco Saccadin che veste i panni di un intenso Orfeo, dal piacevole timbro vocale brunito, sempre supportato da una tecnica solida e da una grande fluidità di emissione.

Voce cristallina seppure con un suono non prorompente Jin Jayu, che si cimenta nel doppio ruolo di La Musica ed Euridice. Ottima La Messaggera Margherita Sala che esibisce uno strumento ricco di armonici, interessante nel colore e sa caricare la sua interpretazione con la giusta intensità e pathos.

Accanto a loro la Proserpina e il Plutone PaolaValentina Molinari E Rocco Liaentrambi ben focalizzati, così come il Caronte con i suoi bassi espressivi e profondi Alessandro Ravasio.

Bene La Speranza interpretata da Laura Oruetala Ninfa più che discreta Emilia Bertoliniconvincente Giacomo Nanni che interpreta il triplice ruolo di Apollo, Pastore 4, Spirito 3.

Degni di nota sono anche i test di Roberto Rilievi (Pastore 1, Spirito 1), Matteo Straffi (Pastore 2, Spirito 2), Sandro Rossi (Pastore 3).

Una menzione speciale non può che andare a Coro Monteverdi Festival – Cremona Antiqua che si distingue per l’altissimo livello di interpretazione, precisione e straordinaria compattezza.

Il pubblico ha riscosso un grande successo e ha tributato sinceri applausi a tutti gli artisti, sia della parte vocale che strumentale, nonché al regista e ai suoi collaboratori.

La recensione si riferisce allo spettacolo del 14 giugno 2024.

Simone Manfredini

 
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