La Calabria è la regione dove si registra la più alta presenza di lavoro irregolare in Italia, con il 19,6 per cento di lavoratori irregolari in rapporto al totale degli occupati e rispetto alla media nazionale dell’11,3%. (117.400 unità) nel sud. Un podio, in negativo, condiviso con la Campania, seconda, che arriva al 16,5% e la Sicilia, terza, con il 16%.
Lo afferma uno studio su dati Istat della Cgia di Mestre, secondo cui circa il 35% di questo valore aggiunto prodotto dall’economia sommersa è attribuibile alle regioni del Sud.
Un sistema, stima la Cgia, che coinvolge poco meno di 3 milioni di persone nel Paese; anche in questo caso il Sud è l’area geografica che presenta la percentuale più alta, il 37,2% del totale. Il fenomeno è però esteso anche al Centro-Nord e registra una presenza record soprattutto nel settore dei servizi alla persona (colf, badanti). Il tasso di irregolarità in questo settore raggiunge il 42,6%. Al secondo posto i lavori agricoli (16,8%), al terzo l’edilizia con il 13,3%. Quelli appena citati sono alcuni flash emersi da un’analisi condotta dall’Ufficio studi della CGIA.
Il valore aggiunto prodotto nel 2021 dal lavoro irregolare in Italia è stato pari a 68 miliardi di euro, di cui 23,7 miliardi al Sud, 17,3 al Nordovest, 14,5 al Centro e 12,4 al Nordest.
