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‘Un grande accordo europeo con l’Albania’ – .

“Italia e Albania sono nazioni storicamente amiche, abituate a collaborare insieme e voglio ringraziare ancora una volta il Primo Ministro Rama e il popolo albanese per aver offerto il loro aiuto e aver firmato con noi un accordo europeo di ampio respiro”. Lo ha affermato il presidente del Consiglio Giorgia Meloni che, insieme al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, si è recata in Albania per visitare l’hotspot di Shengjin destinato alle procedure di ingresso dei migranti. Con il premier anche il premier albanese Edi Rama che si è detto “dispiaciuto” per le “mezze verità” sul suo Paese che sono state scritte e diffuse dalla stampa in Italia da quando è stato varato l’accordo bilaterale sulla gestione dei flussi migratorio. “Ho provato il tormento dell’anima per aver visto tutto questo fango immeritato gettato sull’Albania e sugli albanesi, mezze verità diffuse dai giornalisti, anche quelli del servizio pubblico. Dovrebbe vergognarsi chi ha trasformato il diritto democratico per opporsi a un abuso del quarto potere”.

“Dati allarmanti” sui decreti flussi

Dal monitoraggio degli ultimi due anni emergono “dati allarmanti” in “alcune regioni, soprattutto la Campania”, secondo lo scenario illustrato ieri dalla Meloni in Consiglio dei ministri dopo aver consegnato una denuncia al procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo sull’applicazione degli ultimi decreti flussi. E la mossa è stata accompagnata dalla rivendicazione di una riduzione del “60% degli arrivi clandestini rispetto allo stesso periodo del 2023”. Un risultato “possibile soprattutto grazie ai rapporti di collaborazione con i Paesi del Nord Africa, Tunisia e Libia in testa”, ha sottolineato il primo ministro, convinto che l’accordo con l’Albania per la realizzazione dei due centri.

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“Infiltrazione della criminalità organizzata”

Il Viminale stima che da gennaio siano sbarcati finora 21.574 migranti, rispetto ai 51.628 dei primi cinque mesi dello scorso anno. Ma è su un altro fenomeno che il presidente del Consiglio si concentra: le distorsioni e le possibili ingerenze mafiose nel sistema degli ingressi in Italia per motivi di lavoro, anche stagionali, nell’ambito delle quote stabilite nei DPCM emanati periodicamente. A fine 2022 il governo Meloni ha varato un decreto per 82.705 persone in un anno, e poi nel 2023 ha reso triennale la pianificazione delle quote, fissandole a 452mila persone, ampliando categorie professionali e settori produttivi. Il primo monitoraggio, spiegano fonti governative, ha messo in luce una macchina che ora è in enorme difficoltà. Oltre al forte sospetto di “truffa” legata anche alle “infiltrazioni della criminalità organizzata”, su cui la Meloni ha annunciato interventi “amministrativi e normativi” da varare in Consiglio dei ministri dopo il G7. E si profila una modifica alla legge Bossi-Fini già proposta qualche mese fa dal sottosegretario Alfredo Mantovano. Alla luce della denuncia, la Procura antimafia potrà attivare le Procure distrettuali, secondo le sue funzioni “di impulso e coordinamento delle indagini”.

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Una nuova ombra su De Luca

Per ora il quadro dipinto dal presidente del Consiglio è quello di “un numero di richieste di nulla osta al lavoro per cittadini extracomunitari, durante il click day, del tutto sproporzionato rispetto al numero di potenziali datori di lavoro, siano essi privati ​​o aziende”. E su questo tema hai aperto un nuovo fronte con Vincenzo De Luca, con il quale sei ai ferri corti da tempo. «La sua prepotenza nasconde una forma di insicurezza», l’ultima stoccata al governatore della Campania, su cui la Meloni getta una nuova ombra dopo la ricognizione sull’applicazione degli ultimi due decreti flussi. Nel click day del decreto flussi 2022 il maggior numero di richieste è arrivato dalla Campania, 109.716, cinque volte di più di quelle di Lazio e Veneto. L’attacco, però, si è esteso anche ai governi precedenti. “È ragionevole ritenere che le stesse degenerazioni si trascinino da anni e mi sorprende che nessuno se ne sia accorto”, ha sottolineato Meloni, annunciando che l’esecutivo modificherà “le caratteristiche operative che hanno portato a queste distorsioni, e noi farlo nel rispetto del principio che ha ispirato la legge Bossi-Fini che ha regolato il fenomeno negli ultimi anni: cioè consentire l’ingresso in Italia solo a chi è titolare di un contratto di lavoro subordinato”.

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Problemi burocratici

In particolare, spiegano in ambienti governativi, è considerato “molto grave” il “cortocircuito creatosi nell’ultimo decennio” nel sistema di autorizzazione dei visti e nella stipula dei contratti: gli uffici dello Sportello unico immigrazione non riescono a mantenere in regola con i tempi dei pareri, 20 giorni per gli stagionali, 60 per gli altri, con la conseguenza che scatta quasi sempre il meccanismo del silenzio-assenso. E il caos si ripercuote anche sull’attività delle ambasciate italiane all’estero, che non riescono a verificare i requisiti per il visto. Spesso, e questo è un altro fenomeno verificato nel monitoraggio, vengono saltati anche i controlli su chi arriva con il visto e non si presenta entro 8 giorni allo sportello unico immigrazione presso il datore di lavoro per depositare il contratto. L’avvertimento del governo è diventato anche un input per i magistrati della DNA. E il Pd ritiene opportuno che Meloni e Melillo vengano ascoltati dalla commissione parlamentare antimafia. Una richiesta che, se formalizzata, verrà valutata il 12 giugno dal Bureau della Commissione stessa.

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