Ismail Kadare, uno degli scrittori più importanti della letteratura europea, è morto a Tirana all’età di 88 anni. Kadare aveva vissuto in uno dei regimi totalitari più oppressivi e chiusi del continente, l’Albania del dittatore Enver Hoxha, con cui condivideva la città natale, Gjirokastra. Nato nel 1936, si era laureato in Storia e Filologia, per poi dedicarsi alla poesia. Per due anni aveva studiato al Gorky Institute di Mosca, prima della scissione tra URSS e Albania quando Hoxha si schierò con la Cina, rivendicando l’adesione alla visione stalinista e rifiutando il nuovo corso di Krusciov. Dopo la pubblicazione delle sue prime opere Il generale dell’esercito morto (1963) e La pioggia tamburella (1970), fu affrontato dallo stesso dittatore che gli ordinò di scrivere dei successi del partito, e non solo di “cose tristi”, come diceva il Corriere della Sera. Lo scrittore fu costretto anche ad un’umiliante autocritica pubblica, per allentare il giogo delle autorità sulla sua figura, ma ciò non gli impedì Il Palazzo dei Sogni (1981) fu censurato. Hoxha morì nel 1985 e Kadare aspettò qualche anno per vedere se il suo successore Ramiz Alia fosse disposto a riformare il regime. Convinto che non sarebbe cambiato molto, si trasferì a Parigi, un paese che aveva dimostrato apprezzamento per le sue opere fin dall’inizio. Continuò a pubblicare romanzi e saggi e vinse il Man Booker Prize nel 2005, il Prince of Asturias Award nel 2009 e il Nonino Award nel 2018, venendo più volte selezionato per il Nobel per la letteratura.
