Recensione di Noel Gallagher the Council Skies – .

Recensione di Noel Gallagher the Council Skies – .
Recensione di Noel Gallagher the Council Skies – .

Incontrando la stampa italiana qualche settimana fa per presentare il suo nuovo album, lo ha detto Noel Gallagher Cieli del Consiglio (in uscita il 2 giugno) è un disco “riflessivo”, il cui senso oscuro è dovuto al momento in cui è stato scritto e alle cose che sono accadute nella sua vita personale. Il momento in cui è stato scritto è il lockdown, mentre le cose che sono successe nella sua vita personale, immaginiamo, sono quelle legate alla separazione annunciata a inizio anno dalla moglie Sarah MacDonald, con la quale era stato sposato. dal 2011. Tuttavia, non siamo di fronte a album di divorzio al 30 di Adele e tanto meno il Tunnel dell’amore di Bruce Springsteen. E nemmeno uno album pandemicosupponendo che la definizione significhi qualsiasi cosa.

Come fanno le persone positive nei momenti difficili, il musicista di Manchester ha cercato di sfruttare al meglio il suo presente per ricreare un mondo a cui guardava con malinconia, nella speranza di rivivere un’epoca d’oro in cui il tempo passato ha offuscato i ricordi negativi. Noel ha poi preso le canzoni scritte in solitudine con il solo ausilio di una chitarra acustica e le ha portate nel primo studio personale della sua carriera, il Lone Star, nel nord di Londra, presidiato da un ritaglio di cartone a grandezza naturale di Pep Guardiola, il guru del suo amato Manchester City. “Era il supervisore del piano tattico”, ha scherzato. Lo studio, oltre agli strumenti, era stato riempito di poster psichedelici e ritratti dei Beatles. Un contesto, anche estetico, in cui sentirsi al sicuro, tra oggetti e immagini familiari.

Il risultato è un disco in bianco e nero profondamente radicato nel passato del suo autore. Il metodo innanzitutto. Chi ha costruito la luna? (2017) è stato un collage di suoni, poco suonato e altamente costruito. Qui invece si sente una band che suona e un capobanda in pieno controllo. Significativa anche la scelta di Paul Stacey come coproduttore: un collaboratore di lunga data che non ha rischiato di condizionare il risultato finale con uno stile troppo marcato. Poi i testi, con i continui riferimenti agli occhi alzati al cielo mentre si sogna una vita migliore. In questo senso gli anni vissuti a Manchester tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90 sono un’epoca d’oro da rivivere in termini di ispirazione, mentre povertà e piccoli furti sono stati dimenticati.

Last but not least le canzoni, che ovviamente sono la cosa che ci interessa di più. Un disco in bianco e nero, dicevamo. Per la malinconia ma anche per alcuni fantastici suoni wave. Secondo il suo autore, Ragazzo carino (il singolo è in radio da molto tempo) suona come un pezzo dei Cure, e in effetti ha qualcosa di Alla Foresta. Prima di commissionare un remix allo stesso Robert Smith, il brano è stato rifinito in studio con l’intervento del nume tutelare Johnny Marr (presente anche in altri due brani), di cui Noel ha apprezzato la non invasività. Sicuramente in bianco e nero lo sono anche loro Pensa a un numeroche chiude il disco su note cupe con un Noel che per sua stessa ammissione cerca di suonare come lo stesso Marr, e una title track che paga un’eccessiva pulizia, forse dovuta ad aspirazioni radiofoniche.

Il radicamento nel passato si avverte soprattutto nel trittico formato da Apri la porta Guarda cosa trovi, Cercando di trovare un mondo che è stato e andato (il cui titolo già la dice lunga sulla suddetta età dell’oro) e Facile ora, quest’ultimo già annunciato come momento centrale dei prossimi concerti (unica data italiana l’8 novembre al Forum di Assago). Melodie e ritornelli che segnano un ritorno al classico pop britannico, canzoni che sarebbero potute restare Essere qui ora.

Forse Noel non accenderà più la scintilla per scriverne uno Non guardare indietro con rabbia (o meglio ancora Qualunque cosa), sono passati anche quasi trent’anni, ma con questo album conferma di essere uno dei bravi artigiani. Il suo merito principale è quello di aver scelto senza paura di rientrare nel mondo da cui proviene e al quale tuttora appartiene, senza cercare di prendere le distanze da un modello di cui era stato il principale artefice. Insomma, il modello di quella band lì, quella che non abbiamo ancora nominato. Ma ora dobbiamo farlo, per dirlo Cieli del Consiglio è il miglior album di Noel Gallagher dai tempi degli Oasis.

 
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