Condominio chiuso dopo il crollo, casa popolare in un altro comune per una famiglia – .

Condominio chiuso dopo il crollo, casa popolare in un altro comune per una famiglia – .
Condominio chiuso dopo il crollo, casa popolare in un altro comune per una famiglia – .

Ci sono quattro appartamenti che sono stati evacuato dopo il crollo avvenuto all’interno di un condominio in via Piave 140 a Marciano della ChianaL’episodio si è verificato sabato pomeriggio intorno alle 18:00. Il movimento anomalo della struttura ha causato anche l’apertura delle ante dei mobili della cucina da cui sono caduti alcuni utensili e molti bicchieri, che si sono rotti sul pavimento. I vigili del fuoco sono intervenuti immediatamente e, tramite un sopralluogo, hanno verificato un problema strutturale ed emesso una prescrizione che vietava l’uso delle abitazioni.

Così le famiglie, alcune delle quali erano proprietarie delle case e che avevano riscattato gli immobili negli anni passati e un inquilino tramite le graduatorie di edilizia popolare, sono state evacuate e trasferite in un albergo. La storia di Via Piave a Marciano era nota a tutti da tempo. Alcuni lavori erano stati eseguiti ma altri erano stati programmati. Casa Arezzo per la sua competenza residua, ovvero uno degli appartamenti, ha già incaricato un ingegnere strutturista di eseguire i lavori di consolidamento,

La spiegazione tecnica di Arezzo Casa

L’edificio di Via Piave 140 a Marciano è un condominio di 4 appartamenti ed è stato realizzato dall’Istituto Autonomo per l’Edilizia Pubblica nel 1968: attualmente in edilizia residenziale pubblica rimane un solo appartamento. “La struttura muraria – spiegano da Arezzo Casa – poggia su un portico semiaperto al piano terra che era già stato oggetto di lavori di consolidamento delle fondazioni all’inizio degli anni 2000, ma negli ultimi due anni nella zona al a destra del vano scala condominiale era presente uno schema di fessurazioni su elementi portanti e non portanti. Per questo motivo già nel 2023 il condominio ha incaricato un tecnico strutturista di fiducia di monitorare lo stato installando fessurimetri: questo ha evidenziato che le fessurazioni riscontrate potevano derivare da movimenti del terreno. a causa della natura argillosa del sottosuolo anche in considerazione del lungo periodo di siccità che ha interessato la zona. Quello che è certo è che la presenza di pilastri in muratura nel portico al piano terra genera tensioni localizzate che si concretizzano nel caso di terreni molto deformabili come quelli argillosi. , in cedimenti e quindi in fessurazioni sia sulle murature portanti che sui tramezzi. Per supportare i risultati del monitoraggio e ipotizzare interventi di consolidamento, nell’ultima assemblea condominiale si è deciso di effettuare indagini geognostiche e geologiche che dovevano essere svolte proprio in questo. settimana.”

Il crollo di sabato sera e i prossimi passi

“Il cedimento verificatosi sabato sera scorso – spiega Arezzo Casa – riguarda in particolare i muri portanti del primo piano, proprio sopra il portico in mattoni. A questo punto diventa urgente approfondire la conoscenza della situazione geologica e delle fondazioni esistenti per studiare un intervento prima di messa in sicurezza e poi di consolidamento. A decidere sugli interventi sarà chiamato il condominio. Come ente gestore dell’edilizia residenziale pubblica, Arezzo Casa ha tutto l’interesse a risolvere la questione e a poter restituire l’appartamento al proprietario inquilino che verrà momentaneamente sistemato in altro alloggio disponibile fuori dal comune di Marciano dove, purtroppo, al momento non ci sono alloggi liberi”.

La dichiarazione del sindacato degli inquilini

“Spero che nessuno si sorprenda per quello che è successo a Marciano – dice Stefania Teoni, segretario del Sunia Cgil. La nostra denuncia è purtroppo vecchia e, peggio ancora, inascoltata: senza interventi sostanziali e rapidi, la fine dell’edilizia popolare è questione di pochi anni. Quanto accaduto nel complesso di Marciano conferma questa previsione e fa seguito alle recenti proteste di altri complessi che rivendicano un’adeguata gestione delle manutenzioni straordinarie”.

Sunia ribadisce quindi la necessità di finanziamenti adeguati e certi che garantiscano un piano quinquennale.

“Più volte – ricorda Teoni – abbiamo sollecitato le istituzioni a farsi carico del problema. Abbiamo pensato che di fronte a questioni di questo tipo fosse possibile unire le forze per avanzare rivendicazioni. Se necessario, chiedendo un incontro in Prefettura per evidenziare le esigenze. Come sindacato abbiamo presentato al Senato 45.000 firme a sostegno di una richiesta minima per dare dignità agli abitanti delle case popolari. Ma crediamo che chiedere di mantenere in vita le case popolari non abbia colore politico e che i Comuni, tutti, abbiano il dovere di spingere in questa direzione. Se tutti i partiti sono d’accordo, perché non pensare di trovare una strada comune per rivendicare?”

Secondo Sunia, un tema chiave è il rapporto tra pubbliche amministrazioni, senza il quale anche ogni investimento sarebbe vano. “La legge regionale sembra porre una netta barriera tra Comuni ed ente gestore. Da oltre 5 anni sembra che sia in fase di revisione. Ci auguriamo che siano cambiamenti sostanziali che superino quello che consideriamo il problema principale, e arrivino quindi a un’organizzazione che renda pienamente responsabili tutti gli attori istituzionali. La Regione, che non è proprietaria degli immobili, indica le priorità e le regole di gestione; poi si dimentica di assolvere, in 5 anni, gli obblighi promessi entro 6 mesi. I singoli Comuni, che sono proprietari degli immobili, gestiscono gli appalti e l’assegnazione degli alloggi, poi concludono e passano la gestione a una società per azioni costituita dai Comuni. Viene stipulata una convenzione tra LODE (organismo di rappresentanza dei Comuni) e la società, il contratto di servizio, grazie al quale, in cambio del pagamento di un canone di concessione (che è escluso dalla legge regionale), viene scaricata la gestione di un bene degradato. Né risulta che i Comuni esercitino il diritto/dovere previsto dalla legge regionale: quello di monitorare e verificare il livello di soddisfazione degli utenti”.

“Si ritiene – chiede Sunia – che l’ente gestore possa gestire la manutenzione ordinaria e straordinaria e soddisfare le richieste di 3.121 abitazioni in pessime condizioni sparse in tutti i comuni della provincia? Tutti gli attori sono consapevoli che non è possibile. la presenza attiva dei Comuni, anche solo tecnico e di controllo, nelle fasi di realizzazione delle opere di manutenzione favorirebbe una corretta gestione delle opere stesse; problemi di cui spesso gli assegnatari si lamentano”.

 
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