Recensione di Vanden Plas L’equazione empirea delle cose perdute da tempo – .

Recensione di Vanden Plas L’equazione empirea delle cose perdute da tempo – .
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Non saremo mai abbastanza grati alla Vanden Plas guidata da Andy Kutz e i fratelli Andreas E Stephan Lill. Per la qualità dei loro album, per la loro dedizione alla musica metal, per la coerenza delle loro uscite e potremmo continuare l’elenco… Ciò che sorprende nel 2024 è trovare una band praticamente intoccabile, ancora capace di trarre ispirazione e proporre melodie trascinanti. e ritmi potenti. A differenza della sua controparte James LaBrie (Dream Theater), al quale viene spesso paragonato, Andy Kutz mantiene il suo tono incisivo e il resto della band non trova difetti, compresa la prestazione del nuovo tastierista Alessandro Del Vecchio (Edge of Forever, Hardline, Jørn Lande) che sostituisce lo storico Gunter Werno.

Il loro undicesimo full-lenght della loro carriera si presenta quindi come un prodotto ben confezionato: un titolo lungo e una libellula in copertina, c’è di che attrarre nuovi fan che ancora non conoscono la band tedesca. The Empyrean Equation of the Long Lost Things rivela anche una tracklist compatta con due canzoni su dieci minuti e due su otto, una normale routine per i progster di ieri e di oggi.

L’apri coincide con la traccia del titolo e le prime note sono di pianoforte. L’inizio è cinematografico e nel giro di due minuti ci ritroviamo a familiarizzare con il tipico sound tedesco: chitarre potenti, riff gustosi e il giusto groove. La sensazione è quella di rincontrare un vecchio amico. A metà del terzo minuto assistiamo al primo unisono chitarra-tastiera e la nuova formazione è già promossa per qualità tecnica e armonia. Curiosamente la voce di Kuntz subentra solo a metà brano, sostanzialmente la prima traccia della scaletta è una sorta di intro quasi strumentale di notevole durata.

Il mio volo Icariano” è il primo pezzo canonico, se così posso dire. Nell’incipit ricorda vagamente i Nightwish, poi prevale la potenza. I testi sono, come da regola Vanden Plas, poetici e incentrati su raffinate scelte lessicali: «I guard as the cyan Midnightsun / Flows in the embers of Darkness / Her flames burn out / The light of ever is goes / And now she is morire solo» . Il ritornello è un tripudio melodico, tra AOR ed heavy metal, ma stupisce anche la sezione strumentale al centro del brano, vicina alle sonorità dei Dream Theater, con il shredder Stephan Lill sugli scudi. Un bel colpo, niente da aggiungere. Anche quello seguente ha un bello scatto”Sanctimonarium”, un pezzo equilibrato e sfaccettato; Alessandro Del Vecchio offre alcuni sintetizzatori originali e la potenza non manca. La bravura di Vanden Plas è riuscire a suscitare un senso di nostalgia per il grande prog metal di un tempo e qui ne troviamo la quintessenza.

Il ritmo serrato di”La macchina mentale sacrilega” ricordano per certi versi il capolavoro Christ 0, ma c’è spazio anche per un break centrale, seguito da una sezione ritmica che non sfigurerebbe su un album dei Gamma Ray, se non per essere arricchita da un gustoso hammond in l’immediata continuazione. “Mi chiamano Dio” è la ballata imperdibile. I Vanden Plas hanno regalato gemme in passato quando il bpm rallenta, qui la serie continua. Prima parte in pianissimo e seconda parte potente e catartica, cosa si può chiedere di meglio? L’album si conclude con i quindici minuti dell’epica “Marcia dei Santi”, caratterizzato da un tema principale di chitarra a dir poco elettrizzante e ipnotico. Come suite finale offre un viaggio sonoro emozionante, diviso in più sezioni, con continui cambiamenti di velocità e atmosfera, rimandi interni e una memorabile coda in crescendo.

The Empyrean Equation of the Long Lost Things è uno dei migliori dischi di Vanden Plas di sempre. Musica “vivida” e potente. La band ormai sa proporre l’ennesimo concept e lo fa in maniera magistrale, senza errori o eccessi. Ascolto consigliatissimo, da non perdere.

 
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