“Chi non rispetta le regole rischia di essere ucciso” – .

“Chi non rispetta le regole rischia di essere ucciso” – .
“Chi non rispetta le regole rischia di essere ucciso” – .

REGGIO CALABRIA Fu catturato nel 2021 insieme al super boss della ‘ndrangheta Rocco Morabito. Ora Vincenzo Pasquino, classe 1990, nato e cresciuto a Torino, ma considerato un esponente di spicco dell’organizzazione criminale calabrese, ha deciso di collaborare con la giustizia. Nel corso del processo è stato depositato il verbale contenente le dichiarazioni rese davanti ai magistrati della DDA di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo e Diego Capece Minutolo “Eureka” in corso a Locri in via ordinaria e a Reggio Calabria in via abbreviata. La maxi operazione ha visto la collaborazione delle DDA di Reggio Calabria, Milano e Genova, di investigatori di Germania, Belgio e Portogallo e ha smantellato un’organizzazione transnazionale dedita al riciclaggio di denaro, al traffico di droga e di armi in tutto il mondo, colpendo in particolare le cosche Nirta-Strangio di San Luca e Morabito di AfricoL’inchiesta, secondo quanto emerso, ha toccato i vertici dell’organizzazione criminale, permettendoci anche di ricostruire la natura latitante del super boss Rocco Morabitoconosciuto come “Tamunga” dopo essere scappato dal carcere di Montevideo, Uruguay, nel 2019.



Le “regole” del narcotraffico sono nei verbali

«Una famiglia calabrese che consegna un carico di cocaina a Gioia Tauro è tenuta a darne comunicazione alle altre famiglie. Solo se le famiglie importanti non sono interessate all’acquisto di una quota del carico, questo può essere offerto ad altre persone. Chi non rispetta questa regola rischia di essere ucciso o di essere “spogliato” nel senso di essere escluso da qualsiasi attività o di essere privato di protezione», ha detto Vincenzo Pasquino, che parlando dei suoi rapporti con le famiglie di ‘ndrangheta ha spiegato: «I rapporti tra il mio gruppo e la Nirta di San Luca sono iniziati nel 2017 perché avevamo bisogno di una “scalata” dai porti del Brasile (…) Dopo la frattura tra noi e i Platiotes, di cui ho parlato in un precedente reportage (…) ci hanno chiesto di trovare persone serie con cui lavorare. È in questo momento, come ho già spiegato, che sono iniziati i rapporti con il gruppo di Nirta». E ancora: «Il mio compito era garantire il passaggio dei soldi. Il 50% della cocaina (…) arrivato a Gioia Tauro è stato venduto dal gruppo San Luca (prevalentemente al Nord Italia e alla Sicilia) (…) ci vendeva cocaina a 5000/5500 euro al kg, che diventavano 7.500/7.000 euro con il prezzo della salida”.

«Abbiamo dovuto trasformare la droga in piastrelle»

Entrando nei dettagli di una spedizione di droga, l’ex latitante racconta poi: «In quell’occasione (…) mi ha raccontato che alcuni colombiani avevano dei soldi da alcuni suoi parenti calabresi che vivono in Australia e poi mi chiese se avevamo la possibilità di spedire cocaina in Australia. passando per Singapore. Ho parlato con noi e abbiamo creato un gruppo con le chat australiane del PGP in cui ero (…) gli australiani parlavano in inglese. Avremmo dovuto prendere la droga dai colombiani che erano in contatto con gli australiani e trasformarla in mattoni di un metro per un metro. Era cocaina in blocchi (hanno mandato una foto della droga che aveva il marchio “MTM” o forse “TMT” in confezioni marroni)Il problema però nasceva dal fatto che per trasformare i blocchi in piastrelle, la merce avrebbe dovuto essere sminuzzata, con il rischio che si trasformasse in gesso, mentre in Australia serve solo la “scala”.. A questo punto ho proposto di non trasformare i farmaci e di inviarli così come erano a Goia Tauro in un carico di banane”. “Persone di (…) – conclude – sono andati a Guayakquil per prendere la droga dai colombiani. Ho avuto contatti con loro tramite SkyEcc per organizzare la consegna ma non ricordo il loro soprannome. Ho lavorato con loro solo in quell’occasione”. ([email protected])

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