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DiStefano Landi

Pubblichiamo l’articolo uscito sul nostro quotidiano il 18 aprile 2019 per il cinquantesimo anniversario del suo atelier in Largo Quinto Alpini. «Ho seguito Valentino a New York, mi ha insegnato il significato della bellezza»

Chi è Pupi Solari?
«Un giorno Gianni Agnelli mi disse che ero un bravo stilista. Mio marito rispose che ero semplicemente un ottimo negoziante. È stato il miglior complimento possibile”.

Riflette l’immagine anti-diva che si è cucita addosso: una corazza da quando si è separata dal marito all’età di 40 anni e ha deciso di ballare da sola…
«Mio marito Giorgio Host-Ivessich, giovane architetto allievo di Gio Ponti, mi diceva: “La libertà ha un prezzo, adesso devi arrangiarti”».

E si accontentò di aprire una boutique nel 1969, quando la rivoluzione si stava preparando ovunque…
«Volevo riprendermi la mia vita. Per fare questo dovevo correre come un matto per tirare il carretto. Piangevo 12 ore al giorno: ricordo solo che ero in negozio”.

Quale ritieni essere una delle sue qualità?
«Essere stata una brava persona. Credo che l’istruzione sia la base di tutto”.

Vestì la borghesia milanese. Esiste ancora?
«Vestisco più i nipoti delle nonne che i figli delle mamme. Forse alle nuove generazioni manca qualcosa in termini di gusto”.

Ha avuto mariti importanti…
«Ma non sono mai stato mondano. Andavamo alle feste fuori servizio. Abbiamo preferito scappare sul monte di Portofino, circondati da amici, a casa. Sono socievole, ma non mondano. Andavo alle sfilate solo perché costretto dal lavoro. Ho frequentato Valentino, l’ho seguito a New York: mi ha insegnato molto sul significato della bellezza. Il bambino non sfila e ora non ci vado più. Sono sempre stato lontano dal Quadrilatero”.

Un anno fa ha venduto le sue linee donna e uomo allo storico fornitore scozzese di cashmere…
«Perché volevo finire come avevo iniziato e perché a una certa età bisogna avere l’umiltà di non voler fare tutto. Mio figlio non è soggetto alle tendenze. Ho iniziato perché ho vestito i miei due abbastanza bene.

Una cosa che non ti piace dei bambini di oggi?
«I nomi: ma è colpa dei genitori. Oceano, Lupo… Non è giusto nei loro confronti. Devono avere nomi classici. Se vogliono dei soprannomi, glieli danno. E devono anche vestirsi come bambini, non imitare gli adulti”.

C’è un luogo della città che amavi?
«Il bar Giamaica. E poi casa mia, in corso Magenta. Le finestre si affacciano sulla Vigna di Leonardo da Vinci.”

Ti piace Milano oggi?
«No, corriamo troppo. Non esiste la banalità, che è una cosa fondamentale nella vita. Le persone hanno paura di essere banali. Quindi sembrano tutti sovraeccitati. E poi non mi piacciono i grattacieli. Da piccola volevo fare la portinaia perché mi piace stare al piano terra”.

Raccontava che quando arrivò a Milano da Genova negli anni ’60 le sembrò New York…
«A Milano sei tu che conti. Ho iniziato quando ero una donna sola e sconosciuta. È una città che ti permette di lavorare. A Genova ho appena chiuso il negozio perché è una città snob dove le donne preferiscono non lavorare. Ma mi manca il mare”.

La tua giornata tipo?
«Il solito: vengo ancora in ufficio tutti i giorni alle 8.30. Mangio nel negozio. Alle sei torno a casa, spesso a piedi. Mi piace lavorare. La verità è che alla mia età non esiste alternativa al lavoro. Man mano che invecchi, ci sono meno motivi per cui non vorresti lavorare. E poi non potrei vivere con la pensione statale di 450 euro”.

Hai un modello femminile?
«Ammiro le donne imprenditrici, perché non mi sono mai sentita tale. Non quelli che mostrano una mascolinità esagerata. Una donna deve essere intelligente, ironica, non convenzionale. Mi sembra di essere molto duro, ma alla fine sono un fannullone.

Come sarà Pupi Solari tra 50 anni?
«Quando morirò non lascerò la bottega a nessuno. Ho due nipotine carine, una ha 26 anni, l’altra 30. Vivono a Milano, ci adorerebbero. Ma mancano di modestia. Se perdi di vista la realtà non puoi fare questo lavoro. A volte uccideresti i clienti, ma avrò litigato due volte in 50 anni.

Finirà un’era…
«Rimarrà un’icona. Ma ho paura di morire, quando parlo così mi viene la nausea”.


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24 aprile 2024 (modificato il 24 aprile 2024 | 18:31)

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