VENAFRO – In una piazzetta gremita dell’Annunziata si è svolta la settima edizione della ‘La notte della poesia’ con Franco Arminio conquista la città.
Un’edizione portentosa quella che si è svolta ieri sera nella Piazzetta dell’Annunziata, grata di aver riscoperto per qualche ora la vitalità e l’energia che l’accompagnavano in tempi passati, quando il centro storico era crocevia di vite, di voci, di storie.
L’Associazione Venus Verticordia ha potuto organizzare un evento di notevole importanza che ha visto la partecipazione del poeta e paesaggista Franco Arminio che, oltre a condividere le sue composizioni poetiche attraverso la presentazione del suo ultimo libro – ‘Canti di gratitudine’ – e alla scelta di svelare all’entusiasmante pubblico alcuni suoi inediti, si è dimostrato anche uno straordinario comunicatore avendo coinvolto il pubblico non solo attraverso la lettura delle sue poesie ma rendendo tutti partecipi del momento ‘magico’ – per parafrasare la professoressa Maria Assunta Prezioso che nel suo intervento ha sottolineato come una serata come quella trascorsa sia lo strumento più idoneo per sciogliere vecchi incantesimi e far riaffiorare la vita vissuta che per anni ha attraversato quei vicoli diventati ormai silenziosi e vuoti – invitando il pubblico a intervenire con i canti, con le impressioni personali, con la traduzione nel proprio dialetto di composizioni poetiche.
Le incursioni musicali di Livio e Manfredi Arminio hanno regalato momenti di ilarità unici in un panegirico di canzoni divertenti incentrate anche sul valore da attribuire al proprio Paese; i giovani Arminio sono l’espressione di un cantautorato eclettico e insolito che abbraccia l’interesse per la propria Terra raccontata attraverso le loro canzoni in modo divertente e serio, seguendo un dualismo innovativo e originale che cattura l’ascoltatore facendolo entrare nel loro mondo. Insomma, un connubio contraddistinto da un’apparente antitesi artistica ma che ha saputo colpire nel segno, promuovendo una formula vincente capace di appassionare il pubblico che ne ha esaltato il valore e le peculiarità, mostrando un interesse così forte da non abbandonare la piazza. fino alla fine dello spettacolo.
Nel suo discorso conclusivo, Franco Arminio, con l’ardore e la lungimiranza che gli derivano dall’amore per la paesologia – neologismo da lui inventato che porta all’esaltazione dell’assoluta necessità di restituire respiro ai paesi ormai vittime dello spopolamento – ha invitato tutti a prendere le distanze allontanarci da quella triste figura che è il ‘militante scoraggiatore’, ovvero da colui che «ha fallito nella sua vita e fa fallire quella degli altri», colui che risponde a chi chiede cosa c’è di bello nel suo Paese «niente , qui non c’è niente da vedere.” Arminio ci invita a vivere i borghi con convinzione ed entusiasmo, a guardarci meglio e a scoprire che tutto ciò che ci circonda è bello e come dice una delle sue poesie “non pensare a ciò che manca, accogli ciò che resta”.
Ci sono spazi salvifici che bisogna saper rintracciare, come il proprio Paese che merita occasioni di rivincita per riconoscerne l’essenza come ha saputo fare il filosofo Francesco Giampietri, quell’appassionato del pensiero che nel suo sensazionale diario ha scritto “attraverso il mercato popolare. Ho le cuffie, ma non rinuncio alle voci della città. Assecondo sensi e rimandi, riconoscendo una trama colorata in cui confidenze e calunnie si intrecciano e diventano trame di vita e di morte. La città raccontata, forse l’unica storia possibile”.
Federica Passarelli
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