Campione peccatore anche con i piccoli gesti – .

Campione peccatore anche con i piccoli gesti – .
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La forza di Jannik non si misura solo dai suoi (straordinari) risultati: c’è un lato altrettanto importante che dà l’esatta dimensione dell’uomo. I recenti episodi del salvataggio di uno spettatore vittima del caldo o i colpi scambiati con una leggenda del tennis in carrozzina come Hewett lo certificano più di ogni parola

Dopo aver lasciato la miseria di sei partite al ceco Machac per guadagnarsi un’altra semifinale, la settima della sua carriera in un 1000, Jannik ha stretto il pugno destro e ha lanciato uno sguardo intenso al cielo. Poi, giunto a rete per salutare il suo avversario, ha finalmente allargato il sorriso, tornando, in un attimo, al ragazzo che è. Perché il numero 3 del mondo, il talento che da mesi domina la scena, ha appena 22 anni. Forse anche per questo spacca il video, attira i brand più importanti e abbatte come birilli i record del tennis italiano. Ma resta un teenager che sfugge a più di un cliché e colpisce per la sua semplicità, senza tatuaggi, piercing o pose da rapper. Ma c’è di più. Jannik sembra vivere la propria ascesa da un’altra prospettiva. Non il suo, ma quello di un osservatore esterno. Con i suoi gesti trasmette una situazione di estremo controllo in uno sport dove l’emotività dei Kyrgios, dei Bublik, dei Medvedev e dei Rublev a volte rappresenta parte dello spettacolo. Scrutare i suoi pensieri è da chiromante: pensate a quanto successo a Malaga a fine novembre, ai tre match point annullati nella semifinale di Coppa Davis annullati da Novak Djokovic (0-40 nella partita e 4-5 nel terzo e decisivo set). Sinner e il suo linguaggio del corpo, molto lontano dal concetto di esaltazione, hanno normalizzato una delle più grandi imprese sportive degli ultimi anni. Siamo noi che, ritornando a quel meraviglioso pomeriggio, abbiamo gioito come abbiamo fatto dopo la finale dei 100 metri di Marcell Jacobs alle Olimpiadi di Tokyo, consapevoli che avremmo ricordato quel momento per sempre. Forse è per questo che Sinner ci piace tanto, perché è genuino nella sua straordinarietà, sicuramente diverso dai fari che illuminano il mare dello sport dei nostri tempi. Dal 2019, anno delle Next Gen Finals di Milano, primo atto predestinato, non si è avuto ricordo di un comportamento inappropriato, di un’esultanza non in linea con la correttezza politica o di un gesto controverso in campo. Sembra un aspetto banale ma nello “sport del diavolo” e nello stress mentale non lo è. L’altoatesino è una giovane quercia protetta dalla serenità del suo cerchio magico e le ultime settimane ci hanno offerto almeno quattro episodi capaci di far emergere il suo lato intimo. A Indian Wells, all’inizio di marzo, lo abbiamo visto giocare spensierato con Rafa Junior, figlio di Nadal. Poi, nella pausa forzata della semifinale con Carlos Alcaraz, le telecamere si sono soffermate su di lui mentre proteggeva Caroline, una raccattapalle, dalla pioggia con un ombrello. A Miami lo abbiamo visto scambiare qualche colpo con Alfie Hewett, leggenda del tennis in carrozzina, vincitore di 8 singoli slam. “Volevo capire la difficoltà e la fatica che hanno questi atleti nel colpire la palla da seduti”, ha commentato Sinner. E quando uno spettatore si è sentito svenire per un colpo di calore durante la partita contro O’Connell di martedì, lì era intento a recuperare del ghiaccio da passare allo staff medico in tribuna nel tentativo di abbreviare i tempi dei primi soccorsi. Piccoli gesti ma di grande impatto sui tifosi e forse anche su chi inizialmente non tifava per Jannik. Sfumature rispetto al centro della tela, occupato dalle qualità tecniche dell’allievo di Vagnozzi e Cahill, che in Florida un anno fa perse la finale contro Daniil Medvedev e che ora viaggia veloce, ma senza ansia, alla ricerca di un altro titolo. Sarebbe il tredicesimo del suo viaggio. Guardando sempre in alto.

 
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