Il ruolo dell’assistenza domiciliare: le “Rsa aperte” in Regione Lombardia

Il ruolo dell’assistenza domiciliare: le “Rsa aperte” in Regione Lombardia
Il ruolo dell’assistenza domiciliare: le “Rsa aperte” in Regione Lombardia

Il rafforzamento dell’assistenza domiciliare è uno dei pilastri su cui si fonda la riforma dell’assistenza alla non autosufficienza nonché un elemento chiave per il riordino della medicina territoriale.
Più nello specifico, il Pnrr, che ha costretto l’Italia ad adottare sia il decreto ministeriale 77/2022 che ridefinisce i luoghi della sanità territoriale, sia la cosiddetta legge 33/2022. “legge anziani”, ha previsto un finanziamento in parte corrente per garantire l’assistenza domiciliare al 10% della popolazione ultrasessantacinquenne.
Al di là dell’evidenza che prendersi cura del 10% di un quarto dell’intera popolazione italiana attraverso un sistema organizzato di servizi domiciliari sia forse più una mera dichiarazione di intenti sottesa ad un obiettivo preminente di territorializzazione sanitaria, l’elemento di maggiore interesse è comprendere quale tipologia di asset di servizi domiciliari sono presenti e prevedibili che rispondono ai bisogni differenziati della popolazione target.
È chiaro, infatti, che una persona sopra i sessantacinque anni ha esigenze sostanzialmente diverse rispetto a una persona sopra i settantacinque anni e oltre.
Nella migliore dottrina di politica sociale si ritiene che gli obiettivi strategici dell’assistenza domiciliare debbano ispirarsi ai seguenti principi:
1. Creare risposte unitarie per il cittadino per superare la separazione tra gli strumenti a disposizione. Attualmente le risposte ai bisogni di assistenza domiciliare vengono soddisfatte dal sistema di welfare pubblico attraverso due strumenti: il SAD dei Comuni e l’Adi (Assistenza domiciliare integrata, ora Assistenza domiciliare) del sistema sanitario regionale; in particolare, e parte principale di questo articolo, negli ultimi 10 anni la Regione Lombardia ha integrato il panorama dei servizi domiciliari attraverso le RSA Aperte. Una misura che prevede che le oltre 700 RSA presenti in Lombardia siano in grado di rispondere potenzialmente a una popolazione ancora domiciliare con un’età media di circa dieci anni più giovane e un livello di comorbilità inferiore rispetto alla popolazione delle RSA (vedi slide 1 dove si si evidenzia l’età al ricovero in costante aumento dei circa 60.000 ricoverati nelle RSA della Regione Lombardia);
2. Progettare e articolare interventi secondo nuove modalità che pongano al centro della valutazione dei bisogni sanitari, socio-sanitari e sociali il lavoro di un team multidisciplinare e interistituzionale. Offrire agli anziani e alle categorie vulnerabili il giusto mix dei diversi servizi di cui necessitano a domicilio, avvalendosi anche di operatori socio-sanitari con competenze specifiche nell’asset residenziale (vedi slide 2);
3. Puntare a creare servizi di assistenza domiciliare innovativi e di qualità, grazie all’introduzione dell’uso di tecnologie che arricchiscano e non privino i contatti e le relazioni umane, offrendo un valore aggiunto che possa essere apprezzato dal cittadino. Un utilizzo integrato di strumenti digitali innovativi insieme alle modalità “classiche” di erogazione dei servizi consentirà di raggiungere obiettivi importanti quali l’incremento del numero dei beneficiari, l’incremento del numero di visite/accessi per utente (=intensità) e della durata nel tempo (la prospettiva deve essere quella della long term care, cioè cure per molti mesi e anche anni). In questa prospettiva risulta di fondamentale importanza l’utilizzo dell’asse Pnrr sulla digitalizzazione e lo sviluppo della telemedicina e, per le patologie croniche, a maggior ragione del telemonitoraggio.
Ed è in linea con queste premesse che la misura Open RSA ha visto una crescita significativa, soprattutto negli ultimi anni (slide 3).
Le Rsa Aperte è una misura introdotta dalla Regione Lombardia nel 2013 che si rivolge agli anziani affetti da demenza e alle persone non autosufficienti di età superiore ai settantacinque anni, con l’obiettivo di fornire servizi socio-sanitari agli anziani a loro residenze normalmente disponibili solo all’interno di una Rsa: un provvedimento che porta letteralmente le Rsa nelle case degli anziani, mettendo a disposizione dei territori le loro professionalità e la loro esperienza assistenziale.
Le ragioni di questo crescente interesse sono molteplici: dal lato della domanda ci sono i dati relativi all’invecchiamento della popolazione e alla crescita delle demenze, dal lato dell’offerta c’è l’evidente beneficio indotto dalla disponibilità di un servizio che contribuisce concretamente a prevenire e/o rinviare i ricoveri in strutture residenziali.
Nel 2024 Regione Lombardia ha allineato le retribuzioni delle prestazioni individuali a quelle del consolidato servizio Adi (ora assistenza domiciliare), riconoscendo così il valore di una misura che sostiene l’anziano e la sua famiglia all’interno del proprio contesto abitativo e utilizzando gli appositi fondi Pnrr per implementare tariffe e numero di servizi
Tali azioni confermano il ruolo che questa misura può e deve poter svolgere all’interno dell’assistenza sanitaria territoriale attraverso professionisti appositamente formati che entrano nelle case degli anziani fragili, supportandone il percorso di cura e monitorando costantemente l’evoluzione dei bisogni.
Soprattutto, in termini di ripetibilità, questa tipologia di servizio indica la possibilità di uscire da una logica di contrapposizione tra residenza in Rsa e residenza a domicilio, analizzando i bisogni dell’anziano assistito in termini di appropriatezza e comprendendo come il continuum di la cura passa dalle mura domestiche sia in termini di performance, attraverso professionisti socio-sanitari abituati anche a elevata complessità, quando con percorsi di adattamento domotico o con le nuove tecnologie che consentono, ad esempio, il controllo dell’aderenza terapeutica da remoto.

* Presidente Uneba
**direttore sociale della Fondazione Sacra Famiglia

 
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