30 giugno 2024 14:05
by Michela Chiappini
Qualche mese fa ho deciso di acquistare una casa ad Acquasparta (Terni), una piccola realtà con una grande storia culturale e scientifica alle spalle. Gli sforzi dell’Accademia dei Lincei e di Federico Cesi per abbracciare un sapere che andasse oltre le tradizioni e le autorità non sembrano aver dato frutti nell’odierna società civile.
Qualche settimana fa mi sono recata per effettuare alcuni semplici esami di routine presso il presidio sanitario di via Roma 1 e, prima di entrare, la mia attenzione è caduta sulla bacheca posta all’ingresso e occupata da manifesti con la scritta “l’aborto uccide un bambino” ecc., tutti correlati da immagini di feti piuttosto agghiaccianti e che proponevano alternative piuttosto discutibili.
Oltre a essere cittadina del suddetto Paese, sono anche un’educatrice sociale e il pensiero che ogni ragazza e ogni ragazza possa inevitabilmente leggere questi messaggi davanti a una struttura pubblica dedicata alla sanità mi provoca grande disagio e sgomento. Demonizzare in modo grottesco un diritto sancito dalla legge italiana, come l’interruzione volontaria di gravidanza, e biasimare le donne che vi ricorrono è senza dubbio un messaggio che mina la libertà e il diritto all’autodeterminazione.
Ricordo che le istituzioni hanno già garantito che le donne che interrompono una gravidanza debbano affrontare un percorso a ostacoli che, oltre alla mancanza di medici e strutture, molto spesso comprende umiliazioni e pressioni psicologiche. Chiedo quindi che la mia indignazione sia utile innanzitutto a rimuovere quei cartelloni che portano un messaggio fuorviante e lesivo delle libertà individuali e a far riflettere sull’importanza di rafforzare la legge 194.