Il concerto dei Blue è pura nostalgia millenaria.

Il concerto dei Blue è pura nostalgia millenaria.
Il concerto dei Blue è pura nostalgia millenaria.

Mentre cantano sul palco del Cavea of ​​the Auditorium Parco della Musicaper Roma Summer Festviene da chiedersi da che diavolo di spazio-tempo siano usciti. Bluin una sorta di puro distillato dei primi anni 2000 che ci mette di fronte ai fantasmi dei Natali passati, ci ricorda come eravamo e com’era la musica pop, ci fa riflettere su cosa siamo diventati e cosa è diventata la boy band generation. Perché di boy band ce n’è poca più dei Blue: almeno gruppi come i Backstreet Boys, per esempio, avevano qualcosa di parzialmente pionieristico, rappresentavano qualcosa di nuovo; ma Duncan James, Lee Ryan, Simon Webbe e Antony Costa hanno messo fuori la testa per la prima volta nel 2001, in una sorta di mezza età, erano al massimo la risposta inglese all’invasione americana, tutto era già collaudato. E allora?

E poi capita che li ritrovi esattamente come li avevi lasciati, con un set breve ‒ diciamo un’ora e venti minuti ‒ in cui inseriscono tutti i successi, che risalgono tutti al periodo fino al 2005, perché da lì «abbiamo deciso di prenderci una pausa di sei mesi, che sono diventati sei anni», ma «la vita è così», e dal 2011 è una passeggiata nel deserto, prima, e colleziona baci e urla da un pubblico delirante, ora, composto soprattutto da donne che all’epoca erano poco più che bambine, le avevano sentite alla radio e le avevano sognate sulle pagine del Che cosa significa? ma, troppo giovani, non avevano potuto vederli dal vivo; la nostalgia millenaria è tutta qui, negli occhi, prima increduli e poi divertiti, di chi non riesce a credere di aver davvero chiuso un cerchio, di trovali davanti a te.

Bisogna dire che le cantano tutte, Tutti in piedi UN Mi fai venire vogliadalla coppia Colpevole e Molto tempo fa se tornioltre alla ballata ovviamente Respira facilmenteche nel 2004, sulla scia dell’enorme successo riscosso nel nostro Paese, è stato tradotto da Tiziano Ferro in A chiunque mi dica e cantata in un italiano che ricorderete dai quattro ‒ ma ammettiamo che l’operazione sconsiderata non gli ha impedito di diventare un successo, e ci torneremo. Non c’è genere, se non quello delle “boy band”, un mix di dance-pop pieno di ammiccamenti innocenti ‒ mia cara, dovresti vedere cosa dicono i rapper nelle canzoni di oggi ‒ che ti fa agitare le mani e ballate strappalacrime per cuori spezzati come la stessa A chiunque mi dicacon quel superpotere di rendere qualsiasi suono zuccheroso, da, beh, l’hip hop delle recite scolastiche al r&b. Ci sono anche alcuni nuovi pezzi, usciti negli ultimi anni, come Ultravioletto: si distinguono perché hanno una grancassa dritta (doppio segno di spunta blu) e durano molto meno dei classici (altro doppio segno di spunta blu), che sono prodotti triti e ritriti del loro tempo, a volte composti anche da quattro strofe, in cui ogni Blue ha la sua parte; tuttavia, la gente li vuole, e giustamente.

Intendiamoci: per ogni One Direction che esce con un Harry Styles, ci sono decine di boy band che sono rimaste assolutamente tali, con un sistema di valori e canoni estetici superati; il punto è che nel caso dei Blue, è proprio questa la loro forza. Non si prendono sul serio, si vede anche un certo humor in quello che fanno, ma non danno mai l’impressione di essere in gabbia, come Buffalo Bill in tour in Europa che estorce soldi a chi quel mondo l’aveva visto solo in cartolina. Non si sono azzoppati, potrebbero essere dei padri di famiglia modello nel look e nell’aplomb, non si vedono nemmeno aggiornamenti eccessivi come, per esempio, i risvolti killer. Anche la scenografia è estremamente spartana, cantano in piedi e accennano a una coreografia, pur mantenendo i movimenti all’essenziale come Cristiano Ronaldo agli Europei di quest’anno; dietro c’è solo un cartello, «Blue» (ecco qua), non ci sono musicisti e nemmeno un proto-DJ che potrebbe fingere di gettare le basi come accade in molti concerti trap, mentre sullo sfondo compaiono quattro sgabelli su cui si siederanno di tanto in tanto, per momenti che nella scaletta sono contrassegnati come «acustici» (leggi: ballate per pianoforte).

 
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