Editoriale/Amministrativa 2024, Gela come metafora – .

Editoriale/Amministrativa 2024, Gela come metafora – .
Editoriale/Amministrativa 2024, Gela come metafora – .

Le reti nazionali – il servizio pubblico è molto pigro e in ritardo, tanto da far pensare male – hanno dato notizia dell’esito delle elezioni amministrative nel capoluogo, Caltanissetta, ma nulla su Gela, nonostante a Gela voti il ​​maggior numero di elettori della provincia di Caltanissetta.

La visione burocratica dei media suscita perplessità, il recente voto di Gela rappresenta la metafora, divenuta centrale, del dibattito politico impropriamente aperto dal secondo funzionario dello Stato, il catanese Ignazio La Russa, sull’insopportabilità del ballottaggio e sulla necessità di toglierlo di mezzo, a causa prima, a suo avviso, dell’aggravarsi di un fenomeno, l’astensionismo, dannoso per la democrazia.

Il voto di Gela conferma un dato nazionale, ovvero che al secondo turno aumenta il numero degli astenuti, ma dimostra anche che gli elettori, spogliati della loro appartenenza e privati ​​del loro candidato preferito, scelgono liberamente il profilo del sindaco.

È per questo motivo che gli elettori più vicini al centro-destra, che al primo turno avevano dato gran parte del loro appoggio a un vecchio militante di Fratelli d’Italia, Totò Scerra, hanno preferito il candidato sindaco del centro-sinistra, Terenziano Di Stefano.

Il rammarico di La Russa è comprensibile, che scruta il mondo dalla prospettiva della sua appartenenza e non dalla piattaforma di comando dello Stato, ma del tutto irragionevole, perché mettere sul banco degli imputati la scheda elettorale come causa dell’astensionismo è come affermare che la terra è piatto e gli uccelli preferiscono usare le zampe piuttosto che le ali.

Un episodio su cui riflettere riguarda le applicazioni di genere. Non è vero, come dimostra il risultato elettorale, che le candidate donne “tirano” più dei candidati uomini a prescindere; i candidati hanno successo se il loro profilo è convincente e meritano la fiducia dei cittadini.

Quando vincono, e ci sono riusciti in molti Comuni in questa tornata elettorale, vuol dire che avevano le carte in regola per conquistare la fiducia. La carta di Grazia Cosentino non era quella giusta, secondo il parere degli elettori gelesi. Il genere non ha nulla a che fare con il verdetto.

Altri elementi sull’esito del voto di Gela vanno osservati con interesse, anche se apparentemente sembrano appartenere alla particolare realtà locale. Riporto due episodi, a mio avviso emblematici dell’attuale momento politico e del carattere peculiare dei concorsi amministrativi.

L’assenza di Angelo Caci, il nuovo consigliere comunale, il più sostenuto, dal palco della candidata sindaco Grazia Cosentino, preoccupa gli animi e scuote i sentimenti di chi ha partecipato alla campagna elettorale con fervore e giustificato interesse.

Non minore apprensione ha destato, all’indomani del verdetto delle urne, l’endorsement di Totò Scerra, candidato sindaco uscito dalla contesa elettorale con un consenso altissimo, a favore di Cosentino. Nel primo caso, l’assenza è stata frettolosamente giudicata una diserzione, nel secondo l’endorsement è stato giudicato severamente: visti i risultati, i voti ottenuti da Scerra al primo turno, oltre il 21 per cento, sono andati altrove o sono rimasti…a casa al ballottaggio.

I due episodi, al di là dei fatti, offrono un’interpretazione insolita (ma tutt’altro che unica) dell’esito della campagna elettorale, che ha incoronato Terenziano Di Stefano primo cittadino di Gela a scapito della favoritissima Grazia Cosentino, candidata dell’intero schieramento. del centrodestra, al netto delle laceranti divisioni interne.

L’ipotesi più dispettosa vuole che Angelo Caci, considerato il più influente sostenitore di Grazia Cosentino, probabilmente al di là delle sue reali potenzialità, abbia percepito per tempo il clima sfavorevole per la candidata alla vigilia dell’apertura delle urne, e abbia fatto un passo indietro formale per ricomporre l’immagine di un manager di talento e di un imprenditore di successo, rimasto esageratamente invischiato nel conflitto politico.

Altrettanta considerazione merita il 21 per cento di voti conquistato con la sua lista e con merito al primo turno dal candidato sindaco (uscito al primo turno) Totò Scerra. Dov’è finita la massa di consensi data a un militante di destra molto accreditato nella sua zona? L’idea che Scerra abbia barato, il sospetto è legittimo, è suggestiva, ma è una caccia alle streghe.

È molto probabile, anzi metterei la mano sul fuoco, che Totò Scerra non si sia stracciato le vesti in favore di Grazia Cosentino e che il suo testimonial in suo favore sia parte di un rito di devozione all’area di appartenenza politica, Fratelli d’Italia, ma niente di più. Non avendo il cuore al comando, il giovane, trattato come un pesce in faccia dalla sua parte politica, che gli preferiva Grazia Cosentino, non ha trovato motivazioni sufficienti, soprattutto dopo il (presunto) rifiuto di partecipare al ballottaggio.

I seguaci più vicini a Scerra? È probabile che in qualche misura siano rimasti a casa, abbassando il quoziente di voti a favore dell’avversario; altrettanto probabile che un gruppo numeroso abbia scelto il candidato di centro-sinistra. Se così fosse, e Gela è una metafora dell’attuale momento politico, è necessario riflettere sulla sopravvivenza (o meno) delle appartenenze politiche e sul valore ormai decisivo del profilo della leadership.

In un contesto più ampio, l’assenza del vincitore delle preferenze Caci dal palco del candidato sindaco Cosentino, appare un episodio di modesta rilevanza, da tenere nell’ambito delle convenienze e delle valutazioni strettamente personali, mentre il cluster di voti dispersi o passati nel campo degli avversari tanto da raddoppiarne la percentuale, costituisce un fatto politico di grande rilevanza.

Le società evolvono, così come le idee. Le innovazioni tecnologiche hanno costruito un palcoscenico universale per la leadership, a ogni livello. Il rapporto tra chi vota e chi è votato è diretto e prevalgono fattori legati alla realtà cittadina, ma l’immagine conta più del programma. Non serve altro che visibilità, nemmeno l’incoerenza politica intacca il consenso.

Quando un politico cambia spesso posizione, può essere percepito come opportunista o inaffidabile, ma se mantiene le stesse posizioni, può apparire rigido e disconnesso dalla realtà attuale. L’incoerenza è un’arma a doppio taglio. Può rappresentare adattabilità, compromesso ed evoluzione, ma può anche rappresentare perdita di fiducia, instabilità e sfruttamento.

Cosa deve aspettarsi Gela dalla nuova amministrazione civica? Niente e tutto, verrebbe da dire. È del tutto insensato aspettarsi l’El Dorado, ma è solo dannoso mostrare uno scetticismo esasperato. Concedere la fiducia è essenziale. Quello che ci si può e si deve aspettare è il ritorno alle regole.

La macchina burocratica del comune di Gela si è inceppata, gli amministratori finora non se ne sono accorti. Regna l’anarchia, il lascia fareabuso. E le migliori risorse della comunità vengono lasciate ai margini. Recuperare la buona amministrazione quotidiana, il rispetto delle regole, la partecipazione, sarebbe un buon inizio.

 
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