“In metà delle Regioni non è garantita l’assistenza minima. E i nostri medici scappano” – .

“In metà delle Regioni non è garantita l’assistenza minima. E i nostri medici scappano” – .
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Il professor Francesco Cognetti, oltre ad essere un oncologo di fama internazionale, presiede il Forum delle 75 società medico-scientifiche scese in campo per denunciare i tagli che stanno mettendo a rischio il diritto di tutti alle cure.

Cosa ti ha spinto a lanciare l’allarme?

«In verità denunciamo il pericolo da almeno due anni, solo che ora la situazione è peggiorata. Abbiamo iniziato a porci delle domande di fronte ai dati sulla mortalità da Covid tra i contagiati, che in Italia è molto più alta di quella di altri Paesi europei, ad eccezione del Regno Unito e di alcuni Paesi dell’Est”.

Fai le domande e quali risposte ti sei dato?

«Che quei numeri sono l’indicatore di una crisi che è strutturale, perché in soli due anni, dal 2020 al 2022, abbiamo perso 32.500 posti letto, mentre c’è un esodo di medici verso l’estero o cooperative di operatori a gettone che aggravano le carenze di personale derivanti da una mancanza di pianificazione universitaria e da un prolungato blocco delle assunzioni. Per non parlare dei finanziamenti, che dal 2012 al 2021 in Italia sono aumentati solo del 6,4% contro il 33% della Germania, il 24,7 della Francia, il 21,2 della Spagna”.

Ma perché, il governo dice di aver investito più soldi che mai nell’assistenza sanitaria…

«Questo è vero ma a quanto pare, perché dietro quei numeri in crescita ci sono in realtà i soldi per il rinnovo dei contratti del personale sanitario, che tra l’altro hanno portato ad aumenti risibili, per i medici in media 150 euro al mese che non ci portano molto più vicini agli stipendi dei nostri colleghi europei, che in alcuni paesi guadagnano il doppio. Se poi deduciamo il costo dell’inflazione scopriamo che nel 2024 in termini di effettiva capacità di spesa il nostro Servizio sanitario nazionale farà un passo indietro rispetto al 2021 del 6,2%. E guarda, il Def dice questo.

Eppure continuiamo a ripetere che offriamo alcune delle migliori cure in Europa. Ma è così?

«Purtroppo no, perché facciamo sempre più fatica a garantire adeguati standard di assistenza, come dimostra il fatto che in 12 regioni su 21 non è garantita nemmeno la totalità, ma nemmeno la minima sufficienza dei livelli essenziali di assistenza ».

Cosa accadrà allora con nuove terapie sempre più mirate e personalizzate ma anche più costose?

«Già oggi esistono disuguaglianze territoriali inaccettabili a questo riguardo. I farmaci innovativi, una volta autorizzati dall’Aifa in una regione, vengono subito inseriti nel prontuario regionale, in altre, per risparmiare, magari si aspetta un anno. Ciò avviene soprattutto per farmaci importanti, come quelli oncologici. Poi ci sorprende che sia in aumento l’esodo dei pazienti dalle regioni in difficoltà verso quelle con una sanità più efficiente. E mi chiedo come si possa parlare di autonomia differenziata in queste condizioni”.

Secondo l’Istat le liste d’attesa hanno spinto oltre 4 milioni di italiani a rinunciare alle cure. Come si combatte questa piaga?

«Non con gli interventi spot proposti finora dal Governo. Dobbiamo rafforzare l’offerta pubblica, anche se non siamo contrari all’integrazione con il settore privato. Ma non puoi investire tutto in questo e poi non assumere. Serve una riforma complessiva del sistema, che superi le attuali barriere tra assistenza ospedaliera e territoriale, anacronistiche in una situazione che vede un aumento dei pazienti anziani con policronicità. Purtroppo il Pnrr non va in questa direzione perché non c’è collegamento tra le nuove case comunitarie e gli ospedali”.

Lei denuncia il taglio dei posti letto negli ospedali, ma nella stessa struttura ci sono reparti che non sanno dove mettere i pazienti e altri dove 3 letti su 4 restano vuoti…

«Questo è vero e bisogna razionalizzare unendo dove è necessario farlo. Perché ci sono, ad esempio, interventi chirurgici che eseguono solo 10 interventi di cancro allo stomaco o 30 interventi di cancro al colon e con questi numeri è in pericolo anche la vita del paziente. Ma i numeri dicono che non ci sono posti letto. Ne abbiamo 314 ogni 100mila abitanti contro gli 800 della Francia, i 590 della Francia, i 700 dell’Ungheria e della Romania. E se in reparto mancano i posti letto, i pazienti che necessitano di ricovero trascorrono giornate al pronto soccorso, rischiando così di peggiorare le loro condizioni, come hanno già dimostrato molti studi. L’aver tagliato posti letto e reparti ha favorito anche una grande fuga di medici”.

COME?

«Limitare le loro possibilità di fare carriera perché anche le primarie sono state conseguentemente ridotte. Se a ciò aggiungiamo le condizioni di lavoro estenuanti e i bassi salari, l’esodo si spiega. Cosa che fermiamo pagando meglio i nostri operatori sanitari e migliorando le loro condizioni di lavoro. Difficile, ma non ci sono altre ricette”.

Tag: oncologo Francesco Cognetti Minimo cure garantite Regioni medici corsa

 
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