Infermieri provenienti dall’India – .

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Infermieri provenienti dall’India – .

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Anche nel mondo della sanità bolognese, fiore all’occhiello a livello nazionale, non tutto va per il meglio. Mancano, infatti, medici, infermieri, tecnici della diagnostica e tutto il personale che si occupa di riabilitazione. A lanciare l’allarme, come riporta il Resto del Carlino, Anselmo Campagnadirettore generale del Rizzoli e coordinatore tecnico della Commissione Sanitaria Nazionale e Stefano Durantedirettore sanitario del Sant’Orsola, durante la seduta del 1° luglio della Commissione Sanità del Comune.

Tanto che “il Ministero sta trattando per far arrivare infermieri dall’India”, sottolineano i due responsabili sanitari. E potrebbero iniziare a lavorare entro fine anno.

Rizzoli è a corto di personale

Le cause di queste carenze sono molteplici, ma sono soprattutto “il risultato di una programmazione poco calibrata del numero di medici e infermieri che si laureano ogni anno”, afferma Campagna, per il quale “non siamo all’ultimo minuto per quanto riguarda gli infermieri, anzi. A livello nazionale stiamo cercando, tramite un accordo, di creare percorsi per far arrivare qui infermieri anche dall’India”.

L’Ortopedia è una delle branche più sofferenti, nonostante ciò il Rizzoli riesce a garantire prestazioni degne del suo prestigio e della sua storia. Per altre strutture, magari più piccole, la situazione è più complessa.

A Sant’Orsola ‘campagna acquisti’ per reclutare personale

Stessi problemi che si riflettono anche al Sant’Orsola, che da settembre recluterà infermieri, tecnici, riabilitatori e fisioterapisti. E lo farà puntando sulle opportunità di carriera offerte dalla struttura, che è un ente di ricerca nazionale. Quanto agli infermieri provenienti dall’India, Durante sottolinea che, una volta superati i problemi linguistici, potrebbero essere inseriti nei reparti.

La reazione di Nursind

“Questo non è il modo giusto di affrontare la questione”, commenta. Antonella Rodigliano, segretario regionale del Nursind – dobbiamo invece puntare ad attrarre i nostri professionisti, che invece fuggono dal pubblico, garantendo loro incentivi, prospettive di sviluppo e politiche di welfare che possano migliorare le condizioni di lavoro nelle nostre aziende. Da tempo denunciamo una gestione aziendale difficile, che non consente agli infermieri di conciliare al meglio i tempi di vita e di lavoro – prosegue – e possiamo comprendere le posizioni espresse dalle due aziende in questione se fino ad ora si fossero intraprese iniziative in questa direzione, ma così non è stato. Le nostre lamentele sono sempre rimaste inascoltate e così, nel tempo, il problema non ha fatto che peggiorare”.

Non solo. Secondo quanto riportato dalla stampa, lo stesso assessore regionale alla Sanità, Raffaele Donini, con cui è in corso un dialogo definito “proficuo” dal sindacato in proposito, ha recentemente ammesso che la carenza di personale è dovuta anche a una questione economica e retributiva. “Sappiamo che la coperta è corta”, afferma Rodigliano, “e proprio per questo riteniamo necessario impiegare le risorse disponibili per rendere più appetibile la professione piuttosto che ricorrere a infermieri provenienti da altri Paesi. Bisogna prestare più attenzione al personale sul campo quotidianamente, anziché istituire nuove figure di vertice e dirigenziali. Non è il momento per iniziative di questo tipo. La priorità oggi è un’altra”, prosegue il segretario del Nursind. “Se non ci sono abbastanza infermieri ora, ci troveremo presto di fronte a una crisi che rischia di essere irreversibile”.

“Il sistema sanitario dell’Emilia-Romagna è oggettivamente di qualità superiore a tante altre regioni, eppure, come ha ammesso lo stesso Donini – afferma Rodigliano – molti cittadini continuano ad avere difficoltà con le prenotazioni di visite ed esami, nonostante le strategie messe in atto dalla Regione per ridurre i tempi di attesa, mentre i Cau vorrebbero alleggerire il carico dei pronto soccorso, ma con il rischio di vanificare questi primi risultati che si stanno ottenendo per mancanza di personale e costi che rischiano di diventare eccessivi rispetto ai benefici che se ne possono trarre. Il timore è che si creino contenitori senza la risorsa più importante, ovvero i professionisti. E lo stesso vale per le case di cura e di comunità. Da parte nostra restiamo disponibili al dialogo e al confronto – conclude Rodigliano – perché è nell’interesse di tutti continuare a garantire ai cittadini un servizio di eccellenza, che però passa necessariamente attraverso una qualità del lavoro dei professionisti che non deve essere indebolita o addirittura messa in difficoltà da condizioni economiche inadeguate”.

 
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