“Anche qui si stanno sviluppando focolai di alcune febbri, dobbiamo stare in guardia” – .

“Anche qui si stanno sviluppando focolai di alcune febbri, dobbiamo stare in guardia” – .
“Anche qui si stanno sviluppando focolai di alcune febbri, dobbiamo stare in guardia” – .

Ferrara, 1 luglio 2024 – “Inverno, l’ha visto?”chiede Marco Libanoredirettore dell’Unità Operativa del malattie infettive dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Ferrara, struttura ai vertici della classifica italiana dei centri di ricerca clinica nello studio di febbri di origine sconosciutaLa struttura è nel trio principale con Bologna e Trieste.

Marco Bibbiare, direttore dell’Unità Malattie Infettive di Cona. La struttura è stata assegnata per lo studio delle febbri di origine sconosciuta

Che cosa intende?

“Il clima è sconvolto, le stagioni fredde sono scomparse o comunque ridotte al minimo. Stiamo parlando di pochi giorni. Siamo di fronte a quella che possiamo definire una tropicalizzazione del clima. E il medico deve tenerne conto, allargare il suo orizzonte diagnostico anche a quella parte del mondo che sta sotto l’equatore. Chi fa il nostro mestiere è tenuto ad allargare i suoi orizzonti, proprio per poter intervenire per tempo e quindi curare il paziente.”

Clima che cambia, malattie che compaiono alle porte dell’Italia e della nostra provincia. Come le febbri, insomma. Proprio per questo lei è stato premiato, durante il congresso di Rimini, per lo studio delle febbri di origine sconosciuta (Fuo). Tra le motivazioni, l’impegno costante, il numero dei pazienti e la qualità dei dati raccolti. Di quali febbri stiamo parlando?

“Fuo sono quelle forme di iperpiressia che persistono per almeno tre settimane e che non trovano spiegazione dopo aver eseguito i principali accertamenti diagnostici strumentali e di laboratorio. Esse richiedono pertanto, per essere definite e classificate, un preciso percorso gestionale, basato anche sull’impiego di indagini di medicina nucleare sofisticate, come la tac-pet, o su innovative diagnostiche di laboratorio come la polymerase chain reaction”.

Non solo tecnologia: come la gestisci?

“Alcune di queste febbri possono essere contratte in paesi lontani. Il medico dovrebbe sempre chiedere al paziente, di fronte a questi casi, se ha viaggiato e dove. Le zone sono quelle dell’Africa e dell’America centrale e meridionale. Se il paziente è stato in quei luoghi, anche una leggera febbre che persiste dovrebbe far scattare un campanello d’allarme”.

Cosa fare?

“Sarebbe sbagliato somministrare una tachipirina mentre si aspetta che passi. Dobbiamo effettuare dei controlli”

I rischi?

“Ce ne sono un bel pò. In alcuni casi si parla di arbovirosi, malattie trasmesse dagli insetti. C’è una lunga lista. Tra questi Chikungunya, DengueZika, Nilo occidentale. La Dengue tropicale si contrae in alcune zone dell’America Latina, nei Carabini, a Cuba. Ora ci sono voli diretti da Bologna e Venezia a Cuba. Chi va alle spiagge tropicali non deve prendere alla leggera una febbre prolungata”

Nilo occidentale?

“Il primo caso è stato segnalato anni fa, la nostra provincia è stata colpita subito. Stiamo parlando di malattie che fino a qualche anno fa non esistevano”

Quali effetti può avere questo clima “tropicale”, con temperature torride per periodi così prolungati?

“Che queste malattie non si sviluppino più solo in paesi lontani. Uno dei fattori di trasmissione è la zanzara tigre, che come sappiamo è molto presente da noi. Anche qui si possono creare focolai”.

Un po’ come i Caraibi

“Hai detto questo. Certo, ormai da anni assistiamo alla tropicalizzazione del clima. Il medico deve tenerne conto”.

 
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