votazione
7.5
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Decisamente interessante l’esordio dei veneziani Miasmic Serum, nuova formazione dedicata al death metal più classico che debutta sul mercato senza produzioni come demo o EP, ma direttamente con questo debutto “Infected Seed”, in uscita sulla messicana Chaos Records per la versione su CD e su Night Terrors per l’immancabile versione su cassetta, che non può mancare di questi tempi.
Nonostante la formazione recente (2022), i nostri sono musicisti con una certa esperienza e suonano anche in altre formazioni estreme e con un certo curriculum, come Afraid Of Destiny, Restos Humanos, Tetsuo e The Mild. In un oceano di proposte death metal vecchia scuola, i Ours riescono a creare un album di facile ascolto che ha riferimenti a modelli ben riconoscibili, ma riesce comunque a mescolare le carte in modo adeguato e soprattutto a creare brani altamente orecchiabili.
Ti sfidiamo a non voler fare headbanging su “Mortal Training” (con Jason Netherton dei Misery Index) o seguire allo stesso modo il riff thrash metal di “Lost Control” battendo i piedi. Il quadro di riferimento, però, è quello di Malevolent Creation, Gorefest medio periodo o Obituary (“Immortal Entity” o “Brain Walls” i più riusciti nel modello old-school), oltre ad un chiaro interesse per le rotture rompicollo à la Misery Index e Morente Feto. Se strumentalmente l’album suona complessivamente fresco, accattivante e memorabile (grazie anche ad una produzione graffiante), talvolta nutriamo qualche riserva sulla voce growl di Julian Serrato, comprensibile e non particolarmente estrema, che però forse perde qualcosa in alcuni contesti come l’opener “Near -Death Visions”, dove non risulta particolarmente coinvolgente.
Buono invece l’urlo del chitarrista Vanny Piccoli, mente del progetto. Da segnalare anche l’ospite di Fiore Stravino dei Fulci nella title track finale e anche l’artwork, lontano dai soliti soggetti tipici del death metal vecchia scuola, che riprende il concetto che da quello che vediamo ruota attorno a visioni, allucinogeni sostanze e intossicazioni varie.
“Infected Seed” non è un perfetto album d’esordio (a tratti è entusiasticamente davvero derivativo), ma ha il pregio di essere stato ascoltato tantissime volte e, nella palude del ‘tutto e subito’ dell’era digitale, è un grande vantaggio che ci teniamo a sottolineare. Con il secondo lavoro secondo noi potrebbe già esserci il botto. Vediamo se l’attività live prevista in questi mesi li farà crescere quanto basta.